Weekend lungo di tentativi vacanzieri multipli, nella ridicola convinzione che vacanza in famiglia significhi riposo, a cui ci attacchiamo ogni volta, fino a che la realtà non ci risucchia nel suo baratro.
Abbiamo iniziato procurandoci una tenda da campeggio di quelle che si montano da sole, lanciandole nel vuoto, con l’unica precauzione di tenersi stretti ad un albero per evitare che la vivacità delle aste in fibra di vetro non scaraventi l’indaffarato campeggiatore a mo’ di catapulta sul camper dei litigiosi tedeschi vicini di piazzola. Non tralascerò di dire che il guadagno di tempo nel montaggio è più che compensato dalla faticosa opera di convinzione dello smontaggio, quando la tenda, che ha imparato ad apprezzare la vita campestre, deve essere ricondotta a forza in un cilindro di centimetri 80x10 e restarci per evitare incidenti mortali in autostrada.
La dogana ci ha introdotti freddamente in un mare di Murphy, moltiplicando esponenzialmente il consueto problema “ti metti in fila di qua e avanza solo la fila di là”. La situazione stava diventando patologica, quando finalmente ci hanno lasciati andare.
Quindi siamo arrivati nella magnifica Istria, alle cui bellezze stavo da tempo cercando di attrarre i maschi della famiglia, più legati di me alle abitudini e soprattutto alle lunghe spiagge sabbiose. Io, fin da piccola abituata a inerpicarmi sugli scogli come una capra, piena di escoriazioni dalle caviglie ai polsi, ho sempre aspirato a tornare ai cristallini mari dell’infanzia in cui per fare un bagno non devi addentrarti nella melma per una decina di chilometri con l'acqua alle caviglie.
Abbiamo iniziato procurandoci una tenda da campeggio di quelle che si montano da sole, lanciandole nel vuoto, con l’unica precauzione di tenersi stretti ad un albero per evitare che la vivacità delle aste in fibra di vetro non scaraventi l’indaffarato campeggiatore a mo’ di catapulta sul camper dei litigiosi tedeschi vicini di piazzola. Non tralascerò di dire che il guadagno di tempo nel montaggio è più che compensato dalla faticosa opera di convinzione dello smontaggio, quando la tenda, che ha imparato ad apprezzare la vita campestre, deve essere ricondotta a forza in un cilindro di centimetri 80x10 e restarci per evitare incidenti mortali in autostrada.
La dogana ci ha introdotti freddamente in un mare di Murphy, moltiplicando esponenzialmente il consueto problema “ti metti in fila di qua e avanza solo la fila di là”. La situazione stava diventando patologica, quando finalmente ci hanno lasciati andare.
Quindi siamo arrivati nella magnifica Istria, alle cui bellezze stavo da tempo cercando di attrarre i maschi della famiglia, più legati di me alle abitudini e soprattutto alle lunghe spiagge sabbiose. Io, fin da piccola abituata a inerpicarmi sugli scogli come una capra, piena di escoriazioni dalle caviglie ai polsi, ho sempre aspirato a tornare ai cristallini mari dell’infanzia in cui per fare un bagno non devi addentrarti nella melma per una decina di chilometri con l'acqua alle caviglie.
Arrivati al campeggio, scelte alcune piazzole affacciate sulla solitudine di un mare personale, tra le quali ce ne sarebbe stata assegnata una, ci siamo visti accogliere con la stizza di chi ritiene che il black out del sistema di prenotazioni possa dipendere in qualche modo dalla tua dannata presenza. Non era possibile assegnarci alcuna piazzola fino a sblocco della situazione elettronica.
Ora: tenere fermo alla vista del mare un bambino che da ore antelucane è rimasto fermo e paziente in un’auto in coda cercando di capire perché tutti vadano avanti meno lui e la sua famiglia, dicendogli che è necessario rimettersi in fila coi passaporti fino a data da destinarsi è cosa sovraumana, e può portare a condividere con i gestori del campeggio la convinzione di esser causa di ogni sfiga.
Ce ne siamo andati, per liberare dal nostro influsso gli altri ospiti.
Mi ricordavo un ristorantino dai tempi andati, in un posto magnifico attaccato alle mura della città, che prevedeva anche letti e colazione.
Abbiamo accettato per stanchezza una camera che cadeva a pezzi per un prezzo spropositato, dove avremmo dormito in tre in un letto. Almeno Babi ha potuto cambiarsi a razzo e fiondarsi in un mini piscina in cemento riempita dalle onde del mare. Un freddo boia, un bambino che non voleva rinunciare al gioco nonostante un principio di congelamento con tanto di labbra violacee, pioggerellina fine, insomma, tutto spingeva per la fuga, attuata la mattina seguente, con sovrapprezzo di 5 euro per averli apprezzati una notte soltanto.
Abbiamo raggiunto la cugina R e l’amico T. nella casetta al mare dove abbiamo condiviso una giornata di tempo deprimente, dedicandoci a mangiare e a sedare un Babi sempre più nervoso, che continuava ad anelare quanto gli era stato promesso, con in mano la sua paletta.
Sabato siamo di nuovo fuggiti, questa volta per la consueta località balneare di quelle che piacciono ai pargoli, con ombrelloni in fila e sabbia a quintali.
La prima fila dei nostri lettini affacciati sul mare, la piazzola comoda, la tenda munita di vita propria che ci mancava solo che piantasse da sé i picchetti, la felicità di Babi coperto di sabbia fine, il sole che faceva sempre più spesso capolino tra le nuvole, ci hanno riconciliati col mondo, ed è rimasta solo una stanchezza profonda e incurabile, visto che Babi, che non accetta più di dormire il pomeriggio, tende a cadere dal sonno alle sette di sera impedendoci qualsiasi passeggiata digestiva e a svegliarsi alle cinque del mattino pretendendo brioches senza avere compreso nel profondo il concetto di “orario di silenzio totale” del regolamento del campeggio.
Ma la sensazione di tornare nella nostra magnifica casa, per la prima volta dopo il trasloco, è stata impagabile, pur non essendoci, per il resto, Mastercard.
Ora: tenere fermo alla vista del mare un bambino che da ore antelucane è rimasto fermo e paziente in un’auto in coda cercando di capire perché tutti vadano avanti meno lui e la sua famiglia, dicendogli che è necessario rimettersi in fila coi passaporti fino a data da destinarsi è cosa sovraumana, e può portare a condividere con i gestori del campeggio la convinzione di esser causa di ogni sfiga.
Ce ne siamo andati, per liberare dal nostro influsso gli altri ospiti.
Mi ricordavo un ristorantino dai tempi andati, in un posto magnifico attaccato alle mura della città, che prevedeva anche letti e colazione.
Abbiamo accettato per stanchezza una camera che cadeva a pezzi per un prezzo spropositato, dove avremmo dormito in tre in un letto. Almeno Babi ha potuto cambiarsi a razzo e fiondarsi in un mini piscina in cemento riempita dalle onde del mare. Un freddo boia, un bambino che non voleva rinunciare al gioco nonostante un principio di congelamento con tanto di labbra violacee, pioggerellina fine, insomma, tutto spingeva per la fuga, attuata la mattina seguente, con sovrapprezzo di 5 euro per averli apprezzati una notte soltanto.
Abbiamo raggiunto la cugina R e l’amico T. nella casetta al mare dove abbiamo condiviso una giornata di tempo deprimente, dedicandoci a mangiare e a sedare un Babi sempre più nervoso, che continuava ad anelare quanto gli era stato promesso, con in mano la sua paletta.
Sabato siamo di nuovo fuggiti, questa volta per la consueta località balneare di quelle che piacciono ai pargoli, con ombrelloni in fila e sabbia a quintali.
La prima fila dei nostri lettini affacciati sul mare, la piazzola comoda, la tenda munita di vita propria che ci mancava solo che piantasse da sé i picchetti, la felicità di Babi coperto di sabbia fine, il sole che faceva sempre più spesso capolino tra le nuvole, ci hanno riconciliati col mondo, ed è rimasta solo una stanchezza profonda e incurabile, visto che Babi, che non accetta più di dormire il pomeriggio, tende a cadere dal sonno alle sette di sera impedendoci qualsiasi passeggiata digestiva e a svegliarsi alle cinque del mattino pretendendo brioches senza avere compreso nel profondo il concetto di “orario di silenzio totale” del regolamento del campeggio.
Ma la sensazione di tornare nella nostra magnifica casa, per la prima volta dopo il trasloco, è stata impagabile, pur non essendoci, per il resto, Mastercard.
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