giovedì 21 febbraio 2013

Perché?

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Ora devo per forza analizzare una questione curiosa.
Ho un lavoro che non manca mai di demoralizzarmi, per i più vari motivi. Perché ho completamente sbagliato gli studi che ho fatto, e se avessi studiato quest’altra cosa chissà. Perché i miei studi comunque non mi vengono riconosciuti dall’inquadramento contrattuale, quindi tanto valeva andare a lavorare a 19 anni, tra l’altro come hanno fatto quelli che qui mi comandano, e avere qualche anno di contributi in più così da sperare di andare in pensione almeno verso i 76. Perché orrendo vabbé, ma almeno avesse un riconoscimento economico che ci permettesse, chessò, di mangiarci una pizza ogni tanto fuori, e invece niente. Perché questo lavoro mi dà il raro privilegio di essere contemporaneamente affaticata dal troppo fare e annoiata dalla qualità del fare – dico, almeno fosse solo noioso, potrei dedicarmi, chessò, al punto croce – Perché nella vita ho sbagliato tutto e questo lavoro mi sta stretto e non ho avuto il coraggio di capirlo in tempo, e ora è tardi e la crisi, e come lo lascio un lavoro sicuro. Perché ho un kapo che non ha la minima idea di cosa stia succedendo, e, quello che è peggio, fa finta di averne un’idea precisa e agisce di conseguenza con la lucidità di un paziente di Basaglia. Perché i miei colleghi sembrano soffrire solo per le mancanze della dirigenza, per l’atmosfera non amichevole, perché siamo sempre meno, come i soldi nella busta paga, e io soffro di tutto questo ma anche del lavoro in sé.
Ecco, in questa atmosfera complessiva, perché mai l’unica cosa che mi rasserena sia pensare a Charles Bukowski?
Nemmeno mi piace tanto, Charles Bukowski. E, d’altra parte, che faccio, a che pro mi paragono a un famoso scrittore? Poi si distruggeva a bere, e io nutro un’angosciata avversione, sicuramente legata a traumi infantili (avrò rimosso una relazione tempestosa con un eroinomane?), per chi si disfa con qualsiasi additivo.
Ma immaginarlo mentre fa il mediocre impiegato in Post Office, e però poi qualcosa crea, qualcosa lascia..mi rassicura, mi solleva dall’inquietudine del tempo inutile, e breve.

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