mercoledì 15 febbraio 2012

Il maestro e margherita, ovvero il fallimento completo del lettore


Ed ecco finito il maestro e margherita. Devo rassegnarmi: dovrò proprio recarmi in Russia, perchè è mio dovere stanare il baco dell'immaginazione distorta, e liberarmi da un pregiudizio più radicato di quanto potessi immaginare.
I miei lettori più affezionati conosceranno ormai il mio difficile rapporto con la letteratura di quel paese, si parli dell'epoca zarista o del periodo post-rivoluzionario.
La grande meraviglia del leggere è avere una stanza interiore in cui viaggiare per scoprire, e conoscere, e ritrovare. Senza rendermene conto, io leggo e immagino un'atmosfera tetra e oscura, in cui il sole non trova mai collocazione. Se ogni volta che mi immergo nella lettura mi ritrovo nell'antro di Polifemo, indipendentemente da ciò che la pagina mi stia raccontando, qualcosa non funziona. In questo romanzo c'è addirittura il Diavolo, tra i protagonisti, ma non mi sembra per nulla strano, è quello che mi aspettavo anche in Delitto e castigo o in Puskin. E non ho preconcetti ideologici, non penso alla Russia come a Satana, come i democristiani nel '48, è qualcosa che mi richiama alla mente..cosa? quella scrittura? L'assillante presenza di patronimici? Interessante esperimento sarebbe farmi leggere un libro russo nascondendomi nome dell'autore e collocazione, per vedere se è un pregiudizio così radicato da essere motivo di studio.
Per il resto, ho letto con curiosità, ma non abbastanza da desiderare di tornarci quando facevo altro. Non sono proprio adatta a recensire questo genere di libri, chiedo scusa a chi mai volesse basarsi su di me per decidersi...

mercoledì 8 febbraio 2012

Istronzoni d'uso



Credo che alle istruzioni della quasi totalità degli ammennicoli tecnologici di cui amiamo circondarci, la casa madre dovrebbe anteporre:
  1. da leggere se l’acquisto è dovuto a volontà di suicidio, altrimenti passare al punto 2.
  2. da leggere attentamente se il possesso è dovuto a momentaneo abbandono dell’oggetto da parte del coniuge traditore con conseguente volontà di vendetta, altrimenti passare al punto 3.
  3. da leggere se la propria vita è permeata di pura idiozia. Altrimenti passare alle istruzioni rapide d’uso.
Tutto questo renderebbe più mirata la lettura di pagine e pagine di consigli analoghi a questi:
  • Non dimenticare il notebook nella tasca posteriore del costume da bagno
  • nel caso, non asciugare col phon trovandosi ancora in mare/piscina
  • La lavastoviglie non è una periferica
  • Non far colare la cioccolata calda sulla tastiera
  • Nel caso, non staccare i tasti con un grimaldello
  • Non inserire nel microonde
  • Non pulire lo schermo con petrolio o altri idrocarburi (es. asfalto, bitume, ottano)
  • Nel caso, non accendersi una sigaretta a lavoro finito
  • Non usare mouse vivi – il sistema non li riconosce
  • Nel caso, non chiudere il notebook prima di aver spostato la coda del gatto
  • Non leccare i cristalli liquidi che fuoriescono dallo schermo
  • Non sbattere lo strumento o le periferiche ripetutamente sugli scogli
  • Non stirare per ottenere uno schermo piatto
  • Non incolpare la qualità della scheda audio se si sono persi gli occhiali.
  • Non ascoltare musica contestualmente all’uso. Si formano pericolosi campi magnetici.

Per chi sopravviva a tutto ciò, il libretto di istruzioni del nuovo notebook di casa Informetti si riduce a:
FASE 1. Caricare la batteria con l’adattatore in uso
FASE 2. Accendere
Senza preoccuparsi minimamente di aiutare a spegnere il computer chi abbia sentito come essenziali i consigli qui sopra.

E non ditemi: ma cosa ti stupisce?


Ora, io so che esiste l’abuso di potere. Ho visto come per volere del potente si piazzino i parenti in posti chiave, in lunghe liste d’attesa una prenotazione possa essere considerata per prima senza averne titolo, o perfino come per un capriccio scoppi una guerra con effetti devastanti.
Ma, evitando di parlare di educazione o morale, l’arroganza del potente nella più becera quotidianità, il comportamento di chi preferisce esercitare la boria modello vassallo-valvassino-valvassore all’eleganza che si addirebbe al completo Caraceni che indossa, quella è veramente deprimente.
In mensa aziendale, l’amministratore delegato ci ha fatti alzare da un tavolo duramente conquistato, dicendo che tanto, ad un altro tavolo con spazi vuoti tra sconosciuti, ci saremmo stati bene, in quattro. Peccato che loro erano in tre.

E che palle!


Sempre più spesso assistiamo all’estrinsecarsi dell’entusiasmante convinzione di gruppi di persone, che sentono un irrefrenabile bisogno di spogliarsi per porre in evidenza qualche ingiustizia, scatenare qualche protesta, insomma, far valere la propria volontà di partecipazione.
Dunque abbiamo cortei nudisti contro le pellicce (e qui ci starebbe anche una spiegazione metaforico-simbolica,: mi riduco come riducete l’amico ermellino), ma anche per fermare le corride, per protestare contro le ruspe, per la chiusura di un giornale o di una fabbrica, contro l’aborto selettivo o le frodi informatiche.
Per raccogliere fondi, poi, niente di meglio di un calendario Pirelli de noantri, come fosse necessario estrarre la vocazione alla donazione di ogni buon cittadino attraverso il suo voyeurismo.
Ammetto che atti come questo possano suscitare una certa attenzione la prima volta - oddio, forse di più agli inizi del Novecento, quando le prime donne in pantaloni affrontavano coraggiosamente i lazzi e gli improperi dei padri di famiglia – proprio perché le telecamere cercano la novità, e collegarla alla trasmissione di un messaggio può essere una buona idea.
Ma ora rischia di diventare una ridicola abitudine, una di quelle di cui ci si dimentica le radici, mantenendola come inevitabile regola. Immagino un sobrio incontro sindacale in una fabbrica in cui, in aria di cassa integrazione, tutti si spogliano come atto formale prima di discutere sul da farsi. O una manifestazione sulla dignità delle donne rimandata alla primavera per l’impossibilità di denudarsi d’inverno.
O forse hanno ragione loro: forse l’esibizionismo non c’entra niente, e l’umanità, indipendentemente dai messaggi che intende veicolare, continuerà a alzare gli occhi solo parlando di cosce, e riderà sempre solo di cacca e pipì.

lunedì 6 febbraio 2012

Prima di dormire


-         Mamma, mi scaldi i piedi?
-         Certo, amore.
-         Sai, noi dentro abbiamo dell’acqua, che diventa più o meno calda e ce la passiamo tra di noi, così quando tu hai l’acqua calda e io fredda me ne dai un po’. Poi tu sei un grande termosifone, e io uno piccolo.
-         Proprio così, Babi.
-         Mamma?
-         Cosa?
-         Il culetto è in basso?
-         Si amore, è qui (pat pat).
-         Ma no, il tuo.
-         Il mio è dietro, Babi.
-         Dove tieni la schiena?

O convesso?


- Papà, come si combatte con una scimitarra?
- In modo concavo.

E una scatola di cioccolatini, no?


Grat grat
-         Mamma, cos’ha in bocca Pantacollant, fuori dalla finestra?
-         Oddio, un uccellino…
Grat grat
-         E vuole entrare in casa; con l’uccellino in bocca!
-         Ma è morto?
-         Credo di sì, amore.
Grat grat grat
-         Perché l’ha fatto??
-         Non è cattivo, amore, è solo la sua natura, la natura delle tigri, dei leoni…e adesso ce lo porta a casa per farci un regalo. Sai, Pantacollant non ha i soldini per comprarcelo, e in qualche modo vuole fare un omaggio alla sua famiglia, portarci un dono…
-         Pantacollant! I regali solo a Natale, Pasqua, compleanno!
-         …Pasqua?
-         Ma adesso che è morto vola in cielo?
-         Sì, amore mio.
-         Beh?
-         Cosa c’è?
-         E’ ancora qui!