All’asilo nido, il tempo a disposizione per ritirare il bebè è di più di mezz’ora, fino alle quattro e mezza, e se occasionalmente accade un imprevisto puoi chiamare e ti aspettano; tutto ciò regala una sensazione riposante, che rende preoccupante l’asilo pubblico che seguirà a settembre, dove il tempo del ritiro è breve e indeformabile, a costo di mollarti il pargolo fuori dal portone se sfidi la pazienza delle maestre.
L’altro giorno Babi mi ha redarguita, nonostante fossi perfettamente nei termini: perché non sei venuta prima, a prendermi? Perché è venuta prima la mamma di Alessandro?
Ecco, mi son detta, quando l’istituzione collabora, ci pensa il bambino a ridimensionare il privilegio; si sarà sentito solo e abbandonato, in attesa della sua mamma, tra tutti i compagni che fuggivano felici. Ecco, sono una madre terribile.
Ma poi il quadro si è chiarito: uno dei passatempi preferiti di Babi è inseguire il pallone, tallonato da un genitore, mentre grida “mia mia mia”, suscitando in me gloriosi ricordi di quando, all’ora di pallavolo delle medie, si preferiva per un’innata pigrizia sottrarsi alla palla gridando “tua”, senza specificare ulteriormente, ma questa è un'altra storia. Questo gioco è stato adattato alla situazione, nella noia dell’attesa pomeridiana al nido: al cigolare della porta i bambini urlavano “mia mia mia”, riferendosi alla madre che stava entrando; io sono venuta dopo quella di Alessandro. E mio figlio non sopporta di perdere.
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