Ieri Babi ha ascoltato imperturbabile per quarantacinque minuti il nostro amato sindaco, sussurrandomi domande come: perché ha detto “festa”? Perché ha detto “silenzio”? Ad ogni parola conosciuta, il tutto per ascoltare il suo mito: la banda.
E quando la banda ha cominciato, non l’ha ascoltata in quel modo un po’ puerile con cui si ascolta qualsiasi tipo di baccano, ondeggiando vagamente o tra balzi e piroette, a seconda dell’età. Egli è rimasto muto, con degli imperscrutabili occhiali da sole da Elwood Blues, stretto al mio collo, avvolto in un profondo eccesso di emozioni. Guardava i movimenti del maestro, le dita sul clarinetto, le labbra sul trombone, come ipnotizzato.
Finita la musica ha continuato a tacere, dopo un applauso assorto.
La prima cosa che ha detto seccato, con tono da caporeparto alle cinque meno un minuto, mentre la folla si disperdeva e gli astucci si chiudevano su quel tesoro d’ottone, è stata: - e adesso, dove stanno andando?
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