martedì 26 gennaio 2010

E' ora


Quando nel bagno dell'ufficio ci sono due dispensatori di sapone liquido.
Quando uno è di quelli appesi al muro, sempre vuoto, e uno è in bottiglia di plastica.
Quando una persona preme con la mano sinistra l'erogatore della bottiglia, e mette la mano destra a coppa sotto l'erogatore a muro,
quella è l'ora di andare a casa.

lunedì 25 gennaio 2010

Siparietto moralista ed amaro sui ggiovani d'oggi


Nel mio lavoro precedente, nella mia vita precedente, avevo diversi contatti con "il pubblico", un organismo geneticamente modificato che soleva donarci sublimi interventi, allo sportello, via mail, via posta, via fax, che conservavo con amore, e che in ufficio utilizzavamo per addolcire i momenti duri considerando con distacco e grasse risate la pochezza altrui.
Non ci imbarazzava, il fatto di ergerci a giudici del livello di decenza di una civiltà, perchè il nostro pubblico non era composto da illetterati per età, per censo o per scarse capacità intellettuali; era un pubblico d’elite, di quelli che non esiteresti a trascinare ad una cena di beneficenza per fare bella figura servendoti della loro conversazione, non fosse che si pagano cento euro a persona.
Il nostro pubblico, insomma, era di giovani (promettenti laureati), carini (la bellezza dell’asino, come direbbe mia nonna) e disoccupati (futuri).

Ebbene: da quelle bocche uscivano tali incredibili scemenze, segni di ignoranza, di incapacità di leggere un testo semplice, di negligenze dettate dall’ego, di ingenuità mascherate, da potervi dedicare un trattato sociologico.

La mia posizione attuale grazie al cielo non mi permette così frequenti contatti con il pubblico; bisogna però considerare che in questo posto il pubblico non è filtrato, è lo specchio in piccolo della popolazione di una città, con tutti i generi, le età, i patrimoni e i titoli di studio che questo comporta. Ma nulla di simile a quello che ho vissuto allora arricchisce le mie liste di boiate.
Questo mi spinge ad aggiungere al mio personale trattato alcune considerazioni: le persone contengono in sé una potenzialità più o meno alta di sparare cazzate. Le variazioni possono essere dovute all’età, alla scolarizzazione, alla vita che si è vissuta e alla consuetudine con la parola, con la scrittura, con la gente. Ma esiste anche una autolimitazione trasversale, data dall’umiltà e dalla considerazione degli altri. Un filtro salvifico il cui potere diminuisce al crescere dell’arroganza. Il pubblico che avevo allora era dunque stato cresciuto da famiglie ma anche docenti universitari abituati ad usare l’arroganza come valore, a potersi permettere tutto in virtù della riuscita scolastica, dell’intelligenza celebrata, o anche solo della giovinezza.

Non è altro che ciò che questa epoca insegna: tutto si sistema, non c’è parola sbagliata che non possa essere ritirata, non c’è offesa che non possa essere ritrattata, non c’è stupidità che non possa diventare un valore (almeno ai fini della carriera), non c’è reato che non possa essere cancellato (o prescritto), dunque perché affannarsi a trovare le parole, a mettersi nei panni degli altri, a controllare quello che si dice, nel contenuto e nell’ortografia?

martedì 19 gennaio 2010

Nuovo sondaggio


Ecco a voi un nuovo sondaggio. La stagione più adatta alla produzione letteraria.
Isabel Allende inizia tutti i libri l'otto di gennaio, anche se credo sia questione legata alla data, non alla stagione.
Credo che l'ispirazione non sia indipendente dalle condizioni che vive la pelle. Ma è sollecitata meglio dalla decadenza, dal risveglio, dalla tristezza, dalla speranza, dal caldo?
Coraggio, se superiamo gli otto (milioni di) voti sarà una vittoria!

PS: e non ficcatevi tutti nella mezza stagione, tanto so chi siete

Il podio dei diritti


E’ proprio giunto il momento di dedicarmi a tirare le somme dell’ultimo sondaggio da me proposto, per evitare di dare la sensazione ai miei affezionati lettori di non attribuire dovuta considerazione alle loro opinioni. Quindi io ne parlerò diffusamente; in cambio voi, come sempre, leggete i voti in milioni (come il contatore di presenze in fondo al blog).

La questione era: il più utile tra i diritti del lettore. Era possibile fornire solo una risposta, e questa limitazione era dovuta alla mia incapacità di seria analisi statistica. Se la torta è più grande di 100, la tortiera si incrina. Io sono la tortiera.

I voti pervenuti, 8 (milioni, ricordate..), si sono ritrovati tra poche proposte:

- 2 diritto di saltare le pagine. Diritto sul quale ho fondato il blog e in cui credo fermamente, per quanto ci voglia qualche abilità ad esercitarlo, particolarmente nella lettura di romanzi russi, per evitare che il problema tipico degli stessi, dovuto ai nomi ridondanti dei protagonisti (Alexseiji Ivanovic, Alexsander Nikolaijievic, Sophia Alessandrovna, Anastasija Ivanovna, e potrei continuare all’infinito a spargere j a caso) si amplifichi per la perdita di informazioni rilevanti, magari nascoste tra le bombarde di una qualche battaglia (“e il colpo di cannone raggiunse Alexander Filippovic, che - tra l’altro - aveva un figlio di nome Filippiji Alexandrovic che sperava non tornasse a casa, poiché stava insidiando la sua seconda moglie Sephanijia Filippovna”), e ci si trovi a seguire la vita dell’uno al posto di quella dell’altro per centinaia di pagine, finchè una qualche contraddizione faccia scoprire la verità (“ma non era una donna?”) e costringa a ricominciare, perdendo il vantaggio accordato dal diritto stesso.
- 2 diritto di non finire il libro. Diritto assoluto, che evita di cadere nell’ansia da prestazione, che comporta la crescita esponenziale di senso di colpa e pressione, l’abbandono del testo aperto sul comodino (a prendere una piega che ricorderà per sempre il fallimento, anche quando verrà a fatica richiuso e deposto nello scaffale), e la rinuncia a leggere qualsiasi altra cosa per non tradire il testo abbandonato, costringendosi a colmare le crisi di astinenza attraverso la lettura di etichette dello shampoo, scontate e ripetitive. Un diritto salvavita.
- 2 diritto di rileggere. Diritto contestato soprattutto in età giovanile (l’immortale Troisi dichiarava, vinto in partenza: sono così tanti, a scrivere, e io uno solo a leggere…), quando in ogni modo si cerca di colmare il gap tra lettore e scrittori. Rivalutato, pare con l’andare dell’età, quando si scopre che dopotutto la proporzione non è così angosciante, tra coloro che leggono e coloro che meritano di esser letti. Qualche volta mi sono fatta trascinare anch’io, per lo più dai classici, per avere la garanzia del tempo a farne qualcosa di irrinunciabile.
- 1 diritto di leggere ovunque. Sogno da tempo libri in formati impossibili e in materiali inattaccabili, per quando la voglia assale in piscina, in fila allo sportello, in autobus per un tragitto di due fermate, o al bar, quando ti guardano malissimo se apri un libro e non ordini qualcosa ogni mezz’ora, anche se la sala è deserta.
- 1 diritto di tacere. Ulteriori commenti rappresenterebbero una contraddizione in termini.

lunedì 18 gennaio 2010

Voglio uscire di qui!


Oggi ho imparato questo.
Excel in realtà è un quaderno a quadretti.
Le righe servono al computer esclusivamente per non andare storto nella scrittura, con quell'effetto disordinato che tante maestre hanno bacchettato nella storia dell'umanità.
Se finisce la riga, vai a capo.
Nella riga sotto.
Se serve uno spazio, salta una riga.
Qui excel lo usano così.
E io mi dilanio nella sofferenza.

Dedicato ai mille Rosarni in cui l'ottusità non si stanca mai di vincere


"Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.
Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al
furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.
I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali.
Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano pur che le famiglie rimangano unite e non contestano il salario. Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell'Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione."

(Relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912)
Dal blog di Zucconi

Sangue e acqua, frecce e detersivo


Anno 1998.
Nonno G., normalmente ligio all’estremo a leggi e regole, decide di darsi una botta de vita annunciando al primo automobilista che avrebbe incrociato la presenza di una pattuglia della polizia stradale appena superata sul ciglio della strada. Perché in quel preciso momento nonno G. abbia avuto bisogno di trasgressione non è dato sapere.
Sappiamo invece che alla trasgressione bisogna esserci portati.
Appena avvistato l’automobilista da mettere in guardia, nonno G. ha azionato nell’ordine: tergicristalli, autoradio, quattro frecce, detersivo per parabrezza, frecce a destra. Tutto meno gli abbaglianti.
L’ignaro automobilista è dunque volato a cento all’ora incontro al suo triste destino, notando appena una utilitaria verde acqua che spargeva freneticamente ballabili e bolle di sapone.

Anno 2010.
Mi arrabbio molto con un automobilista davanti a me, che ha svoltato a destra all’improvviso senza usare la freccia. Intendo dunque utilizzare il clacson per esprimere il mio scontento; dicono sia una sorta di trombetta di cui conosco l’esistenza, ma non l’esatta ubicazione.
Partono i tergicristalli, il detersivo, e infine, con più sintesi dell’agire paterno, la freccia a destra. Solo che non intendevo girare a destra.
Di conseguenza un terzo automobilista, che sopravviene da dietro, mi suona il clacson con ottimo tempismo, dimostrando competenza sulla distribuzione degli optional oltre ad un certo fastidioso compiacimento. Naturalmente, il primo automobilista facinoroso nel frattempo aveva parcheggiato, era salito in ascensore con un cabaret di pastarelle e si stava sedendo a tavola.

Morale: il sangue no selo acqua.

venerdì 15 gennaio 2010

Le solite leggende


Stranamente, rispetto alle mie scelte consuete, ho guardato in TV "Io sono leggenda", che mi ha catturata mentre aspettavo ignara che Marito finisse di addormentare Babi secondo la nuova regola "non più in braccio". Per capirci, la nuova regola consiste nel affiancare al letto di Babi un materasso gonfiabile rimasto dai bagordi di Capodanno, e far finta di dormirci per indurre il piccolo a stramazzare per imitazione. Tutto questo non è privo di conseguenze: i tempi di addormentamento diventano incalcolabili, perchè il padre stesso viene così coinvolto dalla rappresentazione da cadere addormentato forse prima dello stesso Babi. E la madre, posta davanti a un qualsiasi film, ci rimane nonostante pubblicità e allucinanti TG com spot del premier.

Il film, dicevo: ci sono atmosfere azzeccate, non si resta immuni dall'ansia; ma porca miseria, è possibile che in uno scenario così interessante come quello di vedere il mondo poco dopo la decimazione dell'umanità, con animali selvaggi che invadono le Avenue, e erba che spacca l'asfalto fregandosene di secoli di prigionia, tutto quello che viene in mente agli sceneggiatori è mettere in scena i soliti simil-zombi, cattivissimi, nati da mutazioni genetiche, allergici al sole come Dracula di Stoker per permettere a Will Smith di circolare per le strade, e naturalmente grigi, occhi iniettati di sangue, fauci bestiali e scarso impulso al dialogo razionale?

Unica falsa originalità - attenzione spoiler - l'eroe alla fine muore. Ma questo accade perchè all'inizio perde la famiglia, dunque non può vivere felice, ergo deve morire per permettere a noi tutti di andare a letto soddisfatti per la fine delle sue sofferenze.
Film come reazioni chimiche: una morte a ph>7, aggiungiamo un po' d'acido, e torniamo neutri.

PS: il film non è stato apprezzato nemmeno da Pantacollant, da me vessata ininterrottamente nel farle notare che non avrebbe mostrato, in simili realistiche situazioni, la fedeltà e l'abnegazione del cane del protagonista.

mercoledì 13 gennaio 2010

Dove siamo arrivati



E' giusto, dopo lunga assenza, riassumere brevemente ciò che più mi diverte ricordare dei giorni appena andati, oppure sarebbe più opportuno passare oltre, come se avessi frequentato con continuità questa pagina elettronica? Poiché spudoratamente questo blog è nato anche come memoria personale, o meglio, solo come tale, anche se sono felice che sia di svago per qualche amico fedele, elencherò qualcosa delle mie giornate.
- le vacanze di Natale sono state lunghissime, complici ponti eccezionali e irripetibili (solo chi sia convinto di poter sopportare il dolore controlli il calendario del 2010: solo per miracolo - della fede?- non è lavorativo anche Natale), e molto belle. Abbiamo deciso di trascinare Babi nella frenesia di una vita sregolata (qualche giorno a letto alle nove e mezza invece che alle nove), provando anche a cenare da amici, con una commovente frittura mista per 16 in cinque, e organizzando a casa nostra un festino di capodanno di tre giorni, come i matrimoni dei romanzi, con tanto di Taboo donne contro uomini (sgominati), cene e pranzi bestiali, Babi sempre più a suo agio che teneva banco costringendo tutti a guardare in basso per ovvi motivi fisici. Perfino la città, della quale uno scorcio potete ammirare in alto, era più bella, con la neve che andava e veniva, le luci diverse dalle consuete abnormi stelle comete pendenti come spade di damocle sugli ignari passanti, e la gente come un po' stufa di comprare cavolate per le feste. Noi siamo riusciti quasi del tutto a eliminare i regali; I pochi necessari sono stati comprati all'Unicef, oltre a qualche libro. Un solo pomeriggio di frenesia, il 24, tra le librerie del centro, ma frenesia moderata.
- Babi va alla grande nel parlare, e la sua compagnia è sempre più piacevole. Il suo uso dell'italiano mi ricorda un po' il mio approccio con il turco, da bambina. Avevo imparato a dire Dov'è? Ma poi speravo rispondessero Non lo so, perchè qualsiasi altra risposta mi sarebbe stata oscura. Sapevo ordinare acqua e vino, bianco o rosso, ma se mi avessero interrogata sul menu, meglio spiegarsi a gesti.
Babi chiede: dov'è quèlo? Poi non sai cos'è quèlo, e per lo più non lo puoi aiutare, visto che lui stesso ha provveduto a nasconderlo benissimo poco prima, ma è sempre bello comunicare. Babi dice arrogante: Alora: Babi pappa questo papà quèlo. Bene? E a te pare di averci definitivamente perso in autorevolezza, ma è divertente lo stesso.
- Il fanatismo ecologico che coltiva la mia anima da quando sei mesi in Germania modificarono completamente il mio rapporto con i rifiuti, tanto da farmi convivere in un monolocale con 7 sacchi diversi della spazzatura, è stato ormai lasciato libero, e passo il tempo a produrre detersivi naturali, a cui dedicherò un post a parte, e a consumare litri di detergenti comprati, che rovescerei addirittura nel lavandino, per smettere definitivamente di usarli (e utilizzare i relativi flaconi per altri intrugli), se non fosse un tantino paradossale. Chi desidera detersivi in regalo si porti una tazza e si faccia avanti. Dopo i pannolini lavabili, dopo la mooncup al posto degli assorbenti, questo è il terzo stadio. Il prossimo sarà indurre gli inquilini del palazzo a distruggerlo ad accettate per sostituirlo con un prefabbricato di legno e colla di acqua e farina.
- Tra feste comandate, ferie mie e ferie sue, sono riuscita a non vedere il Marchese de Sade, grande Kapo, per la bellezza di 22 giorni, e quanto questo abbia ritemprato il mio spirito è incalcolabile. Anche se l'inevitabilità dell'incontro, ormai prossimo, incrina la purezza della gioia.
- Ho fatto le mie prime punture. Chiappa innocente, Nonna D., che stoica fingeva che io avessi mano di fata, e che i contorcimenti di dolore dipendessero dalla paprika che ogni industria farmaceutica usa infilare nelle soluzioni iniettabili al solo fine di ridacchiare coi colleghi.
- Ho scoperto che al vecchio lavoro, da cui manco da un anno ormai, ancora ricevono dal pubblico mail a me destinate, e la cosa mi rende orgogliosa. Il risvolto inquietante, però, è che si riferiscono ad accordi intercorsi telefonicamente in giornata. Quindi: o qualcuno tra i colleghi agisce a mio nome per qualche oscuro motivo, oppure la mia nostalgia si impersonifica quotidianamente in un'impiegata solerte, pur senza riscuotere stipendi, stando alla mia banca.
- Pare che questo inverno la maledizione della neve che mi colpiva, dato ormai noto e incontrovertibile anche per i conoscenti più scettici, si sia volatilizzata tra i numerosi fiocchi che ho potuto godermi. Dal 1991 non nevicava in modo serio in mia presenza. Se accadeva nella mia città natale, ero in quella dove studiavo. Se accadeva fuori dall'università ero in visita alla vecchia nonna al paese. Se per caso nevicava in entrambe le aree geografiche, io ero in treno, e mi spostavo tra loro inseguendo la nube. Arrivavo e tutto si scioglieva. Ora è accaduto. mi sono svegliata e dalle persiane filtrava una luce bianca, unica. Io e la neve abbiamo fatto pace.

di seguito potete ammirare la mia opera La cofana.

La saggezza dei vecchi detti


I vecchi detti hanno sempre un senso, anche se a volte dubiterei, per esempio, dell'ìdea diffusa tra gli anziani che il bianco dell'arancia sia estremamente pesante per la digestione, o fregnacce simili.

Il detto a cui mi riferisco ora è: troppo spesso la gente scrive senza leggere.

Ne ho provato sulle spalle la fondatezza. Ho iniziato questo blog proprio mentre incominciavo a vivere la più grande crisi di lettura che abbia mai avuto dai 13 anni. Scrivevo, e non leggevo più, complice, come scrissi, l'abbonamento a una rivista misteriosa, e poi la stanchezza mammaria, e poi tutte quelle altre boiate che citano coloro che deliberatamente scelgono di non leggere. Per me rappresentava una discreta sofferenza. Sono piuttosto volubile nelle passioni, riguardo ai passatempi: solo la lettura mi aveva accompagnata senza sosta, e francamente, silenziosamente, incominciavo a preoccuparmi.

Ebbene: estremi rimedi. Sono ricorsa a chi sapevo non avrebbe fallito. Non ha mai fallito: Isabel Allende.

Sono consapevole che l'intero corpus della Allende non è tutto degno di nota allo stesso modo. Ma la vivo un po' come Woody Allen nel cinema: pensando solo ai suoi film, esiste il capolavoro ed esiste la vaccata pazzesca. Ma il peggior Allen è meglio del miglior chiunque. Credo che l'intelligenza e la professionalità a volte possano non sostituire, ma rimpiazzare in qualche modo l'idea geniale.

Ecco: la Allende racconta sempre qualcosa che mi commuove e soprattutto mi coinvolge, ed era quello, di cui avevo più bisogno, anche se ero perfettamente consapevole di non trovarmi certo davanti alla Casa degli Spiriti, con l'Isola sotto il mare.

Dopo la Allende, Wilkie Collins era una scelta obbligata: l'ottocento mi ha sempre tratta in salvo da me stessa. Le storie deliziosamente piane, esclusivamente narrative, prive dei contorcimenti novecenteschi (e che alla fine corrispondono alle storie del Novecento sudamericano), mi fanno respirare a pieni polmoni.
di nuovo i personaggi mi fanno compagnia, di nuovo attendo trepidante di correre a leggere a letto, la sera.

Insomma, credo di essere sulla via della guarigione. E tutto questo è accaduto contemporaneamente all'abbandono del blog. Le vacanze di Natale, ridotte possibilità di accesso a internet... poi il senso di colpa cresce, niente di divertente da raccontare nei giorni piatti di lavoro, più lavoro, e insomma tutte quelle fregnacce che inventa chi non scrive più.

Appunto: chi scrive non legge, e chi legge non scrive...