Ed ecco finito il maestro e margherita.
Devo rassegnarmi: dovrò proprio recarmi in Russia, perchè è mio
dovere stanare il baco dell'immaginazione distorta, e liberarmi da un
pregiudizio più radicato di quanto potessi immaginare.
I miei lettori più affezionati
conosceranno ormai il mio difficile rapporto con la letteratura di
quel paese, si parli dell'epoca zarista o del periodo
post-rivoluzionario.
La grande meraviglia del leggere è
avere una stanza interiore in cui viaggiare per scoprire, e
conoscere, e ritrovare. Senza rendermene conto, io leggo e immagino
un'atmosfera tetra e oscura, in cui il sole non trova mai
collocazione. Se ogni volta che mi immergo nella lettura mi ritrovo
nell'antro di Polifemo, indipendentemente da ciò che la pagina mi
stia raccontando, qualcosa non funziona. In questo romanzo c'è
addirittura il Diavolo, tra i protagonisti, ma non mi sembra per
nulla strano, è quello che mi aspettavo anche in Delitto e castigo o
in Puskin. E non ho preconcetti ideologici, non penso alla Russia
come a Satana, come i democristiani nel '48, è qualcosa che mi
richiama alla mente..cosa? quella scrittura? L'assillante presenza di
patronimici? Interessante esperimento sarebbe farmi leggere un libro
russo nascondendomi nome dell'autore e collocazione, per vedere se è
un pregiudizio così radicato da essere motivo di studio.
Per il resto, ho letto con curiosità,
ma non abbastanza da desiderare di tornarci quando facevo altro. Non
sono proprio adatta a recensire questo genere di libri, chiedo scusa
a chi mai volesse basarsi su di me per decidersi...
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