I vecchi detti hanno sempre un senso, anche se a volte dubiterei, per esempio, dell'ìdea diffusa tra gli anziani che il bianco dell'arancia sia estremamente pesante per la digestione, o fregnacce simili.
Il detto a cui mi riferisco ora è: troppo spesso la gente scrive senza leggere.
Ne ho provato sulle spalle la fondatezza. Ho iniziato questo blog proprio mentre incominciavo a vivere la più grande crisi di lettura che abbia mai avuto dai 13 anni. Scrivevo, e non leggevo più, complice, come scrissi, l'abbonamento a una rivista misteriosa, e poi la stanchezza mammaria, e poi tutte quelle altre boiate che citano coloro che deliberatamente scelgono di non leggere. Per me rappresentava una discreta sofferenza. Sono piuttosto volubile nelle passioni, riguardo ai passatempi: solo la lettura mi aveva accompagnata senza sosta, e francamente, silenziosamente, incominciavo a preoccuparmi.
Ebbene: estremi rimedi. Sono ricorsa a chi sapevo non avrebbe fallito. Non ha mai fallito: Isabel Allende.
Sono consapevole che l'intero corpus della Allende non è tutto degno di nota allo stesso modo. Ma la vivo un po' come Woody Allen nel cinema: pensando solo ai suoi film, esiste il capolavoro ed esiste la vaccata pazzesca. Ma il peggior Allen è meglio del miglior chiunque. Credo che l'intelligenza e la professionalità a volte possano non sostituire, ma rimpiazzare in qualche modo l'idea geniale.
Ecco: la Allende racconta sempre qualcosa che mi commuove e soprattutto mi coinvolge, ed era quello, di cui avevo più bisogno, anche se ero perfettamente consapevole di non trovarmi certo davanti alla Casa degli Spiriti, con l'Isola sotto il mare.
Dopo la Allende, Wilkie Collins era una scelta obbligata: l'ottocento mi ha sempre tratta in salvo da me stessa. Le storie deliziosamente piane, esclusivamente narrative, prive dei contorcimenti novecenteschi (e che alla fine corrispondono alle storie del Novecento sudamericano), mi fanno respirare a pieni polmoni.
di nuovo i personaggi mi fanno compagnia, di nuovo attendo trepidante di correre a leggere a letto, la sera.
Insomma, credo di essere sulla via della guarigione. E tutto questo è accaduto contemporaneamente all'abbandono del blog. Le vacanze di Natale, ridotte possibilità di accesso a internet... poi il senso di colpa cresce, niente di divertente da raccontare nei giorni piatti di lavoro, più lavoro, e insomma tutte quelle fregnacce che inventa chi non scrive più.
Appunto: chi scrive non legge, e chi legge non scrive...
6 commenti:
Stando a questa analisi la stragrande maggioranza degli individui appartenenti al genere umano dovrebbe essere fatta da grandi romanzieri.
E stando a questa analisi la stragrande maggioranza degli appartenenti al genere blogger incallito (Blogger impavidus Mat.) dovrebbe essere fatta da analfabeti...
Falsità, quasi assoluta, la prima.
Verità, quasi assoluta, la seconda (e qui potrei fare un inciso che saprebbe molto di lecchinaggio, quindi non lo faccio; lascio intendere quello che penso riguardo la nostra blogger preferita).
per me leggere e scrivere è la stessa cosa. Il problema è scegliere tra le due. è facile trovare la soluzione dato che leggere è sempre gratificante e scrivere comporta immaginare che qualcuno possa avere poi la pazienza di leggere... qui viene a galla l'autostima e cose di questo tipo..... in poche parole, non è facile trovare un interlocutore, uno che davvero tu senta possa gradire le cose che scrivi... come sempre dico ma credo non sia sbagliato e anche se prolisso non importa, credo che sia tutto piuttosto complicato e difficile, insomma concludo spesso dicendo che ...è una storia lunga, quando sopratutto non ho il tempo o la voglia o la capacità di affrontare il problema e sviscerarlo come si dovrebbe....
In effetti non ho precisato che il vecchio detto veniva citato da mio padre, tra l'altro mentre leggeva sospirando i tentativi poetici di mia nonna - aveva un rapporto molto hyddisch con la madre, lui- quando voleva dire che molti farebbero meglio a leggere invece di scrivere. I grandi romanzieri sono tutti anche grandi lettori, dunque riescono a forzare il detto, e qui sta la differenza...
Magari leggere fosse per tutti così gratificante, se lo fosse tutti leggerebbero. E invece troppi nemmeno mettono in discussione di doverlo fare per poter scrivere. Come se si potesse fare i cuochi mangiando dentifrici come gli astronauti. Bah.
A bella io lo sto leggendo en castellano...mi sta piacendo! ma per fare ancora più il figo...ti dico che ho letto anche El juego de l'angel di Zafon y El perseguido (e la storia di Kurt Sonnenfeld, cameramen della FEMA a Groun Zero.. cerca su internet, poi mi fai sapere). Tutto questo per dire che son dovuto emigrare per leggere un pò di più, ma anche per fare il figo...come dicevo pocanzio! Saluti
Non male, l'idea...costringere alcuni nostri scrittori all'emigrazione, e/o emigrare contemporaneamente (in altre mete) per trovar tempi e luoghi di lettura..magnifico...
Io ho smesso di "voler fare quello che fa" (teatro-cinema-scrittura) per fare solamente quello che "fruisce". Il consumatore puro e semplice. Riesco ancora a leggere abbastanza, ma per abbandonarmi seriamente alla lettura di un libro a volte ho bisogno di qualche stimolo in più. Il viaggio è uno di questi. Ritornando alla Allende, per esempio, ho trovato stupendo Inès dell'anima mia. Forse perchè ero appena tornato dal Perù e dal Deserto di Atacama. Mano mano che i conquistadores del libro si avvicinavano alla nuova Santiago mi chiedevo come cacchio avessero fatto a quei tempi ad attraversare quel deserto. Ma a parte quello, veramente i personaggi dell'Allende ti fanno compagnia e te li vedi galoppare fra gli altipiani, dune, laghi salati e los serros di Santiago.
P.S. per quanto riguarda "La isla bajo el mar" avendolo letto il lingua forse mi sono perso qualcosa. Diciamo anche che io in tutte le storie mi pongo sempre le domande più assurde, ma... che fine ha fatto poi la fortuna dei Valmorrain? tu l'hai capito?
Ciao
Ataúlfo von Luck
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