giovedì 29 ottobre 2009

Nuvole per chiappe


Ieri la famiglia Dormimale si è recata piena di speranza in un negozio chiamato “Non solo letti”, poiché il materasso su cui posa ora le leggiadre chiappe deve essere stato costruito in un cantiere edile, e con tutta probabilità vi trova spazio anche un uomo d’onore, murato al suo interno.
Da mesi, ormai, io e Marito ci svegliamo tra i lamenti, schiena a 90 gradi, sciatica vibrante, piede asinino e spalla del lottatore. E abbiamo deciso di dire basta.

Mai recarsi con un babi in un negozio di materassi, tanto più se possiede anche poltrone reclinabili radiocomandate. Se poi il proprietario ha appena perso una causa perché alcuni mesi prima l’unico spigolo del negozio ha ben pensato di stamparsi in mezzo alla fronte di un altro bambino, i cui genitori erano avvocati annoiati, potremmo dire che non ci trovavamo al posto giusto al momento giusto.
In ogni caso, tra urla e strepiti infantili abbiamo appreso da un sudaticcio e angosciato negoziante che il lattice ormai è out; che per imprimere le nostre impronte in modo indelebile sulle lenzuola, depositando membra affaticate su nuvole di comprensione, l’ideale è un materiale che sembra una spugna da piatti con il prezzo di un servizio di calici Riedel, che sicuramente tra qualche anno si scoprirà essere estremamente tossico; che per la cervicale è necessario dormire su una sorta di montagna russa di plastica morbida che appiattisce la colonna vertebrale a scapito di tutto il resto.
Siamo usciti con un preventivo deprimente, e ci siamo ripromessi di fare il giro di negozi e di opinioni che distingue il compratore intelligente dal solo compratore, ma anche dal solo intelligente.
Chissà perché, questa mattina i dolori erano spariti.

mercoledì 28 ottobre 2009

Vagamente demenziale


Affidabili informatori mi dicono di un posto di lavoro pubblico, qui nel nordest, in cui accadono cose che accadono dappertutto: non ci sono più soldi per gli ordini, come ogni fine anno. Il servizio fornito è indecente, i dipendenti sono scontenti, i rapporti interpersonali un incubo.
Ma non loro non si rassegnano, e ora andrà tutto meglio. Perché, per dare impulso al rapporto col cliente, sono state acquistate con urgenza 5000 spille con su scritto:
“è vietato rispondere che qui si è sempre fatto così”.

Svariate premiate ditte fremono: com’è possibile che non ci abbiamo pensato prima noi?

martedì 27 ottobre 2009

Mi presento


E’ normale, tutto questo sollievo solo perché sento i passi del grande Kapo che senza esitare sulla maniglia passano oltre la mia porta?
Non trovandomi nottetempo nascosta in una stanza d’albergo a frugare tra le carte estratte da un cassetto chiuso a chiave,
non trovandomi dietro la tenda di una doccia mentre cerco di fuggire da un maniaco omicida machetemunito,
non trovandomi a strisciare fuori da una trincea per cercare di tagliare il filo spinato nemico,
o davanti a un PC a forzare password per carpire segreti bancari,
direi di no.
Non è normale.
Ma questo fatto rappresenta l’emozione più forte della mia giornata lavorativa.

Domenica di sole


Domenica di voto, di file al seggio, spiando le espressioni degli altri, e leggendo una certa festosità nel ritrovarsi a fare democrazia. Commovente, ho detto a Marito, ricordando ricordi non miei, racconti dei miei genitori che hanno vissuto epoche ben più entusiastiche e solidali. Commovente, ha detto nonno G, la sera al telefono, la gente che non esaurisce mai pazienza e fiducia. Emozionante, ha detto nonna D il giorno dopo, riconoscersi nelle facce della gente.
E poi: in Italia, leggere saggi è come leggere gialli.

Non è un paese per giovani


La premiata ditta possedeva un archivio della documentazione amministrativa. Trent’anni fa. Poi hanno ammazzato l’archivista, pare, per allenarsi ad ammazzare il direttore: son partiti dal basso. Ma dico io: bisogna puntare alto dall’inizio! Vuoi mettere, il danno?
Comunque: come se nessuno si fosse accorto del povero cadavere riverso tra le scartoffie, per trent’anni si è continuato a portare documenti all’”archivio”. E a lasciarli lì, in multistrato, come se si trattasse di una compostiera, e ne potesse prima o poi scaturire del fertile terriccio.
Si sono ricreduti solo recentemente, e hanno deciso che un archivio deve essere dignitoso, ma non nel senso di consultabile: solo inscatolato su bancali con la data di scadenza ben impressa davanti.

Hanno chiamato noi, a stabilire cosa si dovesse e non si dovesse salvare. Chi meglio di una serie di persone che lavora qui da meno di un anno può avere il polso della rilevanza delle carte? O ancora, chi meglio degli ultimi, per fare mestieri demenziali senza lamentarsi?
Se la sono voluta. Da trenta bancali ne è rimasto uno, a conservazione illimitata, naturalmente impossibile da consultare.
Come impossibili da verificare sono gli altri ventinove bancali avviati al macero con appuntato un elenco che descrive quello che dovrebbe esserci dentro, e omette alcune cose che non sapevamo definire. Ops.
Se la sono voluta.

Unica nota di saggezza, i sospiri dei colleghi più anziani, che passavano a dare un’occhiata quando una pratica risultava impossibile da classificare; essi pensavano a quanto tempo, quanto sudore, quanti litigi e incomprensioni erano costate quelle carte da macero.

martedì 20 ottobre 2009

Ufficio informazioni


Ieri è stato uno di quei giorni in cui si imparano cose proprio malgrado, per pura osmosi con la saggezza della vita.
Intendo lasciare traccia di ciò che ho imparato, perché i miei neuroni si ribellano alle informazioni eccessivamente utili, trattenendo invece con ostinazione le date di nascita di Joey Tempest e di Boy George.
- gli ospedali talora hanno bisogno di ordinare “schizzettoni”, per il modico prezzo di 85 € l’uno;
- non bisogna mai confondere pezzi e confezioni che li contengono, perché ritrovarsi con 6000 confezioni di maniche in tnt, ognuna contenente 1000 pezzi, può risultare spazialmente straripante e economicamente svantaggioso
- mio figlio, all’asilo nido, viene spesso colto dal raptus di spogliarsi, e si toglie tutti gli indumenti pannolino compreso per poi razzolare senza pentimento alcuno per i corridoi.
- il cloro nelle piscine è estremamente pericoloso per il sistema respiratorio dei bebè, dunque i frequentatissimi e pubblicizzatissimi “corsi di acquaticità”, senza i quali tuo figlio pare condannato a osservare a vita dalla riva, sono assolutamente sconsigliati almeno fino a tre anni. Naturalmente ne abbiamo già frequentato uno, per non farci mancare niente, nemmeno l'asma.
- la televisione è una dei possibili responsabili della Sindrome da Deficit di Attenzione e da Iperattività /adhd), anche nella seguente quantità: titoli del TG3 delle 19.00. Meno male che babi guarda la tv con l’interesse con cui guarda uno stendino, che presenta un fascino infinitamente inferiore a quello del bidet (acqua!), del microonde (bottoni!), del seggiolone (bungee jumping!)
- la diavolina è figlia del Demonio, respirarla è peggio che introdurre un neonato prematuro in una piscina olimpionica. Per accendere il fuoco, d’ora in poi, solo sfregamento fanatico di stecchini o una sorta di sigaro peloso color vomito inventato dagli assertori dell’informazione appena diffusa.

Poche parole, ma folli


- Salve, sono l'ufficio Formazione della tua Azienda, ti sei iscritta a un corso di excel avanzato per il 9 novembre, ma non esiste.
- ...
- La data esatta è il 16, ti preghiamo di ricompilare il modulo con la data giusta.

- Pronto, una tua collega mi ha appena chiamata per dirmi che mi sono iscritta con la data sbagliata, ma è quella che io vedo sul vostro modulo informativo delle attività di novembre.
- Infatti, la data in cui ti sei iscritta è giusta, solo che il corso è completo.
- Allora devo ricompilare il modulo per iscrivermi il 16?
- Ma il 16 non c'è nessun corso!
-Ma la tua collega...non importa. Dimmi solo quando devo iscrivermi.
- Il 14 dicembre, che ne dici?

Bucolici


Questo fine settimana siamo andati per la seconda volta, dalla nascita di babi, nella casetta che possediamo oltre numerosi tornanti carsici che imitano ripidi pendii verso le Alpi, per poi lasciar scoprire al viandante nauseato, con tanto di cartello, di trovarsi a soli 420 metri s.l.m.
Alle origini, e fino agli anni ’60, la casa era una stalla, l’attuale deposito degli attrezzi era la casa in cui il contadino ramingo e sicuramente puzzone filava formaggi impregnando le pareti di grasso resistente a qualsiasi intonaco nello spazio complessivo di 4 metri quadri, forse 5, dove trovava posto anche un camino, una cappa e, immagino, un fetido pagliericcio.
Nella stalla lì vicino, alcune mucche pasciute ruttavano fieno muggendo del più e del meno e ricordando antenati più famosi che scaldavano ad alito ben altro giaciglio.

Cruda: così era la vera vita campagnola, altro che le leziosità dell’Albero degli zoccoli, in cui da un tronco secolare riuscivano a tirare fuori a malapena una ciabatta, a forza di tirare accettate con gli occhi pieni di lacrime di commozione.

Tornando alla modernità, i miei genitori, davanti a una situazione di questo tipo, hanno ben pensato di rinunciare alle mucche (il contadino era spirato, probabilmente dopo aver preso atto della qualità della sua vita rispetto a quella delle bestiole), e di organizzare una casa in cui la zona feste occupasse la stalla, la zona notte il fienile. Si sono poi imposti di cedere al lusso di un bagno, e perfino di una stanza del fogolar, camino friulano caratterizzato da una enorme cappa centrale circondata da panche atte al canto con chitarra e all’arrostir castagne.
La cappa doveva, secondo tradizione, avere la forma della cima di un campanile ortodosso, ma coloro che se ne occuparono immaginarono piuttosto un cartoccio rovesciato di patatine fritte. L’effetto è senza dubbio originale, e la creatura fa parte della famiglia, con tutti i ghiri, gli scorpioni, i ragni che la abitano con amore.

Stiamo prendendo possesso della casa solo col freddo, perché le zecche sono aumentate a dismisura nella zona, utilizzando gli animali selvatici come trasporto pubblico e mio figlio come capolinea. Infatti, il 2 giugno 2008, una sola giornata in montagna ci costò una settimana di antibiotici a un babi di due mesi.
Ora procediamo a piccoli passi, scuotendo il babi, infilandogli i calzoni nei calzetti, e inventandoci una serie di altre precauzioni.
Perché stare lassù è fantastico.

venerdì 16 ottobre 2009

esperienze estreme


Il nostro nume tutelare indù, la babysitter, è ormai di casa il sabato mattina, quando noi giochiamo agli snob e usciamo con l’aria annoiata verso un campo da tennis che dopo la nostra prestazione professionale sembra Custoza il 27 luglio 1848.
Ieri, però, con il losco fine di sperimentare se ce la faremo ad andare allo spettacolo di Corrado Guzzanti tra qualche settimana, l’abbiamo chiamata di sera, affinché provasse ad addormentare la creatura in nostra assenza.
Babi giocava con me sul divano, ridevamo come matti della ipotetica puzza dei suoi piedi (su questo lo imbroglio, per abituarlo a curarsi prima dell’adolescenza), e il Nume è entrato, portando con sé la sicumera che sempre ostentano coi bambini le babysitter, e un alito di una certa pregnanza all’aroma d’aglio, che sicuramente avrebbe avuto un ruolo importante nel far cadere addormentato il piccolo.
Babi ci ha guardati: ecco, il tranello. Avrei dovuto sospettarlo. Ridi, ridi, fidati dei genitori..
Questo esprimevano i suoi occhi, prima ancora delle sue abilità vocali, per ora limitate a una trentina di parole.
E così è rimasto, forse anche intontito dall’aglio, fino alla nostra uscita. Non un pianto, non una parola o un sorriso.

Ho passato due ore e mezza piene di aghi di pino in bocca, anche se doveva trattarsi di pizza, serata fatta di cena e chiacchere a casa di nonna D con una sua amica neo-nonna N, mentre Marito girava vorticosamente tra i termosifoni cercando di abbassare la pressione della caldaia, che stava per ridurre la casa come il nostro campo da tennis.
Su per le scale origliavamo immaginando pianti furiosi.
Aperta la porta all’improvviso, tipo: aha, beccata mentre torturi il mio piccolo, c’era il Nume che leggeva distrattamente un libro di favole deprimenti tipo la piccola fiammiferaia, serafica e assonnata. Babi dormiva dentro il suo sacco a pelo che si ostinano nei negozi a chiamare sacco-nanna, come la crema-corpo e il mestolo-brodo.
Non una lacrima, non un problema.
Ero commossa e contenta, mentre Marito accompagnava il Nume, fino a che ho pensato: ecco, domani mattina si sveglia.. e chiama lei.
La maternità è una mostruosa fonte di ossessioni.

mercoledì 14 ottobre 2009

Lo specchio degli italiani


Al solito, gli anglosassoni sono estremamente semplici, efficaci e divulgativi nell’espressione delle loro opinioni.
Riporto parte di un articolo del Washington Post, citato dalla Repubblica il 13 ottobre, in cui ci spiegano come siamo, e purtroppo credo abbiano ragione.

Silvio Berlusconi, scrive la commentatrice, "è stato accusato di evasione fiscale, corruzione e soppressione della stampa, sua moglie lo ha lasciato sostenendo che va con prostitute e fa orge nella sua villa in Sardegna, lui racconta barzellette imbarazzanti (e continua a ripeterle - come quella sulla 'abbronzatura' di Obama), è in guerra con la magistratura italiana, con quasi tutti i giornalisti che non lavorano per lui e con la Chiesa cattolica, e in più ora la Corte Costituzionale gli ha tolto l'immunità per cui possiamo aspettarci una nuova serie di processi e scandali che lo riguardano. Eppure l'aspetto più interessante del primo ministro italiano è questo: gli italiani continuano a votarlo. Perché?
Una delle ragioni del motivo per cui gli italiani continuano a votarlo, afferma il Washington Post, è che Berlusconi "ha uno strumento che altri non hanno: la televisione", i tre canali di sua proprietà e quelli di stato che controlla politicamente come capo del governo. "Ci sono giornali, riviste e programmi televisivi che lo criticano", scrive la columnist del quotidiano americano, "ma non raggiungono lo stesso numero di persone (dei canali tivù). Come il suo amico Putin in Russia, Berlusconi non cerca di influenzare tutti i media, ma solo quelli che raggiungono la maggior parte della gente. Ciò può non determinare il risultato delle elezioni, ma di sicuro aiuta, e ha anche fatto dell'Italia il paese con il più ampio movimento che si batte per la libertà di stampa, al di fuori dell'ex-Unione Sovietica".
C'è pure qualcos'altro, e questo qualcos'altro è che Berlusconi si offre come "specchio degli italiani": di coloro che sono o aspirano ad essere "nuovi ricchi e senza timore di mostrarsi tali", che amano le donne e il calcio ("lui è proprietario del Milan"), fedeli agli amici "al punto di proteggerli dalla legge" e che sanno come divertirsi alle feste. "Una versione caricaturale della vita italiana ideale", scrive la Applebaum. "Con Berlusconi come premier, inoltre, non hai bisogno di prenderti troppo sul serio. Non devi preoccuparti di conoscere la geopolitica o le condizioni del pianeta o la povertà o gli stati fallimentari. Puoi startene a casa, restare poco serio e discutere degli ultimi scandali. Anche questo fa parte del fascino del primo ministro".

lunedì 12 ottobre 2009

Fine della solitudine


Ho finito la solitudine dei numeri primi. E’ un libro che mi ha suscitato diversi tipi di sensazioni, nei diversi momenti della lettura.
Da una parte mi chiedo con a consueta invidia come riesca, un autore così giovane, ad avere l’urgenza di raccontare, di ordinare riga per riga, l’inadeguatezza, per permettere a ognuno di trovare la propria fetta di incapacità di vivere dentro a questa inidoneità abissale, universale; e come faccia, da dilettante della scrittura al romanzo d’esordio, a possederne completamente il lessico, senza mai tentennare davanti ai diversi modi di dire una cosa, scegliendo quello più preciso, freddo e tagliente - questo è l’effetto finale, ne sono consapevole, e immagino che come tutti l’autore sia arrivato alla fine di ogni giorno di lavoro con il cestino pieno di fogli appallottolati, ma questa inesorabile sicurezza è ciò che mi trasmette.
Contemporaneamente sento che il successo di pubblico che ha avuto non ha alcun senso, se non quello del marketing, della moda, perché è un libro che non ha niente di facile, di sopportabile, contiene solo durezza, rassegnazione, l’irrisolto che mi dà da sempre un’angoscia profonda.
E infine, ho frequentato troppo a lungo il tipo di persona che il libro descrive, Mattia; frequentato perché non si può dire di averlo conosciuto, non si può dire che abbia lasciato al suo passaggio qualcosa di tangibile. Ho usato troppo del mio tempo per cercare di codificarlo, e forse eravamo solo le persone sbagliate; non ero Alice.
Ecco, se Giordano l’avesse scritto prima, io avrei capito prima. Imperdonabile.

E facciamoci sempre riconoscere dallo straniero!

Dalla Repubblica di oggi:

Se il Cavaliere vuole farsi Stato

di GIUSEPPE D'AVANZO
Non si riesce a tenere il conto delle menzogne e dei ricatti che l'Egoarca riesce a distillare nei suoi flussi verbali, ormai oltre ogni controllo di ragionevolezza, del tutto catturati dal suo disturbo narcisistico. Stiamo ai fatti. Il lucidissimo furore di Berlusconi si accende per i pasticci che si combina da solo, con la sua compulsività.

Frequenta minorenni; riempie palazzi e ville di prostitute arruolate da un ruffiano; trascura gli affari di Stato per allegre scorribande amorose. Contestato dalla moglie in pubblico, se ne va nel luogo pubblico per eccellenza - la televisione - per recuperare (sa di doverlo fare) un'apprezzabile accountability. Sbaglia la mossa. Esige che le sue favole diventino scritture sacre. Se non accade - e non accade - s'infuria.
Ingaggia maschere con mazza ferrata che, dai giornali e tv che controlla, fanno per lui il lavoro più sporco, "assassinando" la personalità di chi gli appare, anche da lontano, "un nemico". Scatena gagliofferie, aggressioni, conflitti che (lungo l'elenco) investono, nel tempo, la moglie; impauriti testimoni delle sue imbarazzanti avventure; la Repubblica; il suo editore; il suo direttore; l'Unità; addirittura il salmodiante Corriere della sera; la stampa internazionale tutta; il servizio pubblico televisivo che non è al suo servizio; un pugno di comici, il cinema nazionale; l'Avvenire; la Conferenza episcopale italiana; il presidente della Camera; il presidente della Repubblica; la Corte Costituzionale; la magistratura tutta; un'opposizione che, peraltro, è oggi una bottega chiusa per inventario.
L'Egoarca mostra, dietro il sorrisone, come il suo potere sia pura, nuda violenza. Non guadagna un punto. Ne ricava soltanto il discredito internazionale, un distruttivo "sputtanamento" che si completa, nelle opinioni pubbliche e nelle cancellerie d'Occidente, quando, con posa da bauscia al bar nell'ora del "camparino", si vanta di aver convinto George W. Bush a mettere sul tavolo 700 miliardi di dollari per far fronte alla crisi finanziaria; di aver detto a quei due, Barack Obama e Vladimir Putin, di far la pace altrimenti non li avrebbe invitati al G8 di cui deve essere il proprietario; di "aver mandato Sarkozy" all'Est dopo avergli spiegato quel che avrebbe dovuto dire per risolvere la crisi georgiana; di essere messaggero presso il Papa, in un incontro della durata di minuti 3, dei "saluti di Obama", come se il presidente degli Stati Uniti d'America avesse bisogno dell'Egoarca per discutere con Joseph Ratzinger. Un premier così garrulo e vanìloquo, che crede di potersi muovere sulla scena pubblica come tra le plaudenti prostitute ingaggiate per il salotto di Palazzo Grazioli, non ha bisogno di essere screditato. Si scredita da solo con le sue mani e, con le sue parole e condotte, disonora e danneggia l'intero Paese. Oggi se c'è in giro un antagonista della rispettabilità dell'Italia nel mondo è Silvio Berlusconi. Lo sappiamo noi, lo sanno i caudatari e le congreghe che lo sostengono, lo sa chiunque guardi ai nostri affari da oltre confine.

L'Egoarca non se ne cura. Il suo Io ipertrofico non ammette interlocutori, consigli, regole, critiche, misura istituzionale, saggezza politica. Ubriaco dei sondaggi che gli servono (ma sono sinceri?), è incapace di guardare in faccia la realtà che si è cucinato da solo e che ogni giorno irresponsabilmente riscalda. Sarebbe un errore tuttavia credere che i suoi coups de théatres siano dominati dall'istinto. Bisogna sempre guardare che cosa bolle nella pentola dell'Egoarca. L'uomo è lucidissimo. Nella brodaglia che ha scodellato a Benevento si coglie un cambio di strategia, un ritorno all'antico. Come se quindici anni non fossero passati, Berlusconi evoca i fantasmi mentali di allora, ricostruisce lo stesso contesto di grande forza evocativa che gli portò fortuna a partire dal 1993. Suona così. Un manipolo di toghe "di sinistra" mi minaccia come già accadde nel 1994 quando azzopparono il mio primo governo con un avviso di garanzia. Con la complicità della magistratura, "la sinistra" vuole espropriare il popolo del suo voto. Per farlo, con la correità di un presidente della Repubblica "di sinistra", la Corte costituzionale "di sinistra" ha dovuto contraddirsi mentre un giudice "di sinistra" aggredisce le mie aziende.

Non c'è una parola di quel che dice l'Egoarca che corrisponda ai fatti. Nel 1993 la corruzione inghiotte ogni anno 10mila miliardi di lire mentre l'indebitamento pubblico - cresciuto del 92 per cento negli anni dei governi dell'"amico Craxi" - oscilla tra i 150 e 250 mila miliardi, più 15/25 mila miliardi di interessi annui. La Prima Repubblica crolla non per la pressione della magistratura (una favola), ma per la disperazione di chi non può più pagare il prezzo della corruzione alla politica e denuncia i corrotti. Berlusconi, prossimo al fallimento, è creatura di quel sistema politico. Gli ha assicurato ogni privilegio. Quaglia pronta al salto, si apposta però sotto le insegne dell'antipolitica e vince. Entusiasta di quelle toghe che gli hanno aperto la strada al potere, offre a due di loro (Davigo e Di Pietro) la poltrona di ministro (rifiutano). Cade quando Bossi non ne può più dei maneggi corruttivi dell'alleato che gli stanno mangiando la Lega e decide di voltargli le spalle il 6 novembre del 1994, due settimane prima che Berlusconi riceva l'avviso di garanzia che ancora oggi lo fa tanto strepitare.

Come accade per la disonorevole vita privata che conduce, l'inesauribile ripetizione di concetti inconsistenti ci mostra come la menzogna abbia un primato nella "politica narrativa" di Berlusconi. Sia il nucleo più autentico del suo sistema politico. Abbia una funzione essenziale perché abitua alla confusione e infine all'indifferenza, a un presente smemorato, a una grottesca distanza tra quel che si dice e quel che è accaduto davvero. È in questo varco che il Berlusconi "sputtanato" intende muoversi (e si muoverà) con un nuovo obiettivo. Lo sollecitano due eventi, nulla che abbia a che fare con l'interesse nazionale. Il primo, con tutta evidenza. È una controversia tra due società private, la Fininvest di Berlusconi, la Cir di De Benedetti (è l'editore di questo giornale). Anche il secondo evento, a pensarci, non è di interesse pubblico. Non si discute - come pure sarebbe legittimo - la reintroduzione nella Carta costituzionale dell'immunità per i rappresentanti del popolo, cancellata dopo 45 anni nel 1993. Si discute dell'impunità di Berlusconi. Di uno solo perché tra le quattro alte cariche che ne hanno diritto con la "legge Alfano" soltanto Berlusconi ha gravi rogne giudiziarie per comportamenti tenuti - peraltro - quando ancora non era né un leader né il premier. Quindi, sono due fatti privati di un uomo diventato con gli anni capo di governo, sostenuto da una granitica maggioranza cui il Paese chiede di governare, a scatenare una paralizzante "guerra di religione" che travolge ogni cosa e destino, uomini e istituzioni, riattivando una falsa "narrazione" cara all'Egoarca e ai suoi corifei.

Se la "narrazione" sa di muffa, l'obiettivo è novissimo. Se nel 1994 gli venne buona per governare, oggi è utile per un'altra manovra che si scorge ormai a occhio nudo. Che cosa sono le aggressioni al capo dello Stato? Perché la denigrazione della Corte costituzionale? Perché l'annuncio di una vendicativa riforma della giustizia? Come giustificare la segreta e abusiva raccolta di informazioni (è accaduto negli archivi del Csm) che, opportunamente manipolate, serviranno per bastonare il giudice che gli ha dato torto? Come sempre per difendere se stesso e i suoi privatissimi interessi, l'Egoarca non si accontenta più di fare le leggi che altri, da lui separati, vaglieranno e applicheranno. Egli vuole liberarsi di ogni potere di controllo.

Non si accontenta, con 344 seggi alla Camera e 174 al Senato, di poter fare le leggi. Esige anche il monopolio di farle valere. Screditandoli perché "di parte", reclama anche il possesso diretto e legale degli strumenti di potere statali. Ha soltanto una maggioranza, ma manco fosse un premio politico, un plusvalore politico che gli è dovuto, pretende di essere lo Stato. Dice: il popolo lo vuole. Dimentica che, dei 36 milioni di italiani che hanno votato il 13 e 14 aprile 2008, 17 milioni sono con lui e 19 milioni gli hanno voltato le spalle, se non si vuol contare quei due italiani su dieci che, astenendosi, si sono chiamati fuori dalla contesa. All'Egoarca va ricordato che non è l'Italia, è solo il provvisorio capo di un governo. Purtroppo, come dargli torto, molto "sputtanato".

venerdì 9 ottobre 2009

Genius at work


Tra le migliaia di persone che lavorano qui, oggi ho scoperto che c’è un genio che invia sempre mail inserendo se stesso in chiaro per conoscenza.

La riflessione che ne scaturisce è: o non conosce l’ambiguo concetto di Posta inviata, oppure tutto questo fa parte di una innovativa terapia psicanalitica per prendere atto delle proprie azioni. Da approfondire, visto il basso costo.

giovedì 8 ottobre 2009

Odo il Lodo - si allontana.


Dunque: la nostra colletta per corrompere undici giudici della Corte Costituzionale al fine di realizzare il complotto eversivo catto-comunista a cui aspiriamo da tempo al solo fine di rovinare l’Italia è stata ben raccolta.
Certo che dovremo vendere parte delle nostre proprietà e azioni di elite intellettual-radical-chic-fannullona, per rifarci della spesa.

Ma voglio soffermarmi sul commento di Berlusconi, a Porta a Porta, ad una obiezione di Rosy Bindi. Lei è più bella che intelligente.
Quest’uomo, giorno per giorno, dimostra di rapportarsi alle donne distinguendole in quattro categorie: costosi soprammobili ai festini, corpi a letto, da bravo “utilizzatore finale” (un progetto di legge per punire i clienti delle prostitute è stato tacitamente messo da parte in Parlamento, per non accumulare imputazioni su imputazioni), utili arnesi se sono fans adoranti per la strada, infine questuanti irrazionali e fastidiose, possibilmente cozze, se non appartengono a nessuna delle due categorie precedenti.
Anche spogliando la vicenda Berlusconi di tutti gli altri innumerevoli fatti che a mio parere lo rendono una persona indecente, io ho tanto bisogno di capire da una donna che lo sostiene come ci riesca.
D’altra parte vorrei capire i meridionali che lo votano nonostante il legame d’acciaio con la Lega, gli uomini che lo votano perché sognano di essere potenti, disonesti e puttanieri..
Ma non sono sicura di saper sostenere le risposte a queste domande.

lunedì 5 ottobre 2009

Altro che Grimm


Sabato mattina, tornando dalla lezione di tennis, nel corso della quale ho modestamente elaborato una personale applicazione del cucchiaio di Totti, peraltro con scarsissimi risultati, abbiamo trovato sul pavimento un nume tutelare indù, la baby sitter, e un babi finalmente silenzioso e coinvolto: leggevano con l'acquolina in bocca le istruzioni della gelatiera, le cui foto di irresistibili coppe decorate avevano surclassato istantaneamente qualsiasi fiaba.

Ce ne fosse una a metano


Ormai la famiglia Automezzi sta tirando gli ultimi, quanto a concentrazione, lucidità e visualizzazione dell’obiettivo, e proprio in questo periodo l’oliato equilibrio di automobili necessarie a farla procedere nella vita si è rotto.
Nell’ordinato susseguirsi dei giorni, Marito va al lavoro alle 7 con la macchina di nonna D, Io e il babi andiamo al lavoro e all’asilo alle 7.20 con la macchina della famiglia, il nonno G nel pomeriggio parte con la propria auto e va a prendere il babi all’asilo, lo porta a casa nostra, e poi io o Marito arriviamo e lo lasciamo libero di andare a casa sua. Nonna D, però, in tutto questo fluire del gioco, rimane appiedata, e se ha bisogno della sua auto la chiede timidamente, e le viene portata in zona di traffico limitato, con sul collo l’alito del Vigile Urbano, categoria che dove viviamo rappresenta il folclore costituito in città come Belfast o Bilbao dai gruppi armati; in questi momenti l’andamento-macchine viene momentaneamente modificato per supplire al senso di vuoto, in modi sempre nuovi e fantasiosi.
Bene. La macchina di nonna D è rimasta per tre settimane dal meccanico, e siamo intervenuti in questo senso: io utilizzo la macchina di Nonno G, la abbandono fuori dal posto di lavoro, Nonno G arriva in autobus con la seconda chiave, prende l’auto, con quella raccoglie il babi all’asilo, e qualcuno a caso tra Nonno e Marito viene a prendermi al lavoro.
Non paghi del quotidiano roteare, frequentemente uno di noi a caso si trova con due chiavi uguali, evento che in questo gioco costa molti punti di penalità, e comporta viaggi all’alba per favorire un’equa distribuzione delle stesse (metodo “one man, one key”).
Babi, poi, ha pensato un giorno come questo meccanismo troppo lezioso gli fosse venuto a noia, e ha nascosto la seconda chiave (metodo "two men, one key"), cosicché io mi sono trovata per giorni a spiegare via sms a Nonno G non solo dove si trovasse la macchina aperta, ma anche dove fosse nascosta la chiave.
E ho volontariamente omesso, per paura dell’eccesso di Murphy, il problema rappresentato da seggiolini, passeggini, lettini, che sempre, dico sempre, si trovano nell’auto sbagliata rispetto a quella in cui eravamo tutti sicuri di averli lasciati, con conseguenze fastidiose in tema di trasporto bebè.

Ora basta. Per quanto la generosità di Nonna D nel fornire quattro ruote a richiesta sia notoria, per quanto io mi ricordi con estrema nostalgia ecologica i tempi in cui non conoscevo altro che autobus d’inverno e bici d’estate, mezzi che attualmente sono fuori discussione, nella Famiglia Parcomacchine entrerà una seconda automobile, della stessa marca di quella che Nonno G sta per rottamare, e che già ci mancava. A questo proposito, cercasi nome per questa nuova rossa fuoco di seconda mano.
Ora credo di capire come Berlusconi sia riuscito a perdersi in un giro di Escort, Ford.

venerdì 2 ottobre 2009

contro l'oblio della decenza


Ho sempre cercato di trovare un posto per conservare le parole che valgono la pena di essere trattenute nella memoria sui casi di quotidiana barbarie di questo paese. Ho fallito con cartelline, scannerizzazioni di articoli, per non parlare della sola memoria. Ora ho un posto dove raccogliere per ricordare come stanno andando le cose.
Pubblico qui un articolo di Curzio Maltese sulla Repubblica di oggi, il giorno dopo Annozero di Santoro, e mi toccherà farlo spesso.

IL PROBLEMA per una volta non era Santoro. E nemmeno Travaglio. Il problema era lei, Patrizia D'Addario. Una che il presidente del Consiglio può portare a letto, ma un presentatore non può invitare in tv per farla parlare. Berlusconi era "profondamente indignato", perché "la tv pubblica non deve dare spazio a certi personaggi".
Al massimo, si può pensare di candidarli al Parlamento europeo, come lui aveva progettato di fare, prima di essere fermato da Veronica Lario. Sembra una canzone di Fabrizio De Andrè, questa storia della prostituta cercata di notte e ripudiata alla luce dei riflettori. Santoro non trova un politico di centrodestra disponibile a frequentare la stessa trasmissione inquinata da "quella là". Eppure nessuno di loro s'è mai sentito in imbarazzo a presentarsi nelle liste elettorali accanto a Patrizia e le altre. Nessuno ha chiesto spiegazioni al capo. A fine impero, Berlusconi può fare quello che vuole, candidare chi gli pare per motivi più o meno confessabili. L'importante è che il cavallo o la cavalla nominati senatori non prendano la parola per raccontare come sono andati i fatti.
Prima di ieri, Patrizia D'Addario era stata intervistata da sei televisioni straniere. I filmati erano stati distribuiti in una trentina di paesi. La televisione italiana è arrivata per ultima e, com'è noto, fra mille difficoltà e minacce.

L'uomo che governa l'Italia ha dedicato gli ultimi giorni a escogitare ogni forma di pressione per impedire la presenza in video dell'escort barese. Ha smosso i vertici Rai e il ministro Scajola. A proposito del fatto che "esistono problemi più seri". Fallito l'ultimo e un po' grottesco tentativo di boicottaggio, un papiro di otto pagine con un parere legale catapultato dal direttore di Raidue a Santoro poco prima della messa in onda, Berlusconi è passato alla fase due, la controprogrammazione. Con Bruno Vespa e Maurizio Belpietro nel ruolo di avvocati difensori, come se non avesse abbastanza. Dopo essere stati convocati a palazzo dal premier nel pomeriggio, i due fidi giornalisti hanno dato vita ieri sera a un'incredibile puntata di Porta a Porta dedicata a smontare il programma appena andato in onda sull'altra rete Rai.
Simbolo dell'arlecchinesca trovata il direttore di Libero Belpietro, il quale, come il mitico Soleri, saltabeccava da una rete all'altra per servire il padrone. Per avere un'idea di come funzioni una democrazia, vale la pena di ricordare che nel 1999, mentre Bill Clinton era nel pieno del secondo mandato alla Casa Bianca, Monica Lewinski fu intervistata per due ore dalla Abc e vista da cento milioni di americani. Senza che né Clinton né un solo esponente politico democratico si sognasse di protestare. Naturalmente la Lewinski fu invitata, come la D'Addario, da decine di televisioni straniere. Compresa la Rai, con il personale plauso di Agostino Saccà, buon amico del presidente del consiglio. Alla fine la celebre stagista della Casa Bianca aveva accettato di partecipare a Porta a Porta, ma rinunciò all'ultimo momento perché non aveva ottenuto di far togliere la parola "sexgate" dai titoli di testa.
Bruno Vespa, nel caso di Clinton, non aveva ancora scoperto il rispetto della privacy e il disgusto per il gossip esibito a piene mani ieri sera. La mancata presenza della Lewinski su Raiuno era costata ventimila euro alla tv di Stato. Clinton non l'aveva mai candidata a cariche pubbliche. Carl Bernstein da New York ha tutto il diritto di dirci che la nostra non è una democrazia ma "una specie di sistema sovietico".
Patrizia D'Addario ha avuto la sfortuna di andare a letto con il presidente del consiglio italiano e non con il presidente Usa, quindi non è stata pagata dalla Rai. È andata da Santoro gratis, dopo aver "sputtanato Berlusconi in mondovisione", per usare l'espressione di Belpietro. Ha raccontato la sua storia, la sua storia sbagliata e proibita nell'"harem del presidente". L'harem di venti ragazze che gli portava a palazzo l'amico e compagno di merende Giampi Tarantini.
Tutte vestite, truccate, pagate uguali, costrette poverine a vedere il filmato celebrativo, convocate dallo stesso sogno di una celebrità qualsiasi ottenuta in qualsiasi modo. Al di là della politica, delle inchieste, dello stesso caso Berlusconi, è come se le parole di Patrizia facessero cadere un sipario e mostrassero quello che c'è dietro l'Italia visibile e vista in questi decenni, dietro l'eterno spettacolo televisivo, dietro tutte le domeniche in, tutti i talk show, tutti i grandi fratelli di questi anni, la finta allegria, il falso successo. Un mondo di solitudine, di vuoto, d'infinito squallore.

giovedì 1 ottobre 2009

Scontri epocali


Mi dispiace dover comunicare che il mio frequentatissimo sondaggio “con chi ridi meglio?” è stato chiuso, e coloro che erano in fila da giorni per votare dovranno rassegnarsi, accontentandosi della promessa, da parte mia, di avere la precedenza nel votare per il prossimo, il cui contenuto sarà svelato quanto prima al pubblico,forse addirittura prima che a me stessa.
A memoria di quanto accaduto, per evitare di disperdere nella rete una statistica dai numeri così rilevanti, riporto i voti pervenuti (sarebbe gentile da parte vostra leggerli in milioni):
P.G. Wodehouse 3
Jerome K. Jerome 1
Gerald Durrell 1
Evelyn Waugh 0.
Stravince dunque il padre di Jeeves, che consiglio caldamente a chiunque abbia bisogno di ritrovare l’aplomb perso, e del quale pubblicherò ogni settimana una citazione sopra il mio profilo.
Questo risultato necessita del commento critico dell’attuale ospite di Nonna D. Che lo si avverta!

E polvere ritornerai


Il nostro nume tutelare indù, in nostra assenza, gira per casa come un soffio e ne pulisce degli angoli che non erano mai stati nemmeno concepiti come degni di considerazione dai nostri detersivi.
Negli armadietti trovo scatole di tonno allineate, marmellate disposte per grado di acidità, shampoo affiancati per effetto sulla cute; in frigo le uova stanno in piedi da sole, la verdura è impilata come nei mercati africani, lo yogurt sporge in ordine di scadenza sul ripiano.
Qualche post fa avevo messo in dubbio l’inutile e costoso lusso di veder brillare la propria casa per poco più di un quarto d’ora, appena prima del dilagare della famiglia Cragnetti, ma ora mi ricredo. Quella gioia, quella sensazione valgono la spesa.