lunedì 22 febbraio 2010

Sondaggio


E un altro sondaggio è andato, così, senza guardarsi indietro, e senza superare gli otto (milioni di ) voti del precedente, forse sacrificando un po' di share a Sanremo.
Ci si chiedeva quale fosse la stagione più adatta alla produzione letteraria.
I risultati:
stravince l'autunno (3), votato anche dalla sottoscritta, segue a ruota l'inverno (2), l'estate (1).
Questa volta il risultato è analizzabile con grande chiarezza:
Per creare bisogna soffrire, come disse il da me citatissimo Troisi (unica persona al mondo a riscuotere la mia nostalgia senza averlo in realtà conosciuto) invidiando Pino Daniele, che per una canzone doveva soffrire al massimo 'na mezz'ora, mentre lui, per fare un film...
La sofferenza è data dalla mancanza di speranza. Situazione che deriva da casi personali, ma che è sommamente aiutata da ciò che la finestra inquadra.
In autunno ci aspetta solo l'inverno, la splendida esplosione dei colori è solo presagio di morte.
In inverno c'è il barlume di speranza della primavera, ma in certi giorni è sepolto senza complimenti da tonnellate di fanghiglia.
L'estate è come il sabato del villaggio. Ridi, ridi, mona, che tra poco...
La primavera semplicemente non ci riesce. Non seppellisce di fango, ma di temporali che rinfrescano. Non ha esplosioni rosse di fiamme, ma verdi di speranza. E parlare di venerdì del villaggio sarebbe troppo anche per una masochista come me che, dopo aver timbrato il cartellino venerdì sera, non può fare a meno di pensare: ecco, un minuto in meno mi separa dal lunedì.
In poche parole, non ha il physique du role.
Morale: era un sondaggio scontato? No, volevo essere sicura che per scrivere sia necessario soffrire, prima di soffrire per niente.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

l'unico voto per l'estate l'ho dato io. avevo trovato qui in effetti la teoria della sofferenza quale forza motrice della scrittura, ma non solo qui. perchè ho votato estate?
Forse perchè a me la voglia di scrivere viene per lo più quando leggo di più. E davanti al mare in estate o sotto il ciliegio del mio giardino io passo interi pomeriggi immerso nella lettura....penso di essere tra i pochi italiani che non hanno scritto libri... in realtà tanti anni fa avevo anche io deciso di farlo ma poi ho lasciato perdere. come spesso dico è un discorso lungo che ora sospendo. mi accontento di tanto in atnto di intrufolarmi in qualche blog e mando un sacco di mail in giro, sopratutto a compagni di partito o amici, prevalentemente politici... ma non parliamo solo di politica...

...

sono molto d'accordo, purtroppo, sul venerdì del villaggio....ora per me è un po' diverso ma anche qui dovrò fare la solita storia lunga. un anticipo?... non mi sono ancora disintossicato e faccio fatica a non venire a trovarvi, altra storia lunga e contorta... in poche parole, non ho ancora imparato a vivere i miei giorni senza accorgermi se è lunedì o venerdi...a proposito lo sai che mezzo mondo è depresso di lunedì'? e poi dicono che la gente lavora volentieri....

infine, sostanzialmente non sono d'accordo che per scrivere sia necessario soffrire. Altro è dire che dalla sofferenza nascono opere molto profonde...

NEF ha detto...

Per scrivere saggi, devo darti ragione, anche se temo che Saviano abbia sofferto molto, e anche Travaglio, con tutte quelle cause pur costantemente vinte...per la narrativa, secondo me soffrire, se non è necessario, facilita.
Sii fiero, come tento di fare io, di non essere tra le migliaia di italiani che scrivono (e spesso non leggono, come dicemmo); in questo modo ci differenziamo, ma nel profondo soffriamo quanto basta a spingerci a scrivere, e il cerchio si chiude.
Interessante, guardare il lunedì dalla tua posizione di alterno esterno. Vedi tanti animali che si chiudono in fila in edifici che odiano. Anch'io...