giovedì 26 dicembre 2013

Natali

Da anni vivo diversi natali: da piccola si pranzava da una nonna per poi percorrere una settantina di chilometri per aprire i regali anche dall'altra nonna, ora le cose si sono ulteriormente complicate: vigilia da nonna D, natale dagli zii paterni, santo Stefano addirittura cambiando regione per raggiungere i parenti di Marito. Il tutto come se fosse la prima volta, quanto al mangiare, dico, ogni giorno ricominciando come se l'occasione fosse l'unica.
Domani rotolerò in giro per la città.
Oggi si è giocato a quel gioco in cui ci si trova con un biglietto in fronte col nome di un personaggio che bisogna indovinare parlando coi commensali, che rispondono alle domande con sì o no. Due erano le zie che confondevanocontinuamente  i concetti di portatore di biglietto e biglietto. 
- ho la barba? 
- certo.
- Zia, Gianni Morandi non ha mai avuto nemmeno la barba di un giorno dopo una ciocca.

- sono una donna?
- si!
Zia, Michael Jordan è maschio!

- sono un uomo? 
- sì
(Poco dopo)
- sono un animale?
- zia, secondo te il fatto che abbiamo unanimemente convenuto che sei un uomo, che implicazioni ha?

Babi ha presto indovinato di essere la Befana (sono realmente esistito? Ceeerto!). Marito si è trovato a suo agio nei panni di Gesù. Più dura è stata per il cugino Andrea, divenuto Antonio Cornacchione, e per la zia B. nei panni di Ciuchino. 







venerdì 13 dicembre 2013

libri



La Masnà di Raffaella Romagnolo - all’inizio ho fatto molta molta fatica a leggerlo. Intanto le frasi dialettali nel testo devono essere inserite mettendo il lettore nella condizione di capire perfettamente il senso, attraverso un contesto ben chiaro, o con note a piè di pagina, o invitando alla lettura di un buon vocabolario o che ne so. Invece decine di volte nel romanzo capita di cercare di indovinare il senso della frase, sentendo di perdere qualcosa. Anche i continui salti spazio-temporali, a mio parere assolutamente inutili allo sviluppo della storia, non agevolano ad una lettura piacevole. Andando avanti mi sono anche appassionata alla trama quanto bastava ad arrivare in fondo, ma nel complesso l’ho trovato modesto.
Poi ho letto Manuale di cucina sentimentale di Martina Liverani, sempre sperando di incontrare casualmente quella scrittura leggera e divertente, credibile e avvincente che ha fatto la fortuna di tante commedie sentimentali, per lo più americane. E magari di trovarla in Italia. Anche questa volta buco nell’acqua.

la specie



Nelle rare mattine in cui, per svariati motivi, ho il privilegio di rimanere a casa, mi capita di sfogliare la televisione come una rivista dal parrucchiere - tra l’altro avere i capelli in ordine è l’unico metodo che conosco per acquisire una sufficiente conoscenza dei vips che attualmente infestano l’establishment dello spettacolo, e se vedeste la mia criniera intuireste che sono molto indietro con lo studio.
Questo uso saltuario del tubo catodico ad ore sconvenienti mi porta a conoscenza di mondi paralleli dai risvolti contemporaneamente inquietanti e affascinanti, come ogni risvolto dovrebbe essere, compreso quello della giacca.
L’altro giorno sono incappata in una trasmissione allucinante, in cui delle persone, negli Stati Uniti, convivono con particolari ossessioni: chi mangia spadine di plastica per tenere fermi i tramezzini dall’età di undici anni, sfoggiando un fegato ben oltre le dimensioni dell’intero corpo, chi si ciba di rotoli di carta igienica, attendendo con pazienza l’inevitabile fatale blocco intestinale. Chi si ciba delle ceneri del coniuge, angosciato dal momento in cui le finirà per l’unicità della mercanzia. Ma c’è anche chi dorme da quindici anni con accanto un phon acceso. E chi si fa quotidianamente il bagno in 4 litri di candeggina. Ora, se lasciate a se stesse le persone sono capaci delle più enormi puttanate che possano essere concepite al mondo, in particolare nel caso in cui non abbiano problemi da risolvere tipo la fame: questo è un dato di fatto. Ma che nella trasmissione nessuno (il commentatore, i medici e gli psichiatri intervistati, i familiari stremati) abbia mai fatto cenno al consumo energetico di un phon che rimane acceso inutilmente per otto ore a notte, o all’inquinamento che causano 4 litri al giorno di inutile candeggina, moltiplicati per un enorme numero di coglioni, è la cosa che più mi ha fatta imbestialire, da fanatica della differenziata che mette nell’umido una zanzara appena schiacciata tra le mani. E  mi ha fatto riflettere sui passi che tante persone in tutto il mondo, prede infantili di un sogno americano rimasto identico dagli anni 50, come se da adulti restassimo tutti cristallizzati nel desiderare bambolotti e macchinette, devono ancora compiere per una sensibilizzazione che sia appena sufficiente alla sopravvivenza della specie. Mi ha fatto chiedere infine se ne valga la pena, di far sopravvivere la specie.

domenica 10 novembre 2013

Coerenze

Cosa, nella premiata ditta, contraddistingue l'agire della dirigenza? Senza dubbio la marmorea coerenza, la precisione nelle direttive, la chiarezza degli intenti.
Prova ne è la seguente conversazione con un collega:
- Che dici, D, non è per nulla chiaro, questa cosa la faccio o non la faccio?
- Nef, è sufficiente che tu scelga se vuoi essere cazziata perchè l'hai fatta o perchè non l'hai fatta. Scegli liberamente.

martedì 29 ottobre 2013

Ultimi libri

Non contenta di essermi assicurata, grazie al kindle, un centinaio di libri sempre in tasca, non contenta di indulgere a comprarmene a volte anche di cartacei, per ricordarne ruvidezza e odore, e non dire, in punto di morte, cos'ha in mano quel buffo signore? guardando l'onnipresente breviario, ora mi sono messa a trafugare libri al supermercato, non nel senso di rubarli, ma di avvicinarmi con fare ambiguo allo scaffale del bookcrossing, mollando volumi e intascandone altri, come un tossico che fruga tra le siepi del parco della stazione.
Ho comprato Sarah Hodgson - Cuccioli per negati per dare un impulso alla piccola e incruenta lotta che si svolge in famiglia: cane o non cane.
Per il no milita Marito, che tiene a chiarire che gli è chiara l'importanza di avere un animale, per un bambino, e che per lui va bene qualsiasi cosa, purché non venga chiamato a occuparsi assolutamente di niente, in particolare delle passeggiate. Lo sostiene in pieno - se non si rovinasse le unghie riempirebbe di graffiti e tazebao l'intera casa - Pantacollant, che non capisce cosa mai ci si possa trovare, in un sacco di pulci indemoniato, perchè mai si debba desiderarlo. Il partito del sì è naturalmente il mio: il mio destino è percorrere la mia strada, dall'infanzia ad ora, con famiglie che condividono appieno la visione della vita di Pantacollant. Ma io manco in sicurezza, vedo intorno a me famiglie che abitano in appartamenti di 75 metri quadri con due figli, cani di grossa taglia, numerosi gatti, canarini, cavie e insetti stecco a profusione, ma mi lascio angosciare dai familiari che mi chiedono continuamente se nella mia vita io possa trovare il tempo, la voglia, la forza, nemmeno avessi l'intenzione di adottare una famiglia di diciotto orfani scampati a una guerra. Di solito, in queste situazioni, chi prende la decisione è il figlioletto, che pianta due capricci al posto giusto, usa le lacrime a mo' di gentile ricatto, e ottiene un cucciolo di cui mai si occuperà. Ecco, non Babi. Lui mostra tiepidissimo entusiasmo nel vedere cuccioli per la strada, e, un giorno di pioggia, l'ho sentito dire, senza nessun nesso con ciò di cui stavamo parlando: piove, meno male che non abbiamo un cane, se no dovevamo portarlo in giro. Mi chiedo che altre perle di saggezza riuscirà a partorire a sedici anni. Intanto mi sono letta il libro, perché l'arrivo di un cane parlante che mi convinca a tenerlo con argomentazioni sensate non mi trovi impreparata. L'autrice mi ha dato alcune dritte, ma la trovo un po' caotica. Toccherà rileggere, magari quando la cosa avrà un senso, e anche comprarne un altro. 
Ho sequestrato al bookcrossing A cena con Anna Karenina  di Gloria Goldreich perchè cenare con un personaggio così importante che un libro continua per trecento pagine dopo la sua morte mi sembrava interessante. Banale. Imbarazzante. Harmony. Lo rimetto giù al più presto, sperando che nessuno mi noti.

venerdì 25 ottobre 2013

Ansie da professionisti

Ora canto. E sto meglio, come non riesco nemmeno a descrivere. Ho aspettato per cantare ehmehm anni della mia vita, dedicandomi a imprese corali, o limitandomi ad essere una dei milioni di showersingers che costellano la parte di mondo in cui si può liberamente disporre di una doccia.
Tutto perché l’angoscia di presentarmi davanti a della gente, e cantare, e esibirmi, e atteggiarmi, superava qualsiasi beneficio potessi trarre dall’esprimermi, o anche solo dagli applausi.
Ora canto, e sto meglio. Ci ho messo troppi anni a capirlo, e ne coltiverò sempre il rimpianto.
Ma ho un amico, N, che supera ogni mio limite in merito all’ansia da prestazione. Nel senso che la sua angoscia non riguarda l’esibirsi per farsi, in qualche modo, giudicare: riguarda qualsiasi situazione in cui lui non gli sia permesso di accoccolarsi sotto una scrivania.
La prossima primavera deve sposarsi, l’amico N. E la cerimonia, già di per sé, comporta una certa sovraesposizione delle due creature che, nel quadro d’insieme, si definiscono sposi, e i cui genitori pagano spesso cifre indicibili per metterli alla berlina di fronte a un centinaio di persone.
L’amico N non è ancora arrivato a gestire questa emozione. Non ho nemmeno il coraggio di rammentargli che dovrà farvi fronte, magari aiutandolo a prendere atto della cosa facendo riferimento ad altri matrimoni a cui abbia potuto partecipare, e ricordandogli quelle personcine vestite in modo particolarmente costoso, nel bel mezzo della navata. 
No, lui ora ha un altro problema. Il corso per fidanzati.
Questa istituzione ha preso molto piede, in questi anni. Non so descriverla molto bene, avendo omesso l’intero settore dal mio matrimonio. Diciamo che mi sono sempre molto divertita ad ascoltarne vari aneddoti dai partecipanti. Ancora però non mi era capitato di sentire di ansia da prestazione.
 Nef, sono stato lì, e ho dovuto dire a tutti il mio nome e cognome. Questa fase l’ho superata, più o meno, anche se ho ancora i brividi. Il corso è eterno, tende a superare la data del matrimonio, ma pare che il numero degli incontri si possa ridurre se ci si assoggetta a commentare dei passi biblici con la propria fidanzata, o con altre coppie. Traendone spunto per la vita di tutti i giorni! Io credo di non farcela. Io credo che tirerò fuori a tempo debito un attacco epilettico, di quella epilessia che, nel rinnovare la patente, ho negato di avere, insieme ad altre numerose malattie. Io preferisco che mi ritirino la patente. Non credo di farcela, Nef.
Non oso immaginare la scelta delle bomboniere.

venerdì 18 ottobre 2013

Modello giuditta

- Babi, sai che oggi siamo stati in giro in vari negozi per vedere se riusciamo a cambiare tutte le nostre vecchissime finestre?
-Evviva! Quelle nuove le voglio rotonde e triangolari!

Vette sublimi

La signora ospite in studio: "E allora mi sono ritrovata in questo prato, distesa. E lì sono stata posseduta dalla Luce".
Il giudice: "Dalla Luce?"
La signora: "Sì, ma era un alieno, mi ha detto che si chiamava Zurdu"
Il giudice: "Scusi, ma questo alieno era sardo?"
La signora: "Non lo so. Mi ha posseduta dodici volte in mezz'ora"
Il giudice: "Beh, una bella eiaculazione precoce"
(Forum, Rete4)

Informazioni improcrastinabili

Un caro amico mi rimprovera sempre di avergli occupato uno dei pochi neuroni rimastigli con la data del compleanno di Joey Tempest, di cui non riesce più a liberarsi. Riferisco l’aneddoto alla collega N, che rimane impassibile. Ci guardiamo. Entrambe, contemporaneamente, ammettiamo di sapere che è il compleanno di Boy George. Ci accordiamo per organizzare uno spritz per l’evento.
Temo che il mio amico non troverà comprensione. I neuroni ballano.
Ah, tanto per proseguire con il contagio, il compleanno dello Europe è il 19 agosto. E ora sono fatti vostri.



martedì 15 ottobre 2013

L'influsso della luna

Una volta Stefano Benni ha scritto un breve racconto dalla parte del puntuale, che, dopo una vita di attesa, può avere qualche ragione di diventare violento. Ebbene, io ora scriverò dalla parte di coloro che affrontano la vita con il sorriso medio, categoria nella quale mi vanto di operare.
Ci sono conflitti di pensiero e molteplici studi sull’influenza della luna sulle colture, ma pare non esista conflitto sull’influsso della luna sull’umore di certi eletti.
Il lunatico è quella creatura, piuttosto diffusa in natura, che ha una miriade di momenti no che di loro potrebbero corrispondere a quelli di ogni altro essere umano, ma che ha imparato a far fruttare ottimamente, poiché si sente autorizzato ad essere: Superiore. Capito. Non disturbato.
Fondamentalmente il lunatico è un prepotente, a volte inconsapevole. Egli (e non lo dico a caso, visto che in base alla mia esperienza il lunatico è per il 75% uomo) decide che è il momento di essere incazzato. Il motivo, normalmente non si sbilancia a fornirlo, forse nemmeno a se stesso, tanto è conveniente permanere in quello stato. Il mondo deve farglisi intorno a distanza di sicurezza, non deve chiedere troppo, bensì limitarsi ad informarsi educatamente e brevemente per testimoniare il suo incoraggiamento. Il mondo deve creare una dolce barriera di protezione. Silenziosa. E tutti ci stanno, a questo gioco delle parti!
Chi circonda il lunatico prende un espressione di comprensione, si aggira nei dintorni sussurrando: eh, sai, è lunatico. Che vuoi fare, ha la luna storta. Sai come è fatto. E questo dovrebbe bastare a capire, e ad adottare tutta una serie di accorgimenti, tra cui il non pretendere assolutamente nulla dal lunatico. Ma l’effetto più paradossale, a mio parere, è il disprezzo che il lunatico, e quelli del fanclub, nutrono per chi vive col sorriso medio.
Al lunatico non passa neppure per l’anticamera del cervello che l’altro si aggrappi anche a fatica al suo sorriso medio, al solo fine di non far pesare sugli altri le proprie vicende, oltre che a mesto tentativo di autoconsolazione. Per il lunatico, egli è solo fortunato. Superficiale. E un po’mona.
E forse è vero, visti i vantaggi della lunaticità.

domenica 13 ottobre 2013

Sogni

Marito: Sai, siamo arrivati ad un'età, in cui dobbiamo passare di livello, dobbiamo fare qualcosa di concreto per realizzare i nostri sogni. E' il momento, non possiamo più aspettare. Tu con la musica, io dormire dieci ore al giorno..

Cinque anni e mezzo

Mamma, mi aiuti a trovare un nome al mio uccellino immaginario?
Piopio?
Noo, non è abbastanza cosmico..
Titti?
Troppo patetico..

Metafora del potere

Dura la vita di chi non ha mai il potere sul telecomando.
Dialogo alla TV:
  • E ricorda: c’è solo una cosa da sapere sulle donne:
Marito si siede. Sul telecomando. Cambiando canale. Scava nel divano, lo trova, rimette il canale giusto.
  • Ecco, ora sai cosa c’è da sapere sulle donne.

venerdì 11 ottobre 2013

Parole che scivolano


Il fascino delle parole che fin da bambini impariamo sbagliate, e quello del significato travisato che diamo ai modi di dire, trascinandoci pateticamente queste lacune fino all’età della vergogna, è inesauribile. Questo è quanto è scaturito da una seduta di psicanalisi collettiva:
A caval donato non si guarda in bocca: nel paese di Caval Donato, sito nei dintorni di San Donà di Piave, è prassi evitare di guardare in bocca alle persone mentre ti fanno un regalo.
Se non è zuppa è pan Pagnacco: se non è minestra troverete la soluzione in una ricetta tradizionale del paese friulano.
I maldidenti sono criminali con la spiccata passione per assaltare le diligenze che si recano a ovest, e vengono così chiamati per l’abitudine di coprire il volto con lo stesso fazzoletto che indossano stretto intorno alla mandibola coloro che hanno mal di denti.
Arteggiamento: atteggiamento che si mescola con qualcosa di artefatto.
Sul cappello che noi portiamo c’è una lunga penna nera che ci serve da bandiera su pei monti a veleggiar (no comment)
Le prostitute di alto borgo se le possono permettere solo coloro che vivono all’apice della collina.
Vivere all’addiaccio è molto dura, immaginate solo come deve essere vivere all’agghiaccio. Non è pervenuto come ci si sentainvece a trovarsi all’abbiaccio.
Mi raccomando: non nominare il nome di Dio Ivano.
(segue)

giovedì 10 ottobre 2013

Libri nei mesi silenziosi

Prima cosa: riprendere il filo delle letture. In questo caso, temo, in modo poco utile a chi cerchi consigli, perché non è facile, almeno per me, conservare ricordi così razionali da comporre una recensione completa e utile. Dei libri, in massima parte, conservo memoria dell’attaccamento, della gioia, del fastidio o della sorpresa. Ho individuato i seguenti tra lo scaffale in camera e il Kindle, sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno, e me ne dispiace.
Ci sono stati libri di passaggio.
La mossa del cavallo di Camilleri, romanzo storico di cui ricordo soprattutto l’angoscia di una storia, purtroppo estremamente moderna e verosimile, in cui tutti collaborano per rovinare un funzionario pubblico che tentava un approccio troppo libero e onesto per non risultare scomodo. La dea cieca di Anne Holt, di quei gialli cupi e nordici che mi danno sempre la doppia sensazione di non avere alcuna voglia di leggerne altri (anche se poi non so perché ci cado periodicamente) e di essere estremamente fortunata di vivere in Italia, sensazione impagabile, in questi tempi. In effetti, detta così, un libro estremamente utile. Vento rosso di Raymond Chandler. Uno degli scrittori preferiti di mio padre, che mai gode tanto come leggendo le conversazioni di autori pieni di testosterone, o ascoltando gli aridi dialoghi dei western di Leone:
 - falegname, una bara di altezza media.
(colpi di pistola
– due bare, errore mio.
Scrive bene, Chandler. E’ spiritoso, essenziale all’osso, ti fa entrare perfettamente nel clima dell’epoca e del posto. Storie perfettamente credibili. Ma per me è così secco da essere ruvido,pieno di attrito per l’occhio che scivola sulla pagina. Ci sarà un motivo, per cui preferisco la caipirina al martini. Camera oscura di Simonetta Agnello Hornby. Interessante, breve, svela retroscena a me sconosciuti sulla vita di Lewis Carrol, un tantino troppo attratto dalle Alici nel paese delle meraviglie che costellavano i suoi giorni, e che fotografava spogliate con il beneplacito di madri che avrebbero dato le figlie in pasto alla tratta delle bianche, se solo avesse significato la salita di un gradino in società. Il broker di Grisham, che come al solito ti coinvolge con grande mestiere nella storia, ti culla con curiosità ben calibrata, ti dona quel po’ d’ansia utile alla lettura, ma non sufficiente a scombinarti nemmeno un’ora di vita. Insomma, un libro comodo, caldo, inutile, che ti fa pensare che il benessere non avrà mai fine e che ti insegna qualche cosa sul mondo politico o giudiziario americano che invariabilmente dimenticherai.
Ci sono stati libri che non ho ancora ben capito perché io li abbia comprati, credo sia accaduto grazie alla barbara commistione dellofferta lampo Amazon per il kindle, che ti spinge a pensare che ti perderai qualcosa che avresti pagato molto meno del suo valore, e di recensioni deliranti, immagino prezzolate; mi hanno lasciato un malessere che rasentava l’aggressività: Il male minore di Simona Fruzzetti, Tutto per amore o quasi di Emily Griffin. Ah, e mi hanno anche lasciato una orribile reputazione tra coloro che alla Amazon ti campionano i gusti per rifilarti offerte su misura, e che ora mi offrono continuamente romanzi tipo Harmony:
anvedi, è uscito Amore proibito nella sabbia, rifilalo a quella làa 99 centesimi. 
Ci sono poi stati libri di cui ho riconosciuto il valore da subito, e di cui sono grata agli autori: Mildred Pierce di James Caine, il sogno americano che si rovescia in maledizione senza che i protagonisti riescano a uscire dalle proprie scelte sempre sbagliate, sempre fatte per motivazioni sbagliate. Storia di un corpo di Pennac, libro godibilissimo che nasce da un’idea magnifica, soprattutto per chi come me ha sempre avuto la velleità di fissare la propria vita in un diario, per poi scoprire nella rilettura che poche cose sono noiose come il rileggere i propri stati d’animo (scrivere dell’anima), e poche cose appassionanti come rileggere ciò che è semplicemente accaduto (scrivere del corpo). Mia suocera beve di Diego De Silva, scritto magnificamente, mi ha fatta ridere alle lacrime e mi ha portato ad emozionarmi per i mille momenti in cui ho trovato scritte emozioni mie, pensieri miei, convinzioni mie, riportate proprio per bene sulla pagina. Io che amo solo te di Luca Bianchini: avevo la sensazione che avrebbe arricchito la categoria sopra descritta, che definirò degli Ahimè, invece l’ho trovato piacevole, sorprendente, leggero ma presente, di orizzonti inaspettati che spaziano sulla riva del mare della Puglia.
I libri che insegnano: in questi mesi di silenzio sulla pagina non posso dire di essere stata in silenzio in ogni campo; non ho fatto che cantare, tra l’altro con discrete, per me enormi, soddisfazioni. Sono immersa nel jazz in modo quasi compulsivo, la batteria che batte i tempi forti mi provoca orticaria, necessito di dosi di swing blues e bossa quotidiane. Non potevo omettere la (ri)lettura di Il jazz – periodo classico – le origini di Gunther Schuller, che nel lontano 2003 leggevo senza capire, e che ora ho capito in parte dopo una serie di lezioni di armonia, traendone enorme soddisfazione (forse eccessiva rispetto alla parte compresa del saggio, ma tant’è). E ho letto contenta Parliamo di musica
Di Stefano Bollani, persona grandemente intelligente e dalle intuizioni appassionanti, anche se il tenore del libro, fortemente divulgativo per scelta, rivolto veramente a tutti, mi faceva mancare qualche approfondimento che avrei gradito molto. 
E infine, i libri che vorrei avere sempre sul comodino, che mi spingono ad aspettare la sera con trepidazione, rendendo un pochino più irreale, e un pochino meno interessante, la vita vera, che mi avvolgono e per i quali mi dispiace vedere assottigliarsi lo spessore delle pagine ancora da leggere, per i quali mi interrogo sul destino dei personaggi, diventati un po’ famiglia. Non ho tanto altro da dire, sui titoli che seguono, se non che mi mancano tanto, ancora.
E l’eco rispose di Khaled Hosseini
La bastarda di Istanbul di Elif Safak (che ho tanto osservato in libreria senza il coraggio di comprare, quasi temessi una delusione nemmeno fosse una storia d’amore, forse perché con la Turchia io ho una storia d’amore che perdura tutt’ora)
Piccola ape di Chris Cleave.

martedì 8 ottobre 2013

Torna di nuovo

Nutro per il mio blog il senso di colpa che si rivolge a un figlio che si ama ma che non si può fare a meno che deludere, quel figlio che ti riconosce più facilmente se ti vede di spalle, mentre te ne vai. Sono un genitore un po' immaturo, fuggito per non affrontare più la responsabilità (verso me stessa e le mie memorie, non mi illudo di essere così determinante per altri), ma che sente perpetuamente una spina nel cuore, tiene una foto sulla scrivania, e coltiva ila convinzione di comportarsi meglio in futuro.
Meno male che è solo un blog. Che mi ha attesa senza grandi pretese, come i cari amici che lo leggevano. Ha sopportato le mie annotazioni sul cellulare, questa devo scriverlo sul blog, e le inutili annotazioni mentali che poi si confondono in un magma che imbastisce i giorni. Babi è stato gran spiritoso, in questi mesi, oltre a prendere un enorme numero di centimetri, e tante cose mi hanno resa inaspettatamente felice della mia vita. Eppure non riuscivo a indirizzare energie anche a scriverne, e contemporaneamente ne soffrivo, una specie di inspiegabile odi et amo.
Nescio
Sed fieri sentio
Et excrucior.

martedì 26 marzo 2013

Tutto torna

Tanti anni fa ho trascorso sei mesi in una graziosa cittadina tedesca, in un meraviglioso erasmus, di quelli che lasciano tracce indelebili di memorie anche dolorose dovute alle nostalgie irrisolte di una vita completamente diversa, una vita a termine. A fine inverno nonna D e alcuni suoi amici sono venuti a trovarmi per qualche giorno. Tra tutti, possedevano il seguente patrimonio linguistico teutonico: Osterhase, ossia coniglio pasquale, e Spitzen zusammen, ovvero la parola d'ordine del maestro di sci austriaco che cerca di inculcare lo spazzaneve: le punte insieme. Per anni ho conservato nella mente diligentemente queste perle di saggezza, senza capire esattamente che spazio avrebbero avuto nella mia vita. Questa mattina, mentre raschiavo il ghiaccio della notte dal parabrezza, in questa assurda vigilia di Pasqua innevata, comincio a capire.

lunedì 25 marzo 2013

Guerra di genere

Dunque: è palese lo strisciante sessismo che impone il sesso maschile alle automobili non appena abbiano un certo valore economico o un'attitudine pronunciata ad essere di moda, per cui LA ritmo, LA panda, ma IL porche, IL BMW, e a volte persino IL 500. Ora, da quando le televisioni non sono più quei divertenti bauli contenenti tubi catodici smisurati, ma pannelli al plasma di alta moda, high tech high definition e tutte quelle boiate lì, per magia sono state sostituite da IL TV. Sto aspettando il momento in cui gli smartphone soppianteranno del tutto i cellulari vecchia maniera, e i pochi rimasti nella borsetta delle vecchiette si chiameranno telefonine..

domenica 24 marzo 2013

Fiori di un solo giorno

Ho finito Fiori di un solo giorno di Anna Kzumi Stahl, scrittrice che è un curioso assemblaggio di padre tedesco, madre giapponese, madre lingua inglese e lingua letteraria spagnola, insomma, ciò che vorrei che al mondo al più presto fossimo tutti, con buona pace dei localismi e dell'inutile salvaguardia delle tradizioni locali, che curiosamente vengono opposte furiosamente al povero immigrato magrebino, ma mai a modi di vivere estranei e consumistici che ci arrivano da paesi danarosi.
Ho cambiato più volte idea su questo libro. Alla fine il verdetto è questo: è una storia interessante e alla fine commovente, ma non so se per responsabilità delle scelte linguistiche azzardate dell'autrice, o (in parte sicuramente) della traduzione, ci sono periodi che suonano in un modo così indecente che ci si chiede se quel giorno alla Sellerio avessero alzato un po' troppo il gomito per una festa di pensionamento, perdendo temporaneamente ogni senso critico:
"Gli costa, ma si spoltrisce..." "abbiamo bisogno di mantenerle l'intorno ben stabile..."se esiste al mondo qualcuno che sa come far lavorare un avvocato, è una donna nata ricca (...), ma che di colpo un bel giorno il padre la priva dell'eredità..." "ogni passo che fece la mostrava padrona di sè e del suo luogo" "Ti si pensiamo, sai?" 
son cose dolorose.

La sobrietà di Papa Francesco

- Francesco ha assistito alla messa tra gli operai, all'ultimo banco.
- Encomiabile, speriamo solo che non fosse lui l'officiante!

A prove

- Allora, tu la canti in MIb, io vorrei fare il solo in DO...
- Allora cambiamo tonalità per i soli!
- Facciamo un turnaround?
- Sì, aggiungiamo due battute..
- Un paio di battute...
- Allora: c'è un carabiniere che vince una grande somma. Cosa intendi farne? Beh, pensavo di comprarmi una caserma e mettermi in proprio!

Interpretation impossible

La mattina stessa una collega mi aveva chiesto se fossi in grado di interpretare i sogni, e le avevo risposto che riesco a inventare interpretazioni magnifiche, ma non le bastava.
Nella notte sono stata punita:
ho sognato la casa al mare di amici, e fuori il nostro giardino, in quelle commistioni tipiche dei sogni.
Appoggiati al muro sotto le finestre, io e Marito, su materassi stesi sul pavimento.
Fuori, un vento che piega gli alberi.
Il vento sbatte con forza un'aquila contro la finestra. L'aquila pare sopravvivere, ma ciò che lascia cadere dagli artigli, e che precipita sul nostro materasso appena apro la finestra è....
un insieme sparso di cereali e legumi secchi, tipo la zuppa biologica del contadino maremmano.
Tutto quello che penso, piena di perplessità è:
Meno male che l'aquila non cucina, se no ci arrivavano già lessi.

Chi volesse cimentarsi con l'interpretazione avrà tutta la mia ammirazione.

Tempi di crisi

L'amica D, con una lettera di licenziamento per l'imminente fallimento della ditta già in tasca, deve quotidianamente mentire, rispondendo alle domande dei fornitori preoccupati, che chiedono notizie sulla solidità dell'impresa: ma no, che dite, ma chi mette in giro queste voci calunniose?
E' una situazione imbarazzante, ma ciò che la preoccupa di più è quello che mi ha detto ieri:
- L'importante e che dopo aver spergiurato che la ditta non sta assolutamente chiudendo non mandi per sbaglio il curriculum alla stessa persona...

Risparmio energetico

- Nef, che ne dici, mi hanno chiesto di diventare referente degli iscritti per il nostro sindacato. Cosa mi consigli, accetto?
- Certo! io ho appoggiato la tua nomina! Sarai bravissimo, è il ruolo per te. Accetta, e io godrò della tua luce riflessa!
- Ma la luce riflessa ti è sufficiente?
- Se basta per leggere la sera, certo!

martedì 5 marzo 2013

Giornata piena

Ieri la mia vita è stata arricchita dalle seguenti esperienze:
1. Un giardino che comincia a assumere una forma. Finora, al suo meglio, quando il sole radente lo rendeva un po' confuso, diluendo i colori in qualcosa di meno impietoso, poteva ricordare uno sformato di cavolo quando ti si attacca alla teglia. Ora è abbellito da una decina di sacchi neri di fogliame, da fascine di ramaglie che aspettano il camion della raccolta differenziata, ma qua e là arbusti e rampicanti potati a zero ricordano la propria missione primaverile, e sembrano esplodere di impazienza nell'attesa di giorni di tepore. Io non riesco a smettere di guardarlo dalla finestra, prefigurandomi uno splendido futuro, come ogni mamma guarda il suo scarrafone.

2. Il momentaneo convincimento che il gruppo jazz avesse un nuovo amplificatore, salvo poi accorgermi che ció che il contrabbassista reggeva nel buio con cautela era solo il bidone dell'umido.

3. Un microfono tutto mio, pesante come il mio bouquet - clava da sposa, con il corpo grigio cangiante e la testa argentata, circondata da una sottile fascia azzurra di gomma: si chiamerà Joao. Sembrava così facile, cantarci dentro, che a un certo punto mi sono chiesta se stessi cantando veramente, o se lo stessi solo immaginando, ma il fatto che i musicisti non facessero una piega porta a propendere per la prima soluzione. Tra una ballad e una bossa, Joao si è anche abbandonato a qualche pezzo di Dalla, in memoria.

4. Uno shaker utilizzabile esclusivamente in uno stadio olimpico, e per carità senza alcuna amplificazione, poichè, dotato di corpo in alluminio e faccia a prisma esagonale, emette un frastuono tale da coprire un quartetto con la verve di un cantiere in piena attività. Abbiamo cercato di avvolgerlo in strofinacci, poi in asciugamani da spiaggia, piumini e infine materassi, anche se, lo ammetto, a quel punto sarebbe stato più agevole cercare di tenere il tempo agitando una betoniera.

- un kazoo, affarino di metallo leggero come un canarino con la vocalità di un avvoltoio, con un buco più grande da una parte e più piccolo dall'altra, e sopra una membrana sottilissima che vibra cantandoci dentro, come se parlasse Paperino. Soffiandoci non si ottiene nulla. Dovrò imparare in solitudine, vista la gamma di suoni imbarazzanti che riesce ad emettere se usato senza perizia. In alternativa lo impiegherò a carnevale per simulare peti.

5. L'immagine imperitura del chitarrista del gruppo, M., che intende promuovere una turnè in Giappone in modo da esibirsi a Kyoto in kimono e ciripà (abbiate pazienza, i termini tecnici sulle divise dei lottatori di sumo mi mancano), aggiungendo al repertorio brani quali "vengo a prenderti stasera con il mio kimono blu", oppure "con il kimono amaranto, si va che è un incanto, nel quarantasei".

6. La visone di una volpe da vicino. Come in una favola, ha attraversato la strada nella notte, con una gallina in bocca e sul muso una mascherina da procione che le donava una connotazione da ladro dei fumetti. Babi, quando gli ho raccontato di aver visto una volpe con la maschera, ha commentato con aria cospirativa: ma allora che animale era, veramente?

venerdì 1 marzo 2013

Proprio li

La Premiata ditta ha deciso, dopo lunghe pianificazioni, verifiche e considerazioni, di imporre a tutti gli uffici una carta intestata comune, scritta con lo stesso carattere, un'elegante interlinea, e magari il medesimo indirizzo del mittente in calce (con tale espressione pare si intenda "in fondo", nessun riferimento al calcestruzzo, aggiunta che renderebbe le raccomandate particolarmente dispendiose).
Il modello diffuso tra i frementi impiegati sembra ad un primo sguardo graziosamente e banalmente uniformante, ma un particolare ridicolo salta all'occhio in alto a sinistra:

luogo, lì........................

Dunque secondo la nostra dirigenza non è sufficiente specificare la città in cui la premiata ditta si colloca, gentile indicazione affinché il destinatario possa visualizzare mentalmente qualche monumento e pensare a noi in un luogo preciso, magari con un sorriso nostalgico; è anche necessario sottolineare che chi scrive si trova proprio là, non qua o laggiù. Proporrei di aggiungere accanto una manina che indica un punto su google maps, per non lasciare alcuno spazio al dubbio.
Oppure potrei scrivere a tutti i giornali locali, chiedendo come mai nessuno tra i superpagati amministratori di una ditta che dà lavoro a una cittadina di medie dimensioni abbia frequentato le elementari tra gli impegni dell'infanzia, e si chieda ora se quello che scrive e impone a numerosi uffici abbia un senso; come mai a nessuno di questi venga un dubbio, non solo in merito all'opportunità di inserire, nel ventunesimo secolo, l'articolo "li" prima della data, ma anche riguardo all'idiozia di trasformarlo in avverbio locativo.
Finora, nessuno.


Pausa caffè

- voglio farmi un tatuaggio sul braccio: "hic et nunc"
- voi credete che io ora sia sveglia, connessa, attiva: io mi sveglio alle 17.30.
- ma hic et nunc è banale..
- eppure sembri piuttosto reattiva, a tema..
- e poi vedrai che te la tatuano con caratteri gotici, tipo nazisti!
- mi aiutate a trovare un nome per il mio microfono?
- che ne dite di andare tutte insieme fuori al karaoke?
- Bongo!
- meglio se mi tatuo un geco?
- Congo?
- Pongo?
- mia figlia si è fatta tatuare una evidente decorazione sul collo, e a mio marito abbiamo raccontato che era di henné, ma dopo cinque mesi si inizia a insospettire..
- io pensavo di chiamare il mio microfono Gilberto, da Joao, adoro la bossa nova
- allora Gil.
- io al karaoke non canto nemmeno se mi minacciate fisicamente
- io non ci sono mai andata, ma vorrei farlo per una sorta di curiosità sociologica..
- ho un solo disco di Gilberto, e che palle, peró..
- nemmeno se mi utilizzate come piattello nel tiro a volo
- noooo, io adoro la bossa nova!
- ...una curiosità diciamo antropologica, che sarà soddisfatta solo se cantate tutti.
- io non canto.
- io giuro che canto per ultima.
- io per voi mi faccio la doccia.

mercoledì 27 febbraio 2013

Cosa non si fa per restare


Lunedì sera siamo andati a provare in uno studio di registrazione casalingo, dal nostro batterista, che coltiva in una mostruosa taverna questa sua passione. Ha fatto una cosa pazzesca: stanza della regia, con una parete di schermi di pc, tra cui uno collegato via webcam con la sala di registrazione, a sua volta collegata via webcam alla regia. Una batteria più fornita di piatti di sei puntate di Masterchef, un microfono per voce che assorbe qualsiasi tipo di emissione, anche microscopica, per cui è meglio scordarsi velleità come quella di inspirare, o debolezze analoghe.


Abbiamo registrato due canzoni per chitarra e voce, un solo tape per ognuna. E poi abbiamo assistito all’elaborazione delle stesse, come fossero pongo. Il padrone di casa si è complimentato del mio controllo della voce, che così ho scoperto di avere, grazie al quale il numero di correzioni adottate si è ridotto al minimo, ma ho scoperto che saper cantare, con l’avvento di queste centinaia di plug in, è sì un orpello grazioso e comodo al fine di pubblicare un disco, ma assolutamente niente di necessario. Ascoltarsi registrati con una vividità così incredibile è un’esperienza utilissima, una volta fallito il tentativo di suicidio. Il fatto che la terza passione del nostro fonico batterista sia la degustazione enologica l’ha resa più fluida e godibile.

Senza parole

..senza parole, e poi scrivo, le parole vengono comunque.. È ufficiale, sono tante, tantissime, le persone che dovrei guardare in cagnesco girando per la strada, troppe al lavoro, ovunque..e Maroni in Lombardia, l'apoteosi della follia. Le parole finiscono presto, oggi.

lunedì 25 febbraio 2013

Pantacollant

- Mamma, guarda, gli occhi della gatta si vedono nel buio!
- Infatti sono catarifrangenti!
- Gatta-rifrangenti?

domenica 24 febbraio 2013

Outing

E' il momento che si sappia. Io ho una curiosa abilità, molto utile nel contribuire in modo determinante al successo di un papiro di laurea, quel manifesto che in talune città universitarie si usa redigere per l'amico laureando descrivendo in modo buffo e ambiguo le gesta della sua vita, ma assolutamente poco utile nella vita, soprattutto visto che Stefano Benni detiene da decenni l'unico posto in pianta organica, al riguardo. 
In parole povere: io sono molto brava a creare poemi, sonetti, odi e ballate, in endecasillabi, in settenari, novenari, con attenzione maniacale alla metrica e alla rima, alternata, baciata o come il committente crede. Ma, attenzione, esclusivamente su argomenti assolutamente irrilevanti. 
Due sono le poesie serie che nella vita mi ha dettato il cuore: esse non sono in rima, sono state scritte una nel 1993 e una in anni successivi, entrambe dettate da stravolgimenti del cuore, e quelle due poesie non vedranno mai la luce, passando direttamente dall'oscurità all'oblio in virtù della mia morte. 
Tutto il resto è rima, èd è forse divertente, almeno per me che le ho scritte, affettuoso per chi le ha ricevute, curioso, ma inesorabilmente inutile.
Come prova di ciò che sto scrivendo, perchè mi sembra giusto , riporterò qui sotto una poesia scritta per un'esercitazione in un corso di lingua in Germania, anno dell'Erasmus 1997, pur non del tutto esplicativa in materia di metrica per scelta stilistica, che traduco liberamente poco sotto, precisando che ogni traduzione è un po' morire, che l'opera ci perde. E speriamo così di aprire questo blog all'Europa. 
Potrei anche lanciare un concorso: chi mi dice cosa mai ci possa fare nella vita, con questa abilità, avrà in regalo un poema su un oggetto a piacere.

Weißt du

Weißt du,
meine Liebe ist unendlich,
wie unzählig ist am Meer
der Sand
Aber sag, mein Lieber, 
was hast du 
mit der Bademeisterin gemacht, 
am Strand?

Weißt du,
ich möchte alles das sein, 
was du für mich bist.
Aber erzähl, mein Schatz,
die Frau die immer 
an deinem Telefon antwortet:
wer ist's?

Weißt du,
ich bin in dich verliebt
wie in eine erbarnungslose Katze
ein Kater.
Aber, Herz, 
wer war das Kind
das wir fortwährend folgte
und sagte: Vater?

So, meine große Liebe,
ärgere dich nicht
wenn ich dich schlage und beiße,
wenn du, in der Nacht, 
immer
vergißt,
wie ich heiße.

Sai

Il mio amore è infinito
come lo sono 
i granelli di sabbia.
Ma dimmi, amore,
Che hai fatto colla bagnina
A Castellamare di Stabia?

Sai,
io vorrei essere tutto ciò che tu sei
per me.
Ma racconta, tesoro,
la donna che risponde 
al tuo telefono
chi è?

Sai,
io sono un gatto
innamorato di una gatta
senza pietà.
Ma dimmi:
chi era il bimbo
che ci seguiva ovunque
e ti chiamava
papà?

Così, 
non ti inquetare
se io, e il mio pugno,
ti picchiamo
quando, di notte,
sempre
dimentichi come
mi chiamo.
 


quanti?

Elezioni. Momento cruciale. Angosciante. Lo so. So che dovrei pensare in modo più lungimirante. Dovrei promuovere dibattiti tra i miei neuroni. Dovrei temere per il nostro futuro. E non fissarmi su un solo pensiero: Domani, passeggiando su un qualsiasi marciapiede, facendo la fila in un qualsiasi ufficio postale, sedendo in una qualsiasi pizzeria, che percentuale di passanti dovrò trattenermi dal prendere a botte? E' che, conoscendo la percentuale, ma avendo solo qualche indizio in merito all'individuazione effettiva dei colpevoli, la vita diventerebbe molto molto faticosa.

giovedì 21 febbraio 2013

Perché?

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Ora devo per forza analizzare una questione curiosa.
Ho un lavoro che non manca mai di demoralizzarmi, per i più vari motivi. Perché ho completamente sbagliato gli studi che ho fatto, e se avessi studiato quest’altra cosa chissà. Perché i miei studi comunque non mi vengono riconosciuti dall’inquadramento contrattuale, quindi tanto valeva andare a lavorare a 19 anni, tra l’altro come hanno fatto quelli che qui mi comandano, e avere qualche anno di contributi in più così da sperare di andare in pensione almeno verso i 76. Perché orrendo vabbé, ma almeno avesse un riconoscimento economico che ci permettesse, chessò, di mangiarci una pizza ogni tanto fuori, e invece niente. Perché questo lavoro mi dà il raro privilegio di essere contemporaneamente affaticata dal troppo fare e annoiata dalla qualità del fare – dico, almeno fosse solo noioso, potrei dedicarmi, chessò, al punto croce – Perché nella vita ho sbagliato tutto e questo lavoro mi sta stretto e non ho avuto il coraggio di capirlo in tempo, e ora è tardi e la crisi, e come lo lascio un lavoro sicuro. Perché ho un kapo che non ha la minima idea di cosa stia succedendo, e, quello che è peggio, fa finta di averne un’idea precisa e agisce di conseguenza con la lucidità di un paziente di Basaglia. Perché i miei colleghi sembrano soffrire solo per le mancanze della dirigenza, per l’atmosfera non amichevole, perché siamo sempre meno, come i soldi nella busta paga, e io soffro di tutto questo ma anche del lavoro in sé.
Ecco, in questa atmosfera complessiva, perché mai l’unica cosa che mi rasserena sia pensare a Charles Bukowski?
Nemmeno mi piace tanto, Charles Bukowski. E, d’altra parte, che faccio, a che pro mi paragono a un famoso scrittore? Poi si distruggeva a bere, e io nutro un’angosciata avversione, sicuramente legata a traumi infantili (avrò rimosso una relazione tempestosa con un eroinomane?), per chi si disfa con qualsiasi additivo.
Ma immaginarlo mentre fa il mediocre impiegato in Post Office, e però poi qualcosa crea, qualcosa lascia..mi rassicura, mi solleva dall’inquietudine del tempo inutile, e breve.

Scrivere zen

Non aiutava,il titolo, che pareva cavalcare mode incomprensibili ai più senza una vera consapevolezza, aiutava invece l'aspetto da saggio serio, con la copertina azzurra, il font dei libri universitari di nonno G, e una forma quasi quadrata che ispira saggezza. Ma in ogni caso l'ho letto per un motivo tutto mio, che non riporto. E, udite udite, con lui ho letto il primo saggio di scrittura creativa che abbia un senso, il primo che non sia fatto di consigli inapplicabili a chi non viva come Bukowski, diviso equamente tra princìpi e consigli pratici di grande utilità sui quali spero un dì di avere il tempo di esercitarmi. Sarebbe bello promuovere un gruppo,per farlo, se non dal vivo perfino in via elettronica, per sentire una minima partecipazione in una delle attività più avvolte nella solitudine al mondo. Bello, utile, avvincente. E, dimenticavo, la scrittrice sa esattamente cosa significhi zen. Roba non da poco.

mercoledì 20 febbraio 2013

Scatole cinesi

L'amica G non aveva resistito, aveva acquistato una borsa via internet da un sito inquietante in cui promettevano borse formato valigia marca spagnola famosa al prezzo di un sacchetto di mater-bi, o poco più, vabbè. Siccome erano tempi di ristrettezze, per lungo tempo G aveva taciuto al compagno questo acquisto non proprio necessario, e incauto visto il sito a cui si era affidata. Poi, prevedendo che per quanto un uomo possa essere disinteressato non è facile nascondergli a lungo un sacco di tutti i colori che conterrebbe agevolmente il loro figliolo quattrenne, si era risolta a confessare. Per tutti i mesi di un'attesa che pareva infinita, G ha subito in silenzio i cinici attacchi del compagno: vedrai, ti arriverà un mattone come coi truffatori dei quartieri spagnoli, ragionamento che tra l'altro non considera quanto stupidi sarebbero dei truffatori a pagare spese postali allucinanti per godersi l'idea dello scherzo, invece di limitarsi a non spedire niente. L'altro giorno, ormai rassegnata a anni di lazzi e all'impossibilità di riavere una qualche autonomia negli acquisti online, G trova un pacchetto della misura di un 45 giri sul davanzale. Ecco, pensa, qui dentro ci sta un calzino sporco, non una borsa. E lo lascia sul davanzale, tra l'altro posto curioso per ricevere posta a meno di usare piccioni viaggiatori, attendendo che il compagno se ne esca di casa, per potere almeno piangere da sola tutte le sue lacrime. Ma quando apre la busta,di quelle con le bolle di plastica scoppiabili, incomincia a dispiegare un grumo sottovuoto di stoffa coloratissima un numero tale di volte da immaginare di essere entrata in possesso di un paracadute, e, come Mary Poppins che dalla valigetta estrae l'intero arredamento della camera dei pupi, si trova a pavoneggiarsi con in spalla una borsa formato valigia della famosa marca spagnola (o quasi?) al costo di un sacchetto di mater-bi, vabbé, o quasi.

martedì 19 febbraio 2013

La prova del cuoco

I nostri figli, qui nella frazione dal nome animale del paese dal nome celtico che abitiamo, hanno la fortuna di frequentare un asilo circondato da un parco ampio e allegro, costellato di strani esperimenti scientifici invece che da più banali ma desiati scivoli, e solcato da un torrente dove anatre e oche nuotano in pace. Questo bucolico quadro permette alle mamme di perdersi in chiacchiere mentre i pupi si azzuffano sull' erba, e di dar fondo alle scorte di pane vecchio con la scusa di sfamare i graziosi pennuti. Ieri la madre di D. ha affidato ai nostri figli zoccoletti e mantovane attempate da sbriciolare sul ponticello, e poi ci siamo messe a parlare. Solo dopo un po' abbiamo trovato i nostri bambini che si ingozzavano di pane con la stessa commovente virulenza dei documentari sulla fame nel mondo, per poi pregare noi madri di imparare a cucinare a casa la stessa gustosa ricetta della mamma di D.
Ora, omettendo la preoccupazione di breve durata su cosa mai mangino all'asilo per avere un tale compulsivo appetito, e omettendo la silenziosa imprecazione dovuta alle fatiche quotidiane per inventare pietanze che Babi non disdegni risentito, devo ammettere che ieri noi madri ci siamo permesse di dimenticare la regola d'oro di SOS tata che vieta l'uso dell'ironia, e abbiamo a lungo riso della ricetta del pan vecchio alle spalle dei nostri figli. Catartico.



domenica 17 febbraio 2013

Phisique du Rolex

Ieri la famiglia si è mobilitata per riempire di legna da ardere ogni anfratto del vano scale di nonna D., per preservarla dai rigori di quest'ultimo mese invernale. E un amico si è incaricato di portare in discarica una serie di inguardabili elettrodomestici non funzionanti che ingombravano l'ingresso coperti di polvere. Tra questi tre antichi televisori dal tubo catodico ipertrofico, enormi e tristi nel loro annoso silenzio.
Nonno G: - basta che tu porti un documento che attesti la tua residenza e puoi buttare tutte le televisioni che vuoi, anche se non sembri uno che possieda tre televisioni...
Amico N.: - no, ma sembro uno che ha queste televisioni..

martedì 12 febbraio 2013

Una voce di notte

Sono bastate alcune ore insonni per iniziare e terminare Una voce di notte, l'ultimo Montalbano di Camilleri.
Mi fa pensare a Woody Allen, Camilleri, negli ultimi anni (anche se la nota in fondo dice che questo è stato scritto diversi anni fa, non so come ci trovo i difetti degli ultimi anni). Ovvero: ormai dietro c'è un mestiere, una professionalità, che si può solo invidiare, davanti alla quale restare sempre e comunque esterrefatti, e che semplicemente impedisce a gente come loro di creare una cosa brutta. Però non c'è neanche più l'entusiasmo di assistere a un atto di genio. Soprattutto, dato comune a diversi suoi libri, e che quindi forse ho già descritto, mi infastidisce che, al fine di alimentare più a lungo il mistero, Montalbano, un po' con la scusa dell'età che avanza, ometta di fare attenzione per lunghi capitoli a indizi che salterebbero all'occhio anche a Manetta, l'aiutante demente del commissario Basettoni. E questo vizio, reiterato, toglie un po' di credibilità.

Anvedi il pastore tedesco..

- Nonno G, hai visto il papa, che si è dimesso?
- Sarà perchè è tedesco..Qui non se ne va mai nessuno..

domenica 10 febbraio 2013

Ormoni e maschere

Oggi sfilata paesana di carnevale, con Babi mascherato da uomo ragno, corredata da un bel paio di baffi un tantino troppo corti e dritti per eliminare somiglianze di stampo inquietante, perché un tantino nazista, ma che volevano esclusivamente rappresentare un gangster di Chicago. Un attimo di panico quando una conoscente, intendendo chiedermi se fossero incollati o disegnati sul viso, ha formulato la questione in questi termini: sono veri?


A scuola

Due giorni di corso sulla comunicazione. Per la prima volta ho seguito un corso non "contenutistico", bensì "comportamentale", fatto di simulazioni, esercitazioni, test. Ho scoperto che il fatto che sia sempre stata scelta come confidente da molti è dovuto ad una mia esagerata propensione all'ascolto, e che invece la propensione alla comunicazione verbale lascia alquanto a desiderare, poiché, per evitare a tutti i costi i conflitti, taccio e mi defilo, fingendo di non possedere pensiero. Veicolo ogni mia capacità espressiva articolata nel canto e nella scrittura. Avere un blog che pochissimi leggono è perfetto per evitare qualsiasi contrasto, a pensarci. L'esercitazione più divertente è stata quella che aiuta a vedere la percezione che gli altri hanno di te, attraverso fervidi scambi di aggettivi per l'aula. Dopo aver analizzato lunghi elenchi pervenuti dagli altri partecipanti, alla fine gli aggettivi più usati per descrivermi dal gruppo, posto che quelli che avevo scelto io erano ansiosa, aperta e espansiva, sono stati i seguenti:
gentile
timida
e a pari merito
sicura
insicura
Perché pagare uno psicanalista?

Beata sincerità

Mamma, perché a Parigi i pittori hanno il cappello delle ghiande?

martedì 5 febbraio 2013

Metodo per elevarsi

Domenica, gasata oltre ogni misura per aver raggiunto, nella mia neo attività di corridore, traguardi insperati quanto ridicoli per qualsiasi sportivo con un barlume di serietà, ho stanato in soffitta i vecchi pattini in linea, ho munito Babi di bicicletta, e così bardati abbiamo raggiunto il parco del paese, distanziando Marito appiedato che, saggiamente, trasportava le mie scarpe perchè non si sa mai. Avevo previsto di poter cadere malamente sulle ginocchia prive di protezioni, di tramortirmi di stanchezza, di non essere più capace di equilibrio, ma proprio non quello che è in effetti accaduto: la gomma attempata delle ruote si è fusa con l'asfalto, fino ad aumentarne il diametro in maniera sproporzionata (ma pari per ogni ruota, tanto da conferirmi una certa statura), così da rendere ogni scivolata più gravosa, come se cercassero di murarmi lentamente in un cantiere a seguito di uno sgarro, ma senza farmene rendere conto fino all'ultimo per evitarmi di soffrire inutilmente. Ho tolto i pattini appena in tempo per evitare di doverli abbandonare in piazza, curioso monumento alla modernità, anche se, visto il prezzo di otto ruote nuove, non sarebbe stata una cattiva idea farne un uso da arredo urbano.