A
pranzo con parenti, è stato interessante scandagliare il rapporto delle genti e
delle generazioni con le imminenti festività.
- Attenzione spoiler-
I
miei nipoti ora diciottenni ancora ricordano vividamente il dolore infinito
della scoperta del grande imbroglio Babbo Natale: erano in Grecia, in un
ristorante sul mare, in un luglio afoso, e attendendo l’ordinazione hanno
chiesto ai genitori quasi per scherzo, per una definitiva conferma, se quelle
voci dei compagni sull’inesistenza del grande vecchio potessero avere un fondo
di realtà. I genitori hanno confessato. E loro, da bravi futuri ingegneri,
hanno passato in rassegna con una sorprendentemente precisa memoria
dell’infanzia tutti i Natali trascorsi, facendosi spiegare come fosse possibile
che i genitori falsi e bugiardi fossero accanto a loro nei consueti panni e
contemporaneamente impersonassero il vecchio porporavestito, e come mai
quell’altra volta Babbo è arrivato da quella direzione mentre il padre si trovava
dall’altra parte della stanza, e così via, quasi a cercare di ricondurre loro i
genitori alla realtà, sottraendoli a quella incomprensibile arroganza di
volersi fingere Santi o Supereroi.
Per
quanto mi riguarda, l’assoluta mancanza di spiritualità della mia atea famiglia
mi portava ad accettare con molta diffidenza la materializzazione di figure
ambigue che si aggirassero per casa. Se una vecchia santa cieca e asinomunita
riesce a penetrare senza alcun problema a depositare il dovuto e a ingurgitare
bicchieri di latte e manate di fieno (procurati dai genitori per attribuire realismo alla
messa in scena), chiunque potrà entrare a casa nostra, anche con intenzioni
meno nobili di quella di rallegrare la mia mattinata. Ricordo notti di puro terrore,
attenta a captare i rumori dell’infrazione. La scoperta della verità, alla
fine, deve essere stata un sollievo, che naturalmente ho rimosso.
Infine, viaggiando fino all’inizio del Novecento
a spiare la famiglia prolifica di un povero maniscalco, in cui la scoperta della
verità comportava (con una qualche logica, pur legata alla povertà) la
definitiva rinuncia al misero regalo, diamo uno sguardo a mio nonno P;
terrorizzato che quel momento arrivasse (dunque, nell’intimo, già consapevole), fu un giorno preso dal panico, e corse dalla madre tappandosi le
orecchie e gridando: Mama, mama, i vol dirme chi che l’è San Nicolo!
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