giovedì 31 marzo 2011

A scuola di orto / 3


Ed eccoci al resoconto della terza lezione di orto. Ieri le consuete domande disordinate dalla semina alla tavola hanno lasciato in parte il posto ad una lezione un po’ più progettata su pacciamatura e rotazione delle colture - fa sempre ridere immaginare una rotazione in 20 metri quadrati complessivi, è come quando abitavo in un monolocale e mostravo la casa agli ospiti accompagnandoli in una giravolta su se stessi.


Il momento clou è stato la scoperta dell’asparago: anche noi amanti del contatto col terriccio, determinati a crescere i nostri figli consapevoli di come il merluzzo non nasca impanato, lo struzzo non abbia quattro gambe e la melanzana non cresca sugli alberi, davanti all’asparago franavamo miseramente, basandoci su due misere certezze: campi intravisti dall’auto, pieni di ciuffi piumosi, e gambi croccanti, bianchi o verdi, legati a mazzi al mercato. Nessuno di noi riusciva a collegare queste due realtà in modo fruttifero, e benché inizialmente imbarazzati nel porre domande così ovvie, prendendo coraggio nel riconoscimento della reciproca ignoranza ci siamo svelati: cosa si mangia dell’asparago? La radice, come le patate? Frutti, fiori, quanti per pianta, uno? Per fare un piatto ci vogliono duemila piante?


Scoprire la verità è stato rasserenante (poiché mi immagino l’unica ignorante, la svelerò solo su richiesta per non annoiare il pubblico agrofilo), e mi ha invogliata al tentativo di coltura, ormai per il prossimo anno.

mercoledì 30 marzo 2011

Le dieci cose

In ottemperanza alle indicazioni di Saviano diolobenedica, e in memoria del magnifico CUORE, settimanale di resistenza umana che accompagnò i miei giorni di politica in erba, lascio qui le dieci cose per cui, secondo me, vale la pena di vivere.

1. una bella notizia inaspettata
2. le giornate che si allungano
3. cantare in coro il kyrie del Requiem di Mozart
4. cucinare per gli amici
5. rivedere ogni estate il mare
6. il brivido che viene all'ultima riga di un libro amato
7. vedere il mondo
8. una notte di chiacchiere tra donne
9. ridere con mio figlio e mio padre
10. baciare un uomo da sette anni con la stessa emozione

lunedì 28 marzo 2011

Viaggio IN modernità


Quando in giro, anni fa, si è iniziato a sentir attribuire un sesso alle marche di automobili in base al valore e alla cilindrata, per cui si possedeva un Ferrari, un Maserati e il BMW, ma la Uno una Duna o la Centoventisei, ho gestito come potevo (“santa Madonna, LA macchina, L’automobile!") la mia silenziosa protesta, più che per l’avvenimento in sé quale ennesimo esempio del maschilismo della nostra società, per il suono fastidioso che giungeva alle mie orecchie sentendo dire cose come “il Porche” - che tra l'altro, come non tutti sanno, essendo tedesca si pronuncia Porsce, non porsc.
Almeno il virus non si è trasferito al varo delLE navi, fino a battezzare un gommone Lucia e una nave da crociera Ludovico.

Ebbene: la malattia odierna è più diffusa, strisciante, subdola e, mi sembra, poco notata. Pare che non strida alle orecchie di nessuno, nemmeno dei sacrosanti bacchettatori dei neologismi da sms tipo ke kiakkere.
Tutte le ditte, le fabbriche, in particolare quelle grosse (e daje, il solito problema di dimensioni, infatti credo che si dica ancora “lavoro presso la Busterozzi e Frantermoni di Busto Arsizio”), hanno improvvisamente perso l’articolo, determinativo o indeterminativo che sia.

Vieni a lavorare in Ikea!
Noi in Fiat applichiamo il principio di…
Telecom ti viene incontro…
e così via, ferendo ogni volta di più le mie orecchie, immagino fino a sordità totale.

Il fenomeno mi ricorda un’amica slovacca, la cui unica incrinatura nell’uso perfetto della lingua italiana consisteva nell’eliminazione random di un articolo “non avevo fame, ho mangiato solo mela e sono uscita”.

Ma non mi illudo: immagino si tratti dell’ennesima supina inglesizzazione, in questo mondo in cui ci si ribella con violenza alle abitudini importate dai poveri migranti, ma ci si prostra con estremo piacere, con buona pace di tradizioni e radici, alle influenze ben più pervasive degli dei del consumo a cui amiamo ambire.

giovedì 24 marzo 2011

Dubbi esistenziali a colazione


- Mamma, ma la regina di Biancaneve ha le unghiette grandi grandi, vero?
- Sì, sono molto lunghe.
- Ma è perchè così può fare più ghitti (solletico, ndt)?
- Anche, ma non credo che sia il tipo di trattamento che preferisca infliggere ai nemici.
- E può anche arrampicarsi sugli alberi?

lunedì 21 marzo 2011

Programmazione compulsiva


Squill.
- Ciao Marito, dimmi.
- Sai, stavo pensando che sabato potremmo anche portare nonna D. al parco, così si stravia, vede giocare il bambino…
- Giusto, bella idea!
- E poi pensavo al compleanno di nonno G, al regalo..
- Sì, Marito. Ne parliamo a casa, abbiamo tempo fino a fine maggio.
- Cosa dirò al mio capo al momento del rinnovo del contratto?
- Accadrà ad agosto, amore.
- Ma quando cambieranno il tasso d’interesse, dovremmo rinegoziare il mutuo..
- Staremo con gli occhi aperti.
- …
- …
- Dell’università di Babi, ne parliamo stasera.

venerdì 18 marzo 2011

A scuola di orto / 2


Nonostante la varicella di Babi, che mi ha tenuta per l’ennesima volta in uno stato di grazia casalingo, lontano dall’antro lavorativo della Bestia, mercoledì sera ero puntuale a lezione di orto. Se la mia speranza era di essere presa per mano e condotta passo passo, settimana per settimana, nell’allestimento di un piccolo paradiso (ecco, cara, qui pianta due semi per buchino, e mettici vicino il prezzemolo, vedrai che scorrerà amore; siete tutti pronti? Domani sarchiamo!), devo ricredermi.
- Cosa sono queste larve nauseanti che sto estraendo dalla borsetta di Gucci?
- Ho trovato dei buchini a forma di cuore sulle foglie delle patate.
- E non è niente, le mie patate erano a forma di stella cometa..
- Quando concimare i meloni?
- Che fare per avere zucche da concorso?
- Peronospora? Ce l’ho. - Ma non hai ancora ortaggi. - Comunque ho la peronospora.
- Quando devo raccogliere le melanzane?
- Se ci va tutto a puttane, lei vende i suoi ortaggi?

Angosciata come sul lettino dello psicoanalista allo scadere del tempo concesso, ho alzato la mano dichiarandomi nel panico. “Io ho messo il letame maturo e ho piantato i miei piselli. La prego, mi dia i compiti per casa!”
Ora so.
Appena si asciuga il terreno (non toccate il terreno bagnato! Andate a giocare a carte! E così mi tocca imparare la briscola, cosa non si fa per due zucchine) spargerò solfato di potassio magnesiaco a piene mani, e poi insalate da taglio a tanfon!

Persone serie


- Mamma, non mi piace la bella addormentata nel bosco, c’è quella donna cattiva e non capisco perché il nonno G. mi abbia portato questo film con gente cattiva. Perché il nonno ha portato questo film pieno di gente cattiva, mamma?
- Mamma, vai avanti col telecomando, la matrigna di cenerentola è cattiva, ed è tutto buio.
- Mamma, perché Brontolo è cattivo?
- Mamma, metti il libro della giungla, ma non voglio il finale, quando Mowgli se ne va nel villaggio degli uomini, perché Baloo lo guarda in un modo cattivo

Babi, cattivo e arrabbiato non sono la stessa cosa; anche tu sei arrabbiato, a volte! Anche la mamma e il papà, ma non per questo sono cattivi!

- Mamma, perché il re leone è arrabbiato?
- Non farmi vedere Lilli e il Vagabondo, che spesso quello grigio è arrabbiato.

Babi, non c’è niente di male nell’essere arrabbiati, e poi a volte ti spaventi solo perché i personaggi non sorridono, sono seri. A volte le persone sono solo serie.

- (…)
- Mamma, la spada nella roccia no, ci sono troppe persone serie.

E così sono arrivata alla soluzione: lo metterò davanti al question time alla Camera. La percentuale di persone serie, lì dentro, è assolutamente sotto controllo.

giovedì 10 marzo 2011

A scuola di orto / 1


Ieri corso di orto.

E lo so, l’obiezione unanime è: che corso e corso, ti presto io mio padre/nonno/suocero che ti insegna tutto quanto devi sapere!

E la risposta è: non posso pretendere che il padre/nonno/suocero mi impartisca insegnamenti dal vivo razzolando tra le semine dalle otto alle dieci e mezza di sera, unico momento che posso dedicare all’apprendimento.


Dunque mi sono iscritta a un corso vero e proprio, con tanto di tecnico dell’agricoltura biologica come maestro. Come compagni, qualche velleitario alle prime armi con alcuni metri quadri d'erba come me, qualcuno che si è trovato in eredità un orto e centinaia di consigli contraddittori dei vicini di casa, e qualche detentore di aiuola pensile fatta per l’ottanta per cento di laterizi e per il venti di terra argillosa, che spera in un qualsiasi raccolto. Anche uno solo. Un pomodoro sarebbe magnifico.

In questi mesi ho letto tanti libri sull’argomento che potrei definirmi teorica della vanga, cosa assolutamente contro natura nonché sommamente inutile. Il fatto che ieri sera anche il docente si tenesse sul vago mi preoccupava, era come leggere un audiolibro.

Ma poi la situazione si è scatenata, tra una signora che chiedeva insistentemente: sì, ma quando concimo? E un’altra che promuoveva l’escremento di pollo, e uno che lanciava luoghi comuni in lingua madre, un altro che si chiedeva che faccia abbia il compost, e chi consigliava di concimare con pollina (cacca di piccole galline?) e l’amica T. che riteneva, in tre metri quadri di terreno, di essere vittima di tutti i parassiti e tutte le infestanti tipiche del tropico del cancro: grillo talpa? Ce l’ho, come con la tombola.


Insomma, ho scoperto che devo muovermi a zappettare, e che se necessito di piselli, è il momento di piantarli. Obbedisco.

mercoledì 9 marzo 2011

Another fucking beautiful day


Non ho mai amato il mio lavoro, come già mi trovai a dire in vecchi post.
Con un punto di partenza come questo, l’atmosfera complessiva fa la differenza circa la volontà di sedersi alla triste sedia o cercare un appiglio per una fune con nodo scorsoio, come la vecchietta nell’aereo più pazzo del mondo, che preferisce la morte ad una conversazione noiosa.
Ebbene: oggi sono rimasta undici minuti sul corridoio, fuori dalla porta dell’ufficio, seduta su una cassettiere metallica beige con i piedi penzolanti alla Brunetta, canterellando The blower’s daughter di Damien Rice, alla ricerca del coraggio di entrare.
Se qualcuno ha in mente una scena più deprimente per cominciare una mattina di sole, me la descriva: la metterò in scena domani.

Meno male che l’orto c’è. Stiamo distribuendo mattoni a far sentieri, e vedere un risultato terrigno scaturire dalle mie mani addolcisce l’angoscia.

martedì 8 marzo 2011

Ma è così importante saper leggere?


Mia nonna O., da brava maestra, mi aveva insegnato a leggere prima dell'inizio della scuola, indicandomi tutte le insegne dei negozi, durante le nostre passeggiate.
Mi sembra molto romantico aver imparato a distinguere per prime le lettere che compongono i mestieri, i nomi dei concittadini, e ricordo una cantilena di "drogheria Mussi, farmacia, sarto, studio geometra Rani, ristorante al fabbro..." che si srotolava sul nostro percorso abituale.
Avevo pensato di fare così anche con Babi.
Ma poi mi sono resa conto che ora il povero bambino imparerebbe a leggere:
golosandia
la boutique del lenzuolo
intimissimi
calzedonia
te la do io la merenda
pizzeria si può non si può
paradiso del mattone
Mondo pane
Al solito posto
Erboristeria felce e mirtillo

E così la modernità ha reso inadeguato anche il metodo della nonna.

lunedì 7 marzo 2011

Dimenticavo


Libri, libri. Questa mia lunga assenza tonsillitica, mista al panico da post vuoto che segue ogni silenzio imposto, alimenta il rischio di dimenticare le mie letture, disperdendo così un diario di autoaiuto alla memoria di una certa importanza per la scrivente impiegata.

Dunque: ho finito la Vargas, Chi è morto alzi la mano. Avevo detto in precedenza che le avrei lasciato questa possibilità di redimersi ai miei occhi (me la immagino, la Vargas: e chissenefrega, nun ce lo metti?), e qui la scrittura, a mio parere, è inferiore al libro precedente, in cui mi aveva colpita particolarmente, ma la trama è più interessante; ammetto di essere arrivata alla fine piena di ipotesi e domande come dovrebbe accadere leggendo un buon giallo.
Poi ricordo di aver di nuovo appoggiato sul comodino i cinque volumi di Gardening, rileggendoli quasi integralmente nella speranza di veder infusa in me l’arte del buon giardiniere, nonostante il cortile mi guardasse con rassegnata disperazione.
A tempo perso ho letto vari Venerdì della Repubblica ed Espressi, bravi come pochi ad allontanarmi dalla letteratura, e poi un libro che non ricordo in questo momento, e che spero di ritrovare al capezzale.
Ora sono china (nell’ottocento non si può che esser chini, vista la qualità delle lenti e dell’illuminazione) su Dickens, che rimane il mio porto, la mia culla, pur impregnata di fuliggine e cattiveria umana.

Come non dire: l'avevo detto?


Come ci si sente, nella posizione di poter dire a un professore di psicopatologia dello sviluppo presso il dipartimento di psichiatria e psicologia sperimentale e direttore del Centro di ricerca sull'autismo dell'università di Cambridge che invece di trascorrere anni a elaborare una teoria sulle origini dell’autismo avrebbe potuto semplicemente trascorrere un fine settimana in compagnia mia e dei miei amici? Velo dico io: ci si sente immensamente intelligenti.

Ho sempre pensato (e diffuso a gran voce per strade e osterie, perdendo definitivamente la possibilità di attribuirmi la paternità della scoperta, come Meucci) che:
- nel maschio sia sempre presente una certa percentuale di autismo
- nello scienziato la cosa raggiunga livelli quasi preoccupanti.

L’altro giorno mi siedo davanti a Rai Storia, e mi trovo ad ascoltare i risultati di alcuni studi effettuati da Simon Baron Cohen (no, non Sacha Baron Cohen) e dalla sua equipe:
L'autismo è collegato ad un certo grado di incapacità a sviluppare la consapevolezza di cosa possa esserci nella mente di un altro essere umano, la capacità di condividere le esperienze, osservando oggetti o eventi, seguendo uno sguardo o un gesto di puntamento.
E fin qui vabbè.
Il diverso bilanciamento nel cervello di diversi individui di capacità di empatia - cervello di tipo E (capace di riconoscere pensieri e sentimenti degli altri e reagire in modo opportuno a questi) - e di sistematizzazione - cervello di tipo S - (incline alla comprensione e all'elaborazione di sistemi, dalle macchine alle strutture astratte) permetterebbe di comprendere le tipiche differenze psicologiche tra i generi.
Do’h.
La teoria ipotizza che, nell'ambito delle società di cacciatori e raccoglitori, abbiano rappresentato un vantaggio evolutivo rispettivamente l'empatia per le donne e la sistematizzazione per gli uomini. In questo senso, l'autismo rappresenterebbe una forma estrema di "cervello maschile", con capacità di empatia mancante o deficitaria, associata ad una capacità di sistematizzazione completa o superiore.
Aha.

La teoria del "cervello estremamente maschile" ("EMB") ipotizza che la causa dell'autismo possa essere a livello biologico una iper-mascolinizzazione.
E vai.

Dunque, a scolpire selci fino a trasformarle in punte di lance, non sono stati certo coloro che facevano salotto intorno al fuoco della caverna arrostendo istrici, ma quelli che, in disparte, non capivano il senso ultimo di quel gozzovigliare.

L’asseverazione scientifica del vagheggiare della mia mente, comunque, mi aiuta a mettermi finalmente il cuore in pace: visto il mio enorme talento nel radunare gente intorno a un tavolo estraendo istrici dal freezer ad ogni ora del giorno e della notte, è sensato che non stia combinando un cavolo, nella vita.

Statistiche


- Mamma, sai che Agostino ha il pisellino un po’ grande?
- Ha il pisellino più grande degli altri bambini?
- Mah, un po’ grande…
- L’hai visto quando a scuola fate tutti la pipì?
- Sì…ma insomma, grande…è un po’ piccolo (mimando con le dita l’altezza di una perla di fiume)

Non ho approfondito se Agostino fosse o meno dotato. Ho escluso che le maestre promuovano queste competizioni. Mi auguro che Marito, da uomo moderno e assennato, non passi il tempo con Babi a focalizzare la sua attenzione su dimensioni irrilevanti per una serena vita sessuale. Dunque non posso che concludere che questa folle attenzione alle misure abbia origini genetiche, o meglio, origini maschilmente modificate.