mercoledì 12 maggio 2010

Il dito del professore


Sola, in un corridoio su cui si affacciano mille uffici, mando decine di fax, per l’assenza del benemerito collega che di questo si occupa da mane a sera.
Regna un silenzio plastico, che molti giudicherebbero innaturale, ma chiunque in questo posto sa che è dovuto alla presenza del Marchese de Sade, il cui incedere tra le stanze riporta ad un ricordo molto vivido nella vita di tutti, ovvero al dito impietoso del professore che scorre il registro per decidere chi sottoporre al supplizio.
Quando il Marchese passa, vorrei coprirmi il capo con un paralume e attaccarmi alla presa, per sembrare con più convinzione qualcosa di inanimato. O potrei appendermi diversi cappotti alle dita, fingendomi appendiabiti fuggito all’inventario.
L’amico fax non condivide a sufficienza questa profonda voglia di anonimato; continua a sbuffare, gracchiare, fiiifittare con i consueti suoni che, sparati alle spalle del Marchese errante, risultano assomigliare penosamente alla famosa pernacchia di De Filippo al Duca Alfonso Maria di Sant’Agata dei Fornari, e se c’è una cosa che il Kapo non sopporta è la mancanza di rispetto via fax.
Se ci sia qualcosa che il kapo sopporti, è cosa ancora da scoprire, ma è un'altra storia.
Ed ecco che accade il peggio: confusa dalla vicinanza al pericolo, muovendo in modo impercettibile le dita sulla tastiera, compongo un numero di telefono invece di quello del fax, e dopo brevi squilli tuona una voce poco disposta al dialogo elettronico, forse per aver già vissuto in giornata simili approcci fischettanti:

Pronto? Pronto? Ma va in mona de to mare!

Ecco: il dito del professore si è fermato.

2 commenti:

La Cavia ha detto...

Cosa dire? Voglia di suicidio a mille..

NEF ha detto...

Nota la scelta delle parole dell'anonimo fax; essa fa comprendere senza errore la provenienza geografica dell'invettiva, proprio dalla tua nuova città (sì, il prefisso telefonico aiuta)