Nelle rare mattine in cui, per svariati motivi, ho il
privilegio di rimanere a casa, mi capita di sfogliare la televisione come una
rivista dal parrucchiere - tra l’altro avere i capelli in ordine è l’unico
metodo che conosco per acquisire una sufficiente conoscenza dei vips che
attualmente infestano l’establishment dello spettacolo, e se vedeste la mia
criniera intuireste che sono molto indietro con lo studio.
Questo uso saltuario del tubo catodico ad ore sconvenienti
mi porta a conoscenza di mondi paralleli dai risvolti contemporaneamente
inquietanti e affascinanti, come ogni risvolto dovrebbe essere, compreso quello
della giacca.
L’altro giorno sono incappata in una trasmissione allucinante,
in cui delle persone, negli Stati Uniti, convivono con particolari ossessioni:
chi mangia spadine di plastica per tenere fermi i tramezzini dall’età di undici
anni, sfoggiando un fegato ben oltre le dimensioni dell’intero corpo, chi si
ciba di rotoli di carta igienica, attendendo con pazienza l’inevitabile fatale
blocco intestinale. Chi si ciba delle ceneri del coniuge, angosciato dal
momento in cui le finirà per l’unicità della mercanzia. Ma c’è anche chi dorme
da quindici anni con accanto un phon acceso. E chi si fa quotidianamente il
bagno in 4 litri
di candeggina. Ora, se lasciate a se stesse le persone sono capaci delle più
enormi puttanate che possano essere concepite al mondo, in particolare nel caso
in cui non abbiano problemi da risolvere tipo la fame: questo è un dato di
fatto. Ma che nella trasmissione nessuno (il commentatore, i medici e gli
psichiatri intervistati, i familiari stremati) abbia mai fatto cenno al consumo
energetico di un phon che rimane acceso inutilmente per otto ore a notte, o all’inquinamento
che causano 4 litri
al giorno di inutile candeggina, moltiplicati per un enorme numero di coglioni,
è la cosa che più mi ha fatta imbestialire, da fanatica della differenziata che
mette nell’umido una zanzara appena schiacciata tra le mani. E mi ha fatto riflettere sui passi che tante
persone in tutto il mondo, prede infantili di un sogno americano rimasto
identico dagli anni 50, come se da adulti restassimo tutti cristallizzati nel desiderare
bambolotti e macchinette, devono ancora compiere per una sensibilizzazione che
sia appena sufficiente alla sopravvivenza della specie. Mi ha fatto chiedere
infine se ne valga la pena, di far sopravvivere la specie.
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