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Ricordavo la Dunne, a
fronte di un unico esemplare acquistato in edicola in un momento di
astinenza mista a lungo viaggio, miscela potenzialmente mortale, come ottima
lettura da treno, abbastanza leggero da permetterti di riposare, coinvolgente
da distrarti dal mondo che vortica, ma non abbastanza da liberarti di quel
cinico imbarazzo per il concetto di best seller utile a evitare di piangere in
pubblico o di vederti sottrarre la valigia.
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Era in super offerta sul sito Amazon: 3 euro
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Volevo a tutti i costi provare a leggere un ebook come
si deve, con formato kindle, che puoi estendere e ridurre a piacimento, senza
passare il tempo a fissare quei minuscoli pdf craccati che ti fanno sentire
povera, ossia ricca di letteratura fondamentalmente illeggibile.
Il romanzo d’esordio della scrittrice irlandese, che
tratta di una donna con famiglia medio borghese mollata all’improvviso da un
marito che si scopre mostruosamente egoista, e risale la china dell’entropia
con una forza che invece il marito, abbandonato presto dall’amante, non saprà
trovare (il consueto dilemma: passata l’ebbrezza, chi mi lava il calzino?) corrisponde
perfettamente al mio ricordo: non annoia, non mi hanno rubato alcuna valigia
(ho controllato in soffitta), in un qualche modo ti affezioni alle sorti dei
personaggi, è realistico e ti chiedi cosa faresti se capitasse a te ma tuo
marito non può essere così bestia vero??
Solo, come l’altra volta, la scrittura, che pare
essere uno dei punti di forza dell’autrice, nella sua semplicità, mi colpisce
per assenza totale di complessità. Eccessiva mancanza di complessità. E’
elementare, Watson. Nel pensiero.
Qualche volta mi ricorda i miei tentativi di racconti
scolastici, accorati e tristanzuoli. Il che non toglie che se avessero venduto
milioni di copie, ne godrei immensamente tutt’ora..
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