Sto elaborando
il lutto del rientro, forse scrivere mi può aiutare, come il lettino dello
psicanalista.
Eccezionali
giorni a Sabaudia, nella casa di un caro amico che, periodicamente, disturbiamo
con richieste di prestito della magnifica villa, sempre accordate con
gentilezza, subito prima di beccare, su Repubblica TV, un reportage sulle
pesanti infiltrazioni camorristiche nella ridente cittadina.
Ci siamo
felicemente venduti al lettore di DVD per l’auto, che interpretavamo come una
debolezza negli altri genitori di figli scatenati, ma provatevi voi, 760 chilometri con
l’eterna domanda: quando arriviamo? che scatta dopo i primi 5 minuti e non
smette proprio mai.
Abbiamo
visitato lo zoo di Roma, destinazione obbligata per qualunque genitore voglia
salvarsi la vita a Ferragosto, sostenendo Babi nel momento di estrema delusione
in cui ha scoperto che gli animali non si trovano tutti insieme come nel Libro
della Giungla – modello “e la gazzella non dormirà molto bene”, e gli elefanti
tendono a non cantare in pubblico.
Babi ha
imparato a buttarsi in mare a occhi spalancati, riemergendo scompostamente ma
con uno sguardo di gioia totale; durante una esplorazione subacquea di pochi
secondi con addosso maschera e tubo, ha visto un granchio e, scegliendo se bandire
dalla sua vita mare o maschera, ha giustamente dismesso quest’ultima, in base
al concetto lontano dagli occhi lontano dal timore del cuore.
Noi abbiamo
apprezzato la spiaggia libera, muniti di lettino sfilacciato e ombrellone da
giardino (poiché di trascinare per le dune la base di cemento non se ne parlava,
si è scelto di infilarlo a forza nella sabbia contro la sua natura), scoprendo
che le strette lingue di sabbia libera tra gli stabilimenti sono laggiù
estremamente meno frequentate e più ariose degli assurdi appezzamenti in
concessione, in cui i lettini sono disposti incollati come un'unica brandina
gigante, e in cui, rincorrendo l’ombra che vaga per la giornata, peraltro
pagata a peso d’oro, si finisce distesi sul thermos del vicino.
Abbiamo
mangiato numerose mozzarelle fregandocene delle infiltrazioni casalesi nel ramo
bufala e dell’arresto di una quarantina di veterinari compiacenti, ripetendoci
il mantra “che male può fare, per 10 giorni”.
Abbiamo provato
una pizzeria nuova (quella abituale era casualmente stata messa sotto
sequestro), curiosamente annessa a una casa di riposo e allegra esattamente
come ci si aspetta la mensa della stessa, con giochi per bambini che parevano
esplosi, abbandonati lì, né rimossi, né riparati, forse per sollecitare un sano
confronto con la quotidianità dei bambini di Gaza.
Abbiamo
condiviso la casa con cari amici con figlio coetaneo di Babi, e ci siamo persi
in chiacchiere mentre i due nanerottoli litigavano aspramente, senza disdegnare
l’uso delle mani, su concetti tipo: la scala è bella, la scala è brutta,
oppure: basta! Ancora!, salvo poi cercarsi disperatamente appena uno dei due si
allontanava.
Abbiamo
imparato a mettere un Babi totalmente refrattario al sonnellino davanti a
quell’insopportabile orso ritardato Uinni dei Pù, per goderci il riposo
pomeridiano a camera spalancata alla corrente lacustre, prima di affrontare di
nuovo la spiaggia, e venir svegliati per la merenda dal suddetto Piscialletto
che aveva vegliato durante il nostro sonno.
Abbiamo letto
tanto tanto, rubando attimi sabbiosi e attimi notturni, e abbiamo
momentaneamente ripreso un normale ritmo sonno-veglia, che si è dissolto appena
è tornata ad occuparci la mente l’imminente stagione lavorativa.
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