mercoledì 2 settembre 2009

Incursione nel tema


Ho riflettuto sulla necessità di entrare nel tema principale del blog almeno una volta, nonostante questo periodo forzatamente infruttuoso per le mie letture, e lo faccio citando proprio il Pennac di Come un romanzo, dono d’amore sconsiderato per la lettura, che ha ispirato il nome del blog. Prendo in prestito i diritti del lettore, e li elaboro per i miei loschi fini. Chiunque incontrasse questo blog e volesse accompagnarmi nel gioco, è il benvenuto.

1. il diritto di non leggere: Il signore degli anelli di J. R. R. Tolkien. Non commento perché i miliardi di appassionati mi accuserebbero di straparlare senza conoscere, ed hanno assolutamente ragione. Mi limito a esercitarlo, ostentando sicumera.

2. il diritto di saltare le pagine: Guerra e Pace di L. Tolstoj; sono ancora poco matura per le eterne disposizioni degli eserciti in battaglia. Credo che le amerò intorno ai cinquanta, quando mi sembrerà irrilevante l’amorazzo tra Andrej e Natasha.

3. il diritto di non finire un libro: Angeli della desolazione di J. Kerouac; gran diritto, questo. Fondamentalmente, il Telefono Amico di chi legge. Quanti lettori ho visto annodarsi nel senso di colpa: “non riesco a sopportarlo, ma non lo mollo perché sarò io che non capisco, e non ne inizio un altro se no è una tentazione, e non continuo quello perché è un incubo, e mi addormento la sera cullata da Donna Moderna pur di non far torto all’autore”, che magari è bell’e morto e comunque se ne frega.

4. il diritto di rileggere: Cent’anni di solitudine di G. G. Marquez. L’ho scelto a modello perché casualmente l’ho letto ogni dieci anni partendo dai 13, e ora continuerò per scelta. A ogni età scopro qualcosa di nuovo, e mi illudo che continui così, anche perché non credo supererò il primo centinaio d’anni e le pagine sono almeno quattrocento.

5. il diritto di leggere qualsiasi cosa: I Pilastri della terra di K. Follett. Quello che resta nel cuore sono i “compagni di essere”, citando Pennac, ma a volte, giuro, servono compagni di giochi, che con la levità della superficialità svuotano la testa che è una bellezza.

6. il diritto al bovarismo: Il romanzo dell’800 in genere. E non solo per i pizzi e le trine che, ammetto, vorrei che mi ammantassero al posto dei jeans.
Quanta nostalgia, dopo, per famiglie e personaggi che pare di conoscere nell’intimo. Finire alcuni libri rappresenta nel mio cuore un ingiustizia, perché mi impedisce di frequentare quelle persone oltre i limiti imposti dall’autore, quell’arrogante. Credo di non esser sola, ed ecco il motivo del successo dei (di solito deludenti) sequel.

7. il diritto di leggere ovunque: I Buddenbrook di T. Mann, immersa nell’acqua con i gomiti appoggiati a uno scoglio. Dicono gli amici che per m la lettura è come una dipendenza, caratterizzata da vere e proprie crisi di astinenza. Essere seduta in qualsiasi posto senza qualcosa da leggere, con l’esclusione dei momenti della vita in cui si praticano azioni necessarie, utili o piacevoli per l’esistenza (come dormire, mangiare, fare l’amore), mi mette in uno stato d’agitazione tale da farmi dilatare le pupille e da portarmi a tragiche riflessioni circa l’incapacità di stare sola con me stessa, che degenerano sempre in stati depressivi che…insomma, meglio un libro in borsa.

8. il diritto di spizzicare: le sere di Mulliner, di P.G. Wodehouse. Quando si ha assoluto bisogno di ridere, ma non nel senso di bofonchiare o sorridere appena, proprio nel senso di ah ah ah battendosi le mani sulle cosce, ecco che spunta Wodehouse, e bastano poche righe ogni tanto per mantenere un sorriso ebete l’intera giornata.

9. il diritto di leggere a voce alta: le fiabe. Questo diritto non lo eserciterei per me stessa: stupidamente mi vergogno a leggere a voce alta, come se mi ordinassero di prendere tutti per mano per cantare il saluto al fratello sole. Leggere a voce alta per me significa leggere ad altri, le fiabe a mio figlio, ma anche righe esilaranti a chi ti sta vicino (vedo però che non è generalmente apprezzato, nonostante lo limiti all’imperdibile)

10. il diritto di tacere: Paula di I. Allende

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