giovedì 27 aprile 2023

Confessioni linguistiche

L'altro giorno ricordavo un articolo di alcuni anni fa, in un quotidiano padovano, che si riferiva al tram appena avviato in città, con gran orgoglio di amministrazione e cittadini. 
Il giornale spiegava che nella splendida piazza di Prato della Valle, al fine di non guastarne l'estetica con cavi sospesi in ogni dove, avevano deciso che il tram dovesse trarre la propria energia non dal cielo, bensì dalle rotaie elettrificate, e dunque il pantografo, giunto alla piazza, si abbassava sul tetto dei vagoni per rialzarsi una volta compiuta la traversata ricollegandosi ai cavi. Solo che il giornale, invece di nominarlo pantografo, decise di definirlo "plantigrado". Ah, vecchio e sottovalutato mestiere del correttore di bozze! Da allora, ogni volta che prendo il tram, non riesco a liberarmi dell'immagine di un orso bruno che siede pigramente sul tetto, attaccato ai cavi sospesi allo stesso modo in cui mille impiegati si appendono ai sostegni all'interno dell'abitacolo per salvarsi dal proprio sonno mattutino. Quando il tram imbocca Prato della Valle, l'orso molla i cavi e si siede pesantemente, con un sospiro, sfogliando un giallo Mondadori. 

Tutto questo riporta al fascino delle parole che fin da bambini impariamo sbagliate, e a quello del significato travisato che diamo ai modi di dire, trascinando pateticamente queste lacune fino all’età della vergogna. Quanto segue è ciò che è scaturito da una seduta di psicanalisi collettiva di molto tempo fa:

 A caval donato non si guarda in bocca: nel paese di Caval Donato, sito nei dintorni di San Donà di Piave, è prassi evitare di soffermare lo sguardo sulle gengive delle persone mentre ti fanno un regalo.

Se non è zuppa è pan Pagnacco: se non è minestra troverete la soluzione in una ricetta tradizionale del paese friulano.

Sono afferrato sull'argomento: immagino significhi che il coinvolgimento è tale da sentirmi quasi soffocare. D'altra parte, l'argomento lo conosco a meladito, con psicanalitici richiami alla strega di Biancaneve e alle sue discutibili offerte. 

I maldidenti sono criminali con la spiccata passione per assaltare le diligenze che si recano a ovest, così chiamati per l’abitudine di coprire il volto con lo stesso fazzoletto che stringono intorno alla mandibola quando cercano il dentista con urgenza, cosa che accade di frequente qualora il bottino sia composto da orsetti gommosi.

Arteggiamento: atteggiamento in qualche modo artefatto, o così originale da meritare di diventare un'installazione. 

Sul cappello che noi portiamo c’è una lunga penna nera, che ci serve da bandiera su pei monti a veleggiar: che dire, penso sia della famiglia di "Signore delle Cime", intese come corde nautiche. Si rifanno a quando le Dolomiti erano sommerse.

Le prostitute di alto borgo se le possono permettere solo coloro che vivono all’apice della scala mobile, sulle colline intorno a Moruzzo.

Vivere all’addiaccio è molto dura, immaginate solo come deve essere vivere all’agghiaccio, per non parlare di quanto sia abietto l’abbiaccio.

Tutto apposto. Ovvero: ogni timbro è stato debitamente inchiostrato e in seguito premuto, esattamente come doveva andare. 

E infine, quello che secondo me merita lo scettro dello scempio sublime: non nominare il nome di Dio Ivano.


Tutto questo omettendo le canzoni che si imparano sbagliate, cantando a squarciagola mentre gli amici sbigottiti tacciono, senza il coraggio di disilluderti. 
Se anche voi celate impietose interpretazioni di una o svariate parole della nostra lingua, è il momento di venire allo scoperto, eventualmente sotto la protezione della radicata associazione degli MA (Machecaz...Anonimi).


 

lunedì 24 aprile 2023

Bignami critico

Dunque qui si parla di un blog che tratta delle pagine che leggo, oltre a quelle che vivo: l’ho letto nell’intestazione, e tocca recuperarle, quelle pagine. Almeno dall’inizio dell’anno. 
Ho due possibilità: 
1) fare una foto dei libri, tutti impilati, scrivendo uno scarno voto, dall’alto al basso, senza alcuna motivazione, come fa Cattelan (per lo meno prima di fondare una personale casa editrice).
Chissà cosa pensa un romanziere, al riguardo. Se trovi più doloroso essere stroncato nel dettaglio o così, come per un tema scritto per forza in seconda liceo.
1°. 5
2°. 8
3°. 7
E così via. Ma questa soluzione comporta un problema serio, dovuto al mio leggere eBook. La fotografia dei libri impilati ne sarebbe gravemente compromessa.

2) soffermarmi solo su quelli che abbiano riscosso la mia incondizionata stima. Devo dire che questo inizio anno non è stato fortunato, sul piano letterario. Ho letto cose appena decenti e perfino qualcosa di improponibile. Ho perfino esercitato il terzo diritto di Pennac, quello di non finire un libro, che uso con molta parsimonia, sentendo sempre quel sordo senso di colpa di colei che ha fallito, come se tutte le parole scritte al mondo avessero lo stesso rilievo e fossi io a non coglierlo. Diciamo che è stato solo un pugno di libri, a risvegliare le mie interiora e farmi scricchiolare le ossa: tre su undici.

Tara Westover, L’educazione. L’incredibile vita, dalla sottomissione al riscatto, di una ragazza di famiglia mormona sui monti dell’Idaho. La fede cieca del padre (che non si esclude sia anche bipolare, e questo fa riflettere su come il fanatismo si intrecci con la malattia mentale rendendo “accettabile” un pensiero completamente squilibrato) diventa crudeltà, rigidità, mancanza di pietà per i suoi stessi figli. Il complottismo paterno impedisce loro di andare a scuola, li trascina in lavori pericolosissimi, vieta le cure ospedaliere, e soprattutto è così totalizzante da far sentire i figli ingrati e sbagliati, se non accettano incondizionatamente questi soprusi come volontà di Dio. Quello che più mi ha colpita, di questa storia realmente vissuta dalla protagonista, è stata la narrazione distaccata, quasi serena e rassegnata, della griglia di violenze e bugie in cui è cresciuta, che rende il racconto ancora più vero e terribile. 

Mario Calabresi, Quello che non ti dicono. Calabresi torna a indagare un periodo che si era ripromesso di non frequentare mai più, dopo il libro autobiografico per il quale aveva analizzato e studiato lungamente gli anni di piombo. Invece, a causa di un insieme di eventi molto singolare, ci ritorna, per raccontare l’assassinio di Carlo Saronio, nel 1975. A chiedergli di farlo sono la figlia e il nipote di Carlo, all’epoca bambini (la figlia è nata otto mesi dopo, non conoscerà mai il padre), per rompere il muro di silenzio che l’intera famiglia ha costruito, incapace di metabolizzare quanto è successo, e forse l’epoca intera. Calabresi decide di aiutarli e ricostruisce la vita di questo ragazzo della Milano bene, pieno di ideali di giustizia sociale e di sensi di colpa per la sua condizione di privilegiato, che proprio per questo si fa coinvolgere in situazioni che non fanno che distoglierlo dalla missione della sua vita, incastrandolo nella violenza con cui molti identificavano l'unica soluzione. E, alla fine, portandolo anche alla morte, per mano di un sedicente amico. Un doveroso viaggio in un'epoca i cui echi ancora ci riguardano tutti, anche inconsapevolmente. Tanto vale esserne un po' più consapevoli. 

Ian Leslie, Bugiardi nati. Perché non possiamo vivere senza mentire. L'autore scandaglia le bugie, la loro storia, le loro motivazioni, le loro funzioni. D'altra parte, tra i comandamenti, o imperativi morali condivisi, se preferiamo, non dire falsa testimonianza è l'unico che tutti violiamo regolarmente, e con entusiasmo, basti pensare a "che bel regalo, grazie!", per quieto vivere, per non irritare o dispiacere, o per le buone maniere che impariamo già nella prima infanzia. L'autore illustra nel suo studio come mentire, tendenza umana universale, sia stato tra i motori evolutivi della specie; che i grandi bugiardi sono grandi decifratori del comportamento umano; che dire bugie non è una patologia o una stortura da eliminare, ma un aspetto fondamentale della nostra natura, della complessità intellettuale dell'essere umano; che ingannare sé stessi sulle proprie capacità è il comportamento abituale di coloro che avranno più successo nel lavoro, una salute più solida e rapporti più sereni, come tra l'altro dice George Bernard Shaw: "Le persone ragionevoli si adattano al mondo, le persone irragionevoli tentano di adattare il mondo a sé. Tutto il progresso, dunque, dipende dalle persone irragionevoli". 
Una parte molto divertente del libro è quella in cui Leslie si sofferma sull'effetto placebo e su molti studi scientifici sull'argomento. A un certo punto parla del colore delle pillole somministrate per diverse malattie. Pare che, a parità di principio attivo (o perfino in assenza dello stesso), il colore incida sulla potenzialità di guarigione del farmaco, come tra l'altro la dimensione, la frequenza di assunzione e il costo, in base alla tipologia di malattia. Per esempio, la depressione si cura più efficacemente con le pillole gialle. L'ansia con quelle verdi. I dolori dell'ulcera con quelle bianche. L'insonnia con le pillole azzurre, ma con una sconcertante eccezione. In Italia, unico caso al mondo, esiste una fondamentale differenza di genere: le donne trovano molto giovamento nelle pillole azzurre, per gli uomini invece queste tendono a funzionare meno rispetto a quelle di altri colori. L'ipotesi (solo formulata, non dimostrata) fornita dagli autori di uno di questi studi è che essendo azzurro il colore delle varie nazionali sportive, questo non induca il sonno nei maschi italiani, ma più probabilmente eccitazione e predisposizione al tifo. Non so se invece vi sia un collegamento con il Viagra, ma dovrebbe riguardare anche maschi di altre nazioni. Mi auguro. 

mercoledì 19 aprile 2023

Confusione Seria, Mentale

Ancora non sono abituata agli occhiali. Da giovane mi pareva fossero una cosa fighissima, come quando la prof li abbassa sul naso e percorre l'elenco sul registro, soffermandosi per puro sadismo a far tremare ora quelli con la T, ora quelli con la B, e creando molta confusione tra quelli dalla E alla L, che giacciono in mezzo, indistinti e spauriti. 

Ora non mi sembrano più una cosa fighissima: nauseata per lunghi mesi, incapace di abituarmi all'alterazione che provocano nelle meningi quando li inforchi le prime volte; preda di giramenti di testa quando mi alzo con decisione, dimentica dell'orpello, e pretendo di camminare con le lenti che userei per leggere lo smartphone; costretta ad abbassarli sul naso quando qualcuno mi parla, distogliendomi dalla lettura, finendo per assomigliare alla regina Grimilde quando è in down e cerca di smerciare mele.  

E poi accade anche questo. Provata dalla giornata, mi siedo alla scrivania e li metto sospirando, perché del testo davanti a me vedo tanti trattini neri, un po' come un trapper che legge uno spartito. Però non accade niente. Trattini nebbiosi. 

La mente percorre ogni possibilità: oddio, devo cambiare di nuovo occhiali; oddio sono così sfinita? Oddio sto diventando cieca. Salvo una, che temo rilevante: sono gli occhiali da sole.

martedì 18 aprile 2023

A volte tornano

E' strano, prendere tutto un malloppo di passato, di quando la prole ti saltellava intorno in una condizione di totale dipendenza, tenerlo lì sotto e tentare di proporre qualcosa di molto diverso, che sì, viene da quella roba lì, da quelle esperienze, ma per certi versi è di nuovo una vita più simile a quella da giovani e per altri son giornate da vecchi perennemente stanchi e acciaccati. Fatto sta che in questi anni di silenzio, nei quali non mi nutrivo di scrittura, io continuavo a pensarci, a questo diario che restava solo nella rete, sconosciuto ai più e giustamente dimenticato dai pochi, tra altri milioni di diari e che conteneva cose che per me erano importanti: mi avrebbe per esempio impedito di dimenticare molti giorni. Quindi è sempre stata rassicurante, l'idea che da qualche parte ci fosse; che, come pare accada per le foto imbarazzanti, la rete prima o poi restituisca ogni cosa (tranne le tesi di laurea cancellate per errore, che invece finiscono in un universo parallelo dal quale non si torna). Questi racconti, qui sotto, mi tengono per certi versi ancorata a quella vita, con un bambino piccolo, all'asilo e all'inizio della primaria, quando i pomeriggi erano spesso fatti di mutuo soccorso tra madri, dopo scuola a lasciar sfogare i pargoli; era incredibile, quante cose delle reciproche vite si finiva per conoscere, fuori dalla scuola col sole e col freddo boia, a consolarsi e consultarsi a vicenda. Ora, madri di adolescenti, non ci si conosce più, tra famiglie della classe del liceo, e si finisce per avere più tempo, ma socialità meno assidua, salvo recuperare quella della gioventù, sempre che si sia stati abbastanza saggi da mantenerne degli scampoli. Tutto questo per dire: l'impulso impera! Ricomincio a scrivere: qui le mie letture, o le giornate che può valere la pena di ricordare e condividere con gli amici. E altrove (sarò più precisa a breve) i miei viaggi, dato che mi è stato detto che era un peccato, che tutta la mia programmazione ossessivo-compulsiva-certosina restasse confinata in un quaderno A5 invece che a disposizione dell'umanità (i venticinque lettori di manzoniana memoria). Quindi coraggio, ricominciamo.