venerdì 27 maggio 2016

Lucidità

"Mamma, per motivi familiari preferirei venire con te a Trieste che andare a scuola"

martedì 24 maggio 2016

La catena di Padre Pio

L'amica D, l'altra sera, ha provato a raccontarmi l'ultima catena di Sant'Antonio in cui è stata coinvolta, colorendola anche con un inizale accenno di entusiasmo.
Un amico, quando meno te lo aspetti, ti rifila un magma ribollente e lievitante in un bicchierino di plastica, e un foglio di istruzioni che nulla ha da invidiare al libretto di un robot antropomorfo. E tu lo porti amorevolmente a casa, e il lunedì aggiungi un bicchiere di farina, il martedì lo zucchero, il mercoledì ne contieni i bollenti spiriti infilandolo in un tino, e così prosegui lungo tutta la settimana, fino all'inesorabile delinearsi di una
"torta di Padre Pio".
Non devi naturalmente dimenticare di sottrarre all'impasto bicchieri e bicchieri di magma, da rifilare a amici e parenti nei momenti di debolezza.
Ma il dolce è buono?

"Mah, di suo così così, una volta ho dimenticato il lievito del martedì, una volta è venuto come una suola...ecco, se ci agggiungi due tavolette di cioccolato fondente o quattro chili di fragole diventa piacevole..."

Ma è un piacere effettivamente condiviso?

"La gente ti odia. Una collega l'ha lasciato nel cassetto, in ufficio, e il giorno dopo era tracimato fino a occupare l'intera cassettiera. Dicono poi che un'intera famiglia sia stata soffocata nel sonno..."

E qui si esaurisce la mia inchiesta sulla catena di Padre Pio, con un avvertimento: se vedete avvicinarsi conoscenti con fare sospetto che nascondono le mani dietro la schiena, correte con quanto fiato avete in corpo.

giovedì 19 maggio 2016

Ah, la crescita

- Babi, per mangiare le fragole sul divano è necessario il bavaglino, dato che formano macchie tremende da togliere!
- Mamma, per favore, non chiamiamolo più bavaglino, diamogli il nome che si merita: salva ragazzo

mercoledì 18 maggio 2016

Vincere facile

In questa vita travestiti da creature normali, che boccheggiano tra lavoro, spesa, figli, fitness, pulizie, passioni e convivialità, fortunatamente non resta il tempo di prendere atto della propria condizione fino in fondo. 
Altrimenti staremmo tutti in fila, a contenderci la posizione migliore per gettarci dal ponte del Diavolo.
Ma ieri ne ho avuto una decisa percezione, capendo nel contempo quanto possa essere facile, per attori e ricconi in genere, mantenersi costantemente a livello di ciò che le telecamere pretendono da loro.
Dopo lavoro ho sperimentato un paio d'ore, naturalmente affannate, perché non mi è dato di vivere diversamente, ad occuparmi esclusivamente del mio corpo (se tralasciamo quella dozzina di messaggi tipo "spengo il telefono, mi raccomando, tieni vicino il tuo, che se chiama la scuola..." "Nonno G, prendi tu Babi, io corro a prendertelo 14 minuti dopo" "ce la fai a fare benzina prima delle 18.25?")
Ho corso sul diabolico tapis roulant che amichevolmente chiamo "Fonzio Pilato" e che altrettanto amichevolmente mi definisce "balena di merda", raggiungendo traguardi per me stratosferici, che corrispondono più o meno alla distanza percorsa da Bolt dal letto al bagno per un bisogno notturno. Nell'eterna e sfibrante corsa ho ascoltato brani che farebbero ridere chiunque, quale sprone all'attività fisica: anche me, dunque li scelgo per correre col sorriso.
Poi stretching come quelli veri, praticamente una pubblicità di abbigliamento sportivo, depilazione mirata ad evitare di causare un infortunio sul lavoro per incendio da sfregamento alla povera massaggiatrice, e...appunto: massaggio gentilmente offerto dai colleghi per il compleanno.
Abituata esclusivamente a massaggi di tipo curativo, una sorta di fight club tra fisioterapista e muscolo, in cui tutti intorno fanno il tifo ruttando birre e io soccombo rantolando e invocando pietà come l'ispettore Clouseau al suo maggiordomo orientale, ieri mi sono goduta un massaggio estetico, dove la lotta tra l'estetista e il pannicolo adiposo si svolgeva a suon di cremine profumate e delicate gentilezze.
Giuro. Alla fine di tutto ero belllissima, nello specchio del centro estetico. Perfino abbronzata. Perfino ragazzina. 
Perché mai guardarsi in altri specchi, d'ora in poi? Tanto sarà quella, la foto sulla mia tomba.

martedì 17 maggio 2016

Da adulti

Mamma, questo problema dobbiamo risolverlo da adulti:
Mela mela blu
Esci proprio tu

Ida y vuelta

Ebbene ci riprovo.
Quando la vita ti assale, l'atto di descriverla ne risente. Ma in fondo al cervello rimane il tarlo dell'abbandono di un progetto, indipendentemente da quanto fosse riuscito, da quanto fosse utile o noto. E quel tarlo ti corrode.
Diventa tutta questione di equilibri: la vita mi lascerà il tempo di descriverla? Ma se me ne lascia il tempo, è perché non crea niente che poi io possa usare?
Temo che le cose accadano a tutti e a nessuno, e l'abilità di cavarne sempre qualcosa da lasciare, inciso sulla pietra o su qualcosa di labile come la rete, costituisce tutto il resto.
Che poi sì, se fai naufragio su un'isola infestata dai discendenti di coloro che gli ammutinati del Bounty costrinsero a scendere in una scialuppa, in procinto di vendicare i propri avi, la vita in qualche modo aiuta le lettere, ma forse non ti viene tanto incontro in tema di sopravvivenza serena.
Dunque ora il vaso è colmo. Non di idee, non di speranze, solo di voglia. Urgenza. Necessità.
Dunque eccomi.
Vuelvo