Una delle grosse magagne della famiglia Magangoli in tema di pedagogia è costituita dal totale fallimento nelle metodologie di addormentamento del pargolo: ancora, alla tenera età di tre anni, avendo fermamente rifiutato il metodo nazista del famigerato Estivill, ci troviamo ad essere abbarbicati a Babi in un metro e sessanta per novanta di lettino Ikea fino a che il respiro concitato di quest’ultimo si trasformi in un regolare sonoro russare, tipico di uno che ha il raffreddore da 31 mesi. Prima di quel momento, nemmeno pensarci, di lasciarlo solo con una favola e un bacino. Questa affettuosa procedura sottrae almeno tre quarti d’ora al nostro già risicato tempo adulto, e contemporaneamente mette alla prova la stanchezza del genitore affranto, che passa il tempo a sospirare per la perduta libertà o a ronfare col figliolo, a seconda della pesantezza della giornata.
Ieri sera, però, ho avuto la prova definitiva del lato positivo di questa vicenda: quando interviene il russìo, si potrebbe tranquillamente spalancare la porta e far entrare il deejay e una quindicina di ospiti senza temere di interrompere il sonno del giusto.
Come al solito mi sono alzata con la delicatezza di una libellula, e sono finita col piede sopra il libretto di Tobì, la ruspa più carina, che, come tutte le ruspe, pigola sonoramente sotto la suola.
Allontanandomi smadonnando come l’ispettore dal braccio rigido Hans Wilhelm Fredrich Kemp in Frankenstein Junior, sono finita col piede contro un treno musicale, che subito è partito petulante: cu cu cu cu sento cantare…A quel punto, la forza della disperazione mi ha spinta fuori dalla stanza con la locomotiva sotto la maglietta, che intanto, stufa del bel canto, intonava i tipici sbuffi dei treni a vapore. Quando la porta spalancata di fretta è finita contro l’angolo del fasciatoio provocando una valanga di asciugamani..ecco, mi son detta, il rave può cominciare.
Ieri sera, però, ho avuto la prova definitiva del lato positivo di questa vicenda: quando interviene il russìo, si potrebbe tranquillamente spalancare la porta e far entrare il deejay e una quindicina di ospiti senza temere di interrompere il sonno del giusto.
Come al solito mi sono alzata con la delicatezza di una libellula, e sono finita col piede sopra il libretto di Tobì, la ruspa più carina, che, come tutte le ruspe, pigola sonoramente sotto la suola.
Allontanandomi smadonnando come l’ispettore dal braccio rigido Hans Wilhelm Fredrich Kemp in Frankenstein Junior, sono finita col piede contro un treno musicale, che subito è partito petulante: cu cu cu cu sento cantare…A quel punto, la forza della disperazione mi ha spinta fuori dalla stanza con la locomotiva sotto la maglietta, che intanto, stufa del bel canto, intonava i tipici sbuffi dei treni a vapore. Quando la porta spalancata di fretta è finita contro l’angolo del fasciatoio provocando una valanga di asciugamani..ecco, mi son detta, il rave può cominciare.
1 commento:
Ahshahah!
E più si cerca di fare piano, peggio è
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