Non lo so, se se ne accorge. Ma mi sono resa conto che io tendo a farlo di nascosto, per non ferire i suoi nobili sentimenti canini.
martedì 13 giugno 2023
Prendo atto
venerdì 9 giugno 2023
Una storia americana
Francesco Costa, che ormai è parte integrante delle mie giornate con il suo podcast Morning, rassegna stampa acuta e intelligente che tiene sveglio il pensiero critico, in questo libro parla delle storie di Joe Biden e Kamala Harris, poco dopo l'elezione di entrambi alla guida degli USA. Ne descrive le carriere, le cadute, le difficoltà, insomma, il percorso che ha portato entrambi, per lo meno, a liberare il mondo dal folle Trumpismo.
Kamala Harris, intanto, era figlia del busing, a Oakland, dove ogni mattina percorreva chilometri per raggiungere una scuola "bianca" altrimenti negata ai residenti del suo quartiere.
domenica 4 giugno 2023
C'eravamo quasi
Ma quel giorno è accaduto qualcosa di strano, proprio il giorno in cui anche il mio enorme divano, dilaniato da unghie di gatto, giaceva sulla strada. L'amica D, che, pur abitando in altro comune, indulge talora in passeggiate lungo il suddetto paesello fino alla campagna, suonò il mio campanello. "Ma cosa succede? il tuo paese ha deciso di ricostituire gli antichi rapporti di vicinanza, quando gli anziani si sedevano a cercare chiacchiere e frescura fuori dall'uscio, creando un condominio di allegri scambi e comuni lavori di cucito? E anche tu fai parte di questo rivoluzionario movimento?"
La ditta, per motivi mai chiariti, non era passata, quella mattina, e il paese aveva cambiato fisionomia, come se le case si fossero rivoltate all'esterno, sputando scorci di intimità, pezzi di salotto, centrini, materassi, in un'incontenibile voglia di socialità.
Fossimo stati in un libro di Rodari, questo sarebbe stato sufficiente agli abitanti per lanciarsi in pastasciutte sociali, partite a briscola su tavolini zoppi e visioni collettive di programmi da televisori fulminati, alla Lascia o raddoppia. E non avremmo più potuto smettere, impedendo alla ditta di portar via e cambiando completamente la fisionomia del paese, per scoprirci a vicenda.
Invece no. Le macchine hanno pazientemente zigzagato tra i vicoli, i proprietari degli oggetti hanno sospirato sperando in un rapido sgombro per i loro cancelli ostacolati, imbarazzati dalla pubblica visone di quei mobili vecchi e malmessi e un'eco di allegra perplessità è rimasta solo a chi, come la mia amica, ci si era trovato per caso.
Un'altra occasione persa, perbacco.
giovedì 1 giugno 2023
Il conte Attilio
Inizio con un'ammissione: ho molto amato i Promessi sposi. Certo, come tutti, non negli anni in cui ti costringono a studiarlo come fossero formule chimiche "sottolinea tutti in casi in cui don Abbondio si serve di complementi predicativi dell'oggetto, pur inconsciamente"; "in quale capitolo l'autore utilizza l'analessi?"; "confronta l'addio ai monti di Lucia con l'addio di Renzo al Ducato, fai un collegamento con l'addio di 'Ntoni del Verga e poi ipotizza un tuo personale addio a Cavalicco". Un addio a tutti i Santi, ti si formula nel cavo orale, e non trovi il tempo, e la forza, di amare niente.
Tutto questo per spiegare qualcosa che ora non saprò spiegare: perché diavolo mi sono messa a leggere un prequel attuale dei Promessi sposi? Non è che per ribadire il mio assoluto amore per Cent'anni di solitudine ( e daje coi link autoreferenziali) ora sentirò il bisogno di leggere "Verso Macondo. L'epopea degli Aureliani prima dei Jose Arcadi"? Però avevo bisogno di consolazione, in un periodo piuttosto nervoso e impegnato. E quindi ho pensato che cappa, spada, nobile irrazionale orgoglio e città fetide fossero l'ideale.
mercoledì 24 maggio 2023
La canzone di Achille
In questi mesi sento come un bisogno di Achei. Qualche tempo fa ho letto l'Odissea, proprio durante un viaggio a Ischia, imbattendomi nello scoglio che si dice rappresenti la nave dei Feaci, pietrificata da Poseidone, offeso perché avevano aiutato Ulisse a tornare a casa. Avere il libro in mano e la roccia davanti, per quanto, ne sono consapevole, sia solo uno scoglio, ha il suo impatto emotivo.
E ora ho letto La canzone di Achille, che ripercorre l'Iliade (utilizzando come fonti anche l'Odissea e poi Virgilio, Ovidio Sofocle, Euripide, Eschilo, tra gli altri) per raccontare, dalla parte di Patroclo, la propria vita e quella del Pelide fino alla morte sotto le mura di Troia. Queste operazioni non sono universalmente condivise: i puristi odiano le commistioni tra capolavori storici e interventi attuali, considerandoli forzature al pari dell'antropomorfizzazione delle bestie nei documentari ammiccanti; una recensione del New York Times al tempo dell'uscita concludeva che questo libro avesse la testa di un romanzo per giovani adulti, il corpo dell'Iliade e i quarti posteriori di un Harmony. Io invece, se ben fatti, questi interventi li apprezzo, anche perché aiutano a sentire come tremendamente umane, e terribilmente personali, vicende che, studiate a scuola in malo modo, risultano addirittura prive di spessore, mentre ne sono colme. E soprattutto invogliano a riprendere l'originale con ben altra consapevolezza.
L’ha scritto Madeline Miller, scrittrice e docente statunitense, impiegandoci molti anni, dopo essere stata folgorata dalla descrizione di Omero del dolore e della rabbia di Achille per la perdita del compagno, che per il resto, nell'ambito dell'opera, rimane un personaggio secondario. Cercando di elaborare una sorta di tessuto connettivo tra le ossa imbastite da Omero, narra l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza dei due protagonisti fino al tragico epilogo.
Fossero o meno amanti, Omero non lo dice chiaramente. Lo accennano altre fonti (Eschilo, Platone), ma a un certo punto, sticazzi. L'importante è la connessione intima tra i due uomini, la comprensione profonda, i diversi ruoli a cui sono destinati, il protagonismo, il bisogno di immortalità che vanifica l'anelito alla purezza; l'orgoglio cieco e la generosità; il mondo che trascina verso un destino che forse avrebbe potuto essere messo in discussione a favore della felicità, ma appare come ineluttabile. Il dolore, immenso, della perdita, pur attesa come inevitabile. Insomma, la modernità di quegli uomini o la nostra vecchiezza; il fatto che restiamo sempre quelli, immobili nelle nostre meschinità e nei nostri slanci. Lontani tra noi, nel tempo o nello spazio, resta tutto uguale, anche quello che ci fa ridere e piangere.
giovedì 18 maggio 2023
Homo deus. Breve storia del futuro
Si apre con questa considerazione: per la prima volta, nella storia dell'umanità, si è riusciti a tenere sotto controllo carestie, pestilenze e guerre (sempre in termini ampi, diciamo, per cui è più facile oggi morire di troppi hamburger che trafitti da lance) e l'uomo, ora, mira ad elevarsi al rango di divinità, attraverso la ricerca della felicità eterna e dell'immortalità. In questo modo, però, attraverso robotica, intelligenza artificiale e ingegneria genetica, l'essere umano rischia di rendere superfluo se stesso.
Capirete che, non riuscirò mai a descrivere e motivare una tesi così corposa; sarò costretta a sorvolare su tantissime considerazioni che ho trovato davvero interessanti e lucide, e probabilmente non riuscirò a creare un flusso di informazioni perfettamente incastrate l'una nell'altra e consequenziali; ma se si dovessi illustrare 560 pagine in un post di 200, credo che a tutti converrebbe rivolgersi direttamente al libro. Cosa che comunque consiglio caldamente.
La rivoluzione agricola ha messo a tacere gli animali e le piante, subordinandoli completamente all'uomo e al suo personale dialogo con gli dei. La rivoluzione scientifica ha tolto di mezzo anche gli dei, creando una sorta di one-man show sulla terra, un monologo senza patti con nessun altra creatura e senza alcun obbligo. Per mantenere se stesso al centro, l'uomo ha sempre creato quella che viene definita una rete di significato, che si ottiene quando molti individui intrecciano insieme una ragnatela di storie (ad esempio il valore della carta che compone il denaro, il digiuno religioso, l'andare a votare, i segnali stradali). Una rete che ha valore unicamente perché la mia famiglia, i miei vicini e magari anche quelli lontani, pensano come me che abbia un senso. Nella storia, questa rete di significato si disfa di continuo e un'altra ne viene tessuta. Ciò che è più importante in un momento storico può essere totalmente irrilevante per i discendenti di quegli uomini.
Attualmente gli abitanti della Terra vivono in modo vorticoso una realtà che sono diventati incapaci di interpretare. Non si riesce a tirare il freno di questo viaggio verso l'ignoto, perché da una parte nessuno, al momento, può essere esperto di tutti i campi del sapere attuale, nessuno può recepire tutte le scoperte scientifiche, o prevedere l'assetto dell'economia globale tra qualche anno. Per questo la politica, nel XXI secolo, risulta priva di grandi visioni, si limita ad amministrare, non a guidare, non potendo elaborare in modo sufficientemente rapido ed efficiente questa montagna di dati che ci circonda. Capire il significato di un mondo in cui millenari pregiudizi sono stati spazzati via e le nuove strutture diventano antiquate prima ancora che possano cristallizzarsi è oltre le nostre umane possibilità. Abitiamo un mondo caotico in cui però la tensione costante, individuale e collettiva, è quella di evitare che nessuno si ritiri dalla competizione. Il postulato è quello che la crescita sia l'unica fonte di successo, e la stagnazione l'inferno. Nessuna istituzione combatte più per moderare i desideri e l'avidità individuali e mantenerli in una specie di equilibrio, come si viveva un tempo, in cui si considerava di stare dentro a una torta di dimensioni fisse. E anche se potessimo tirare il freno, di questo viaggio vorticoso, il nostro sistema economico collasserebbe, perché necessita di crescita costante per sopravvivere. Un'economia che si regge sulla crescita infinita ha bisogno di progetti infiniti.
Nel mondo scientifico, in particolare nelle sue due discipline madri, l'informatica e la biologia, si è sviluppato il datismo. Sostiene che l'universo consiste di flussi di dati e che il valore di ciascun fenomeno o entità è determinato dal suo contributo all'elaborazione dei dati. I dati, che finora erano il primo passo nella catena dell'attività intellettuale (da questi si distillavano le informazioni, da queste la conoscenza e da quest'ultima la saggezza), ora sono l'inizio, e l'elaborazione di questi è il fine ultimo. La storia della specie umana può essere interpretata come un unico sistema di elaborazione di dati verso il miglioramento dell'efficienza, attraverso l'aumento dei processori (da minime comunità al web) e delle loro connessioni (rete commerciale), attraverso l'aumento della libertà di movimento, sviluppati in diverse epoche. La biologia, ad esempio, ha scoperchiato il mondo del libero arbitrio, come un'altra mera credenza. Se gli uomini fossero liberi, come potrebbero essere forgiati dalla selezione naturale? E se siamo fatti di algoritmi, noi, come il resto delle entità sulla Terra, non possiamo scegliere quelli che ci sembrano i nostri desideri più profondi (gli scanner cerebrali moderni possono prevedere i nostri desideri prima che ne siamo consapevoli). Quello che sembra una nostra scelta è una reazione biochimica a catena che solo ex post si visualizza nella mente come un desiderio. Noi sentiamo i nostri desideri, non li scegliamo. L'essere umano, come sempre nella sua storia, si difende attraverso due grandi capacità: quella della auto narrazione e quella della dissonanza cognitiva. Ci concediamo di credere a una cosa quando siamo in un laboratorio e tutt'altra quando siamo in tribunale o in parlamento. Infatti, quando uscì L'origine della specie, non si è smesso di andare a messa, lasciando tranquillamente convivere dottrine contrastanti. Ma in quest'epoca c'è qualcosa di profondamente diverso: questo nostro dualismo, fondamentale per sostenere la nostra auto narrazione, è minacciato dalle tecnologie, non più dalla filosofia di pochi. Tutti i congegni di cui ci stiamo circondando non ammettono il libero arbitrio e per noi sarà un cambiamento mai visto prima. Perché se nei film di fantascienza si dà sempre per scontato che i computer debbano munirsi di coscienza per superare l'intelligenza umana, nella realtà possono assolutamente prescinderne e creare un percorso diverso e più veloce verso una super intelligenza che possa fare a meno di noi, o per lo meno di quelli di noi che, per scarso accesso alle conoscenze e per censo, non riescano a diventare "uomini potenziati" in grado di gestire un mondo completamente nuovo.
- la scienza converge verso un dogma omnicomprensivo che sostiene che gli organismi sono algoritmi e la vita è un processo di elaborazione di dati.
- L'intelligenza si sta affrancando dalla consapevolezza.
- Algoritmi non coscienti, ma estremamente intelligenti, potranno a breve conoscerci meglio di come conosciamo noi stessi.
giovedì 11 maggio 2023
Punti fermi
Un uomo e una donna al tavolo di un bar.