L'amica D, l'altra sera, ha provato a raccontarmi l'ultima catena di Sant'Antonio in cui è stata coinvolta, colorendola anche con un inizale accenno di entusiasmo.
Un amico, quando meno te lo aspetti, ti rifila un magma ribollente e lievitante in un bicchierino di plastica, e un foglio di istruzioni che nulla ha da invidiare al libretto di un robot antropomorfo. E tu lo porti amorevolmente a casa, e il lunedì aggiungi un bicchiere di farina, il martedì lo zucchero, il mercoledì ne contieni i bollenti spiriti infilandolo in un tino, e così prosegui lungo tutta la settimana, fino all'inesorabile delinearsi di una
"torta di Padre Pio".
Non devi naturalmente dimenticare di sottrarre all'impasto bicchieri e bicchieri di magma, da rifilare a amici e parenti nei momenti di debolezza.
Ma il dolce è buono?
"Mah, di suo così così, una volta ho dimenticato il lievito del martedì, una volta è venuto come una suola...ecco, se ci agggiungi due tavolette di cioccolato fondente o quattro chili di fragole diventa piacevole..."
Ma è un piacere effettivamente condiviso?
"La gente ti odia. Una collega l'ha lasciato nel cassetto, in ufficio, e il giorno dopo era tracimato fino a occupare l'intera cassettiera. Dicono poi che un'intera famiglia sia stata soffocata nel sonno..."
E qui si esaurisce la mia inchiesta sulla catena di Padre Pio, con un avvertimento: se vedete avvicinarsi conoscenti con fare sospetto che nascondono le mani dietro la schiena, correte con quanto fiato avete in corpo.
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