Mettiamola così: non sarò io a sparare sui Promessi
Sposi. Quando, uscita dalle maglie d’acciaio dell’analisi del testo che penetra
nelle orecchie come uno stridore che accompagna la lettura di qualsiasi
cosa negli anni della scuola, ho
afferrato il romanzo di Manzoni senza pregiudizi, ne ho tratto godimento come
per molti dei miei amatissimi romanzi dell’Ottocento europeo a lui
contemporanei, anche se, appunto, si trattava sempre di uno contro innumerevoli.
E dove cavolo erano i Vicerè, a scuola? Una riga su
un’antologia? Affogati coi lupini nel naufragio dei Malavoglia? Perché nessuno
grida al complotto?
O forse è una strategia più sottile: non
sottoponiamolo al giogo del Manzoni, che a fatica si libera da farfugliamenti
sulla struttura logica della digressione e sulle sequenze narrativo-riflessive,
lasciamo che i soli curiosi lo trovino come un fiore appena schiuso tra i tomi
delle biblioteche casalinghe, scoprendo un mondo tra la polvere.
Ebbene: nel mio piccolo mi oppongo: leggetelo, gente!
Nessun commento:
Posta un commento