In questo libro Federica Giuliani descrive il suo rapporto con la Turchia. C'erano tutte le premesse perché io potessi amarlo. L'autrice ha iniziato a trascorrere le sue vacanze in Turchia nel 1980, con la famiglia, in modo libero e avventuroso, senza temere detti tipo "mamma li turchi" e senza temere di confrontarsi con la differenza.
Io sono andata per la prima volta in Turchia nel 1984, con un camper e un forte spirito di avventura che ci ha portati in territori inesplorati in senso turistico, e ad una delle esperienze più belle della mia vita, ripetuta poi diverse volte nei decenni successivi per totale fascinazione ed imperitura gratitudine. Lo sguardo suo e mio mi è sembrato simile, simile il tipo di approccio, la mancanza di pregiudizi, l'apertura al fascino del nuovo e dell'inaspettato. Le esperienze, le città toccate ed amate, gli aspetti culturali notati in particolare, la nostalgia.
Allora perché diavolo questo libro non mi piace per nulla? Mi sono chiesta durante la lettura.
Perché c'è un motivo, se io non ho scritto un libro sul mio rapporto con la Turchia. Ed è il seguente: probabilmente ne sarebbe venuto fuori un diariuccio ora infantile ora adolescenziale, magari con incastonata qualche descrizione di quelle che ormai siamo abituati a leggere nelle guide turistiche "furbe" alla lonely planet, o alla routard. Qualcosa di importante per me e per i miei ricordi, di estremamente emotivo, forse appassionato, ma noioso e inutile per chiunque altro al mondo. Perché non credo di possedere (e non senza infinita sofferenza) quel taglio intellettuale o spirituale che faccia di una cosa mia una cosa universale.
Ecco: Mal comune....quel taglio, a mio parere, non lo possiede nemmeno lei.
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