Nonno G., alle spalle della sua casetta nel quartiere fu popolare della città, ora destinazione di ricche ristrutturazioni come tutti i centri storici, ha un cortile estremamente ombroso, circondato da case e muraglie, con un quadrato di terra rialzata sul cemento.
Su questa terra detiene:
- Un ciliegio alla continua ricerca di un raggio di sole, di dimensioni tali da meritare una menzione nel guinness dei primati forse perché cresciuto in regime di Cernobyl, con un aspetto maestoso accentuato dalla attuale fioritura, ma che rende del tutto impossibile cogliere la maggior parte dei frutti, che invecchiano tristemente a sette metri da noi
- Un esercito di zanzare tigre di dimensioni perfettamente proporzionate al ciliegio, che rendono impossibile la frequentazione della zona da maggio a settembre, mentre il freddo vi rende impossibile il soggiorno tra settembre e marzo, motivo per il quale ieri, giorno d’aprile, ci trovavamo tutti lì, ad affermarne il possesso contro i tentativi di usucapione di chicchessia.
- Un vivaio di infestanti da zona fredda-umida, autoreplicatesi nei decenni, che nonno G. definisce affettuosamente “le mie pecorelle”, visto che si accavallano come lanuggine sulla nuda terra.
Ieri, con l’amico T, si è svolta la seguente conversazione assorta e perfettamente seria, durante una mattina di imbottigliamento di damigiane di prosecco (l’attività ferve, durante l’unico mese utile):
- ma dimmi - abbracciando le infestanti con lo sguardo - come fai a coltivare questi esemplari eccezionali? Non vengono su da nessuna parte…dove ti fornisci?
- Eh, ho i miei segreti!
- Parlando sul serio, vista l’ombra non ti converrebbe coltivarci viole?
- No, perché si incioccano.
E il lavoro è ripreso.
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