Abbiamo
registrato due canzoni per chitarra e voce, un solo tape per ognuna. E poi
abbiamo assistito all’elaborazione delle stesse, come fossero pongo. Il padrone
di casa si è complimentato del mio controllo della voce, che così ho scoperto
di avere, grazie al quale il numero di correzioni adottate si è ridotto al
minimo, ma ho scoperto che saper cantare, con l’avvento di queste centinaia di
plug in, è sì un orpello grazioso e comodo al fine di pubblicare un disco, ma
assolutamente niente di necessario. Ascoltarsi registrati con una vividità così
incredibile è un’esperienza utilissima, una volta fallito il tentativo di
suicidio. Il fatto che la terza passione del nostro fonico batterista sia la
degustazione enologica l’ha resa più fluida e godibile.
mercoledì 27 febbraio 2013
Cosa non si fa per restare
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