venerdì 29 aprile 2011

Faida te

Il nonno G. ha un caro amico, B, ottimo cartongessista, che non può sopportare i lavori fatti con pressapochismo, e interviene invariabilmente con grande entusiasmo e pesanti critiche alla nostra insipienza, disfacendo opere costate lacrime e sangue a poveri indolenziti intellettuali e collaborando attivamente, con piglio dittatoriale, ad ogni ricostruzione corretta o esteticamente migliore. Insomma, non un Vigile di Alberto Sordi, che sputava sentenze ai lavoratori in veste da camera senza muovere un dito, piuttosto un Abatantuono di Marrakech Express, che interveniva ad aiutare gli amici sporcandosi le mani al grido di: ma no, non si fa così, non è modo, ma dai!
La casa che abitiamo deve molto alle visite costanti dell’amico B, alla sua forza instancabile, dalla copertura a gesso delle imperfezioni delle pareti, alla soglia di legno della nuova finestra del bagno, al muretto esterno, base della rete di recinzione, e così via.

Il problema è che nonno G. si sente continuamente in debito con l’amico, e, oltre a fargli da umile manovale, ostentando la sua stessa energia inesauribile e zoppicando a sera verso casa trascinando le ginocchia doloranti, trascorre i suoi giorni a pensare a come potersi sdebitare. L’altro, vedendosi recapitare a casa una settantina di bottiglie, riparte in cerca di un altro modo di essere utile, e il nonno torna a immaginare premi e medaglie. Casa nostra è attualmente la fortunata sede di questa vicenda che pare il contrario della Guerra dei Roses, una sistematica e vivace ristrutturazione che mantiene le caratteristiche di reciproca rivalsa tipiche della faida. Anzi, faida te.

giovedì 28 aprile 2011

Pasqua

In queste vacanze pasquali ho potuto vivere due grandi emozioni.
Il pranzo di domenica, all’aperto a casa della zia M, che ha visto alla stessa tavola un numero di parenti così cospicuo da rappresentare un’eccezione in questa famiglia istituzionalmente frigida, è sfociato in una jam session acustico-percussionistica in cui tutti noi cugini siamo stati coinvolti, compreso Babi, che, munito di un bongo, ha recitato serio il suo ruolo facendo di tutto per tenere il tempo, come altre volte stregato da ciò che scaturisce dalla musica oltre al suono, e che non tutti sentono. Attraverso la festosa cagnara, lo osservavamo con rispettoso stupore.
Il giorno dopo, il sempre caro 25 aprile, abbiamo potuto assistere al grido di battaglia del sindaco, che il Prefetto, per ordine del Ministero dell’Interno, aveva tentato di sedare preventivamente fallendo miseramente, e l’abbiamo accompagnato con urla da stadio, una catarsi collettiva, un sussulto di dignità in questo Paese vergognoso, e con le lacrime di commozione che trattengo a stento quando si tratta di dimostrazioni di civiltà. Babi, pur spaventato dalla folla rumorosa, ha mantenuto il suo tipico silenzio emozionato davanti alla banda, particolarmente nel momento suggestivo in cui una percussione isolata accompagnava l’arrivo dei gonfaloni. Una telecamera vagante non ha potuto trattenersi dal riprenderlo, e siamo finiti nel TG regionale della sera.

mercoledì 27 aprile 2011

Que viva Montalbano

Ieri sera, rilassante puntata del commissario Montalbano, rivista con piacere, e fonte di questa breve considerazione: è possibile che in un telefilm come questo anche l’ultimo portatore di una sola brevissima battuta sia chiaramente un buon attore, il cui contributo valga quanto la sceneggiatura, i protagonisti, le ambientazioni, a rendere questa serie un prodotto di ottima qualità, mentre la quasi totalità delle produzioni televisive di questo Paese esponga esempi di tale incapacità recitativa e mancanza di talento da renderne imbarazzante la visione, senza che i più notino la differenza?
Questa continua necessità politica di trovare impieghi soddisfacenti a totali insipienti è una piaga in ogni settore. E mi pare che i più ormai non notino alcuna differenza, in qualsiasi campo.

PS: proprio a seguito di questa puntata, Franco Cardiello, senatore di Coesione NAzionale, ha presentato un'interrogazione parlamentare sulla vergognosa questione dell'invettiva di Montalbano contro la polizia dopo i fatti di Genova. Per una volta a tono la replica del PD: il senatore forse non si è accorto che si tratta dell'ennesima repilica di una puntata del 2005; temiamo che alla prossima messa in onda del film Spartacus il senatore presenti una protesta in quanto Kirk Douglas incita alla rivoluzione.

Habemus Papam

Anni fa, Marito ed io ci frequentavamo soprattutto nei cinema, luoghi di comode poltrone per lo spirito in cui la comune passione cinefila piano piano si fondeva con un’altra passione, quella reciproca.
Eravamo sempre muniti di abbonamento da dividere amorosamente, e non c’era film che ci sfuggisse, tanto che le arene estive all’aperto, che normalmente ripercorrono le strade cinematografiche della stagione appena conclusa, ci risultavano inutili, avendo già visto tutto ciò che ci interessava.
L’ultima volta che mi sono seduta davanti a uno schermo era nel marzo del 2008, con un pancione dirigibile che conteneva un Babi che rispondeva vivace ai rumori del film. Quel giorno non sapevo che sarebbero passati tre anni, prima di tornarci, altrimenti avrei organizzato un commiato più ufficiale, magari un breve discorso.
Ebbene: sabato, complice nonna D., Marito ed io ci siamo potuti di nuovo abbandonare in quelle magnifiche poltrone, e giuro, non è uno di quei modi di dire, ho sentito tre anni in meno, come se non le avessi mai lasciate.
Francamente avrei tollerato qualsiasi film, pur di riprovare quella amata sensazione, ma abbiamo anche avuto la fortuna di vedere Habemus Papam, che ci è molto piaciuto, dunque spenderò due parole per conservarlo nella memoria.

Un ateo che affronta quell’argomento, particolarmente in un Paese come questo, deve avere un coraggio da leone, e Moretti l’ha affrontato con una tale delicatezza da peccare forse in ostentazione di ingenuità, non certo in mancanza di rispetto.
A mio parere, il nodo dell’elezione del Papa è uno di quei momenti in cui un cattolico deve più fortemente abbandonarsi al mistero della fede, perché ho sempre trovato particolarmente stridente l’identificazione del concetto del rappresentante in terra della divinità con quell’elezione con tanto di quorum, favoriti, ripetizioni del voto e gruppi di potere in cui si sostanzia ogni Conclave.
Moretti non si serve di questa contraddizione, anzi, decide di soffermarsi sulla paura del prescelto di non essere all’altezza di un compito così alto, e di circondarlo di cardinali di quelli che ci piace immaginare, così fuori dalle barbare regole del mondo da risultare pecorelle curiose e ingenue, attaccate alla propria fede e alla propria missione in maniera assoluta e acritica, come a un salvagente nel naufragio (in realtà, temo che la maggior parte dei cardinali sia a perfetta conoscenza delle quotazioni dei broker britannici in prossimità dell’elezione).
Quindi, coloro che gridano allo scandalo facciano il piacere: se hanno il pieno diritto di non trovare contraddizioni tra l’ispirazione divina e i bassi istinti del potere, tentino di considerare per lo meno possibile l’emersione di una debolezza umana dovuta all’umiltà.

mercoledì 20 aprile 2011

Vita sommersa

Avete presente quando con distrazione capita di sollevare un vaso di fiori muschiato dal tempo, e improvvisamente, in un moto di disgusto (a meno di non essere Gerald Durrell), diventate involontari spettatori di un mondo parallelo fatto di formiche accasate, forbicine assatanate, lombrichi desiderosi di frescura, muschi e licheni? La coscienza oscilla tra la definitiva rimozione del vaso, con conseguente pulizia del loco e sanguinosi tentativi di toglierne l’impronta ormai scolpita nel pavimento, e la rimozione psicanalitica dell’evento, con riposizionamento del contenitore a allontanamento fischiettato. Tanto si riesce, a dimenticare, oh se ci si riesce.

Ecco. La mia scrivania, in ufficio, è ridotta più o meno nello stesso modo. Ogni qualvolta, per decisione o forza maggiore, io sia costretta a spostare un foglio A4 dalla cima del castello di carta che nasconde tastiera, telefono e parzialmente il monitor, appare un mondo sommerso di camurrìe, rimosse a fatica in giorni di sovrapposizioni fisiche e mentali. Giuro, sembra quasi che brulichino, sembra quasi di sentire l’odore del muschio, della natura segreta che dalla penombra mi minaccia.
Credo sia ora di ferie.

lunedì 18 aprile 2011

La danza della realtà

Con lentezza ho letto La danza della realtà di Alejandro Jodorovsky, di cui avevo letto solo, tempo fa, Quando Teresa si arrabbiò con Dio, traendone soddisfazione, ma non un ricordo abbastanza vivido da recensirlo qui.
Con lentezza, perché frequentemente intervenivano i miei libri di giardinaggio, o di erbe spontanee, o la rivista di Emergency, o il solito Venerdì della Repubblica, e troppo spesso indulgevo nelle pause, come accade per le letture che mi lasciano perplessa.
Nelle autobiografie prediligo soffermarmi sull’infanzia, come è accaduto con Marquez, e un po’ anche con questo; rimango ogni volta affascinata da quanti ricordi restino a queste persone, e come vengano rielaborati in modo così lucido da capire molto di sé. Io, della mia, conservo poche immagini, qualche momento apparentemente privo di importanza, alcuni racconti altrui confusi con la mia memoria tanto da sembrare ricordi, fotografie in bianco e nero tramutate in personali rievocazioni.
Questi scrittori conservano tutto, particolari e significati, dunque forse meritano d’esser scrittori.

Dopo il periodo infantile, dove qualche traccia di autocommiserazione di troppo a volte mi ha infastidita (a giustificazione di cicatrici indelebili descriveva a volte episodi che al mio sentire tanto dolorosi non sembravano, forse è un problema mio), incomincia la descrizione dell’allontanamento da una famiglia che lo avviluppava rifiutandolo nell’intimo, per giungere, per lenti gradi, alla scoperta della psicomagia, del rendersi guaritori sciamani dei mali dell’animo altrui attraverso l’arte (forte l’ispirazione al surrealismo), l’immaginazione, utilizzate nella loro primitiva funzione di cura. La psicomagia, perdonino i conoscitori questa descrizione raffazzonata, intende intervenire sull’inconscio attraverso rituali comportamentali simbolici e metaforici, che ne nutrono i bisogni come farebbero comportamenti reali, forzando la barriera di censura logica della coscienza e portando a guardare la propria condizione in un modo diverso, e a intraprendere la strada per la guarigione, o per l’accettazione di sé.
Che dire: credevo di lasciare il libro a metà, allergica a qualsiasi cosa contenga la parola magia (forse proprio per barriere censorie della mia coscienza..), per poi dare all'autore la possibilità di spiegarsi in forza della sua Sudamericanità - unico continente a cui concedo arti magiche per la splendida maniera con cui le integra nella quotidianità - e alla fine sono contenta, e qualcosa ho imparato.

Mia!

All’asilo nido, il tempo a disposizione per ritirare il bebè è di più di mezz’ora, fino alle quattro e mezza, e se occasionalmente accade un imprevisto puoi chiamare e ti aspettano; tutto ciò regala una sensazione riposante, che rende preoccupante l’asilo pubblico che seguirà a settembre, dove il tempo del ritiro è breve e indeformabile, a costo di mollarti il pargolo fuori dal portone se sfidi la pazienza delle maestre.
L’altro giorno Babi mi ha redarguita, nonostante fossi perfettamente nei termini: perché non sei venuta prima, a prendermi? Perché è venuta prima la mamma di Alessandro?
Ecco, mi son detta, quando l’istituzione collabora, ci pensa il bambino a ridimensionare il privilegio; si sarà sentito solo e abbandonato, in attesa della sua mamma, tra tutti i compagni che fuggivano felici. Ecco, sono una madre terribile.
Ma poi il quadro si è chiarito: uno dei passatempi preferiti di Babi è inseguire il pallone, tallonato da un genitore, mentre grida “mia mia mia”, suscitando in me gloriosi ricordi di quando, all’ora di pallavolo delle medie, si preferiva per un’innata pigrizia sottrarsi alla palla gridando “tua”, senza specificare ulteriormente, ma questa è un'altra storia. Questo gioco è stato adattato alla situazione, nella noia dell’attesa pomeridiana al nido: al cigolare della porta i bambini urlavano “mia mia mia”, riferendosi alla madre che stava entrando; io sono venuta dopo quella di Alessandro. E mio figlio non sopporta di perdere.

mercoledì 13 aprile 2011

Antri tenebrosi

Nonno G., alle spalle della sua casetta nel quartiere fu popolare della città, ora destinazione di ricche ristrutturazioni come tutti i centri storici, ha un cortile estremamente ombroso, circondato da case e muraglie, con un quadrato di terra rialzata sul cemento.
Su questa terra detiene:
- Un ciliegio alla continua ricerca di un raggio di sole, di dimensioni tali da meritare una menzione nel guinness dei primati forse perché cresciuto in regime di Cernobyl, con un aspetto maestoso accentuato dalla attuale fioritura, ma che rende del tutto impossibile cogliere la maggior parte dei frutti, che invecchiano tristemente a sette metri da noi
- Un esercito di zanzare tigre di dimensioni perfettamente proporzionate al ciliegio, che rendono impossibile la frequentazione della zona da maggio a settembre, mentre il freddo vi rende impossibile il soggiorno tra settembre e marzo, motivo per il quale ieri, giorno d’aprile, ci trovavamo tutti lì, ad affermarne il possesso contro i tentativi di usucapione di chicchessia.
- Un vivaio di infestanti da zona fredda-umida, autoreplicatesi nei decenni, che nonno G. definisce affettuosamente “le mie pecorelle”, visto che si accavallano come lanuggine sulla nuda terra.

Ieri, con l’amico T, si è svolta la seguente conversazione assorta e perfettamente seria, durante una mattina di imbottigliamento di damigiane di prosecco (l’attività ferve, durante l’unico mese utile):
- ma dimmi - abbracciando le infestanti con lo sguardo - come fai a coltivare questi esemplari eccezionali? Non vengono su da nessuna parte…dove ti fornisci?
- Eh, ho i miei segreti!
- Parlando sul serio, vista l’ombra non ti converrebbe coltivarci viole?
- No, perché si incioccano.
E il lavoro è ripreso.

lunedì 11 aprile 2011

Ma chi scrive, legge?

Tra le tantissime e profonde contraddizioni della nostra società trovo incredibili le notizie che giornali, riviste e TG riportano in sequenza, a distanza di poche pagine o poche righe, senza alcuna apparente consapevolezza.

1) Le polveri PM10 aumentano a dismisura ogni volta che non piove per due giorni: cittadini, piantatela di andare in automobile! Utilizzate il tram! Andate in bicicletta, a piedi, fa bene alla salute!
Alla pagina seguente: cittadini! Se non vi muovete a comprare altre auto, approfittando degli ottimi incentivi, manderete in cassa integrazione un numero incredibile di operai, ridurrete in povertà centinaia di famiglie, ma non avete un cuore?

2) Tutti insieme contro l’anoressia delle modelle! Basta promuovere un’immagine della donna come appendiabiti! E’ pericoloso!
Poco dopo, l’immagine di un’attrice/cantante/modella/ che, magari in seguito a una gravidanza, risulta essere semplicemente magra, ma non più scheletrica, e il commento: eccola in spiaggia, mentre, incurante dei chili di troppo, gioca con il figlio in bikini.

3) La terra non basta più a soddisfare i nostri bisogni! Dobbiamo assolutamente vivere in modo più sobrio e non consumare risorse in modo dissoluto!
Poche righe sotto, il commento di un importante economista sulla stasi del PIL, che non aumenta più, condannando tutti alla povertà.

Che nella nostra vita quotidiana si creino contraddizioni a volte insanabili, che si razzoli diversamente da come si predica, che nella stessa giornata si provi odio e amore, che il nostro senso etico venga represso da un bisogno consumistico del momento, è parte del nostro andare.

Ma trovo incredibile che chi impagina informazione non lo senta, lo stridere di questi ragionamenti, come davanti ad un discorso senza congiuntivi. Non sarebbe compito di chi informa, far notare questa ridicola incoerenza, trovare chi sostenga la razionalità di entrambe le posizioni, o semplicemente evitare di risultare completamente rincoglionito?

giovedì 7 aprile 2011

Sfumature di verde

Dunque: è un mese che vado a scuola di orto, ma quasi un anno che leggo voracemente manuali di giardinaggio, progetto, prendo appunti, sperimento strane teorie.

Il mio orto si presenta ancora come un cantiere. Un metro quadro di radicchio, germogli seminati a spaglio in un momento in cui devo aver bevuto un bicchiere di troppo assumendo anfetamine, il tutto senza accorgermene, perché è come avesse l’alopecia, tra chiazze verdissime in un triste mare marrone. Due miseri piselli che allungano le zampette senza raggiungere la spalliera, e sassi, sassi, fili di paglia, e gramigna che fa capolino ad attendere le solanacee.
Ecco. La casa vicina alla nostra, domenica era circondata da un bel prato verde incolto, dove Pantacollant amava soffermarsi per riflettere sulle morte stagioni.
Lunedì sono tornata dal lavoro, e stavano finendo di arare con una sorta di motozappa. Martedì erano già state predisposte le prode rialzate, di un marrone testa di moro incredibile, apparentemente privo di sassi e grumi. Mercoledì l’orto era stato recintato da una leziosa cornice di cemento a cappette, il sentiero era stato spianato, e terminava con un arco su cui un trachelospermum sembrava arrampicarsi un centimetro al minuto. Oggi temo di tornare a casa e trovare cesti colmi di zucchine.
Sono consapevole che l’erba del vicino sia sempre più verde, ma temo di essere più verde io.

lunedì 4 aprile 2011

La bbanda

Ieri Babi ha ascoltato imperturbabile per quarantacinque minuti il nostro amato sindaco, sussurrandomi domande come: perché ha detto “festa”? Perché ha detto “silenzio”? Ad ogni parola conosciuta, il tutto per ascoltare il suo mito: la banda.

E quando la banda ha cominciato, non l’ha ascoltata in quel modo un po’ puerile con cui si ascolta qualsiasi tipo di baccano, ondeggiando vagamente o tra balzi e piroette, a seconda dell’età. Egli è rimasto muto, con degli imperscrutabili occhiali da sole da Elwood Blues, stretto al mio collo, avvolto in un profondo eccesso di emozioni. Guardava i movimenti del maestro, le dita sul clarinetto, le labbra sul trombone, come ipnotizzato.

Finita la musica ha continuato a tacere, dopo un applauso assorto.

La prima cosa che ha detto seccato, con tono da caporeparto alle cinque meno un minuto, mentre la folla si disperdeva e gli astucci si chiudevano su quel tesoro d’ottone, è stata: - e adesso, dove stanno andando?

w internet


L’utilità dei siti in cui gli utenti giudicano gli alberghi è quanto mai attuale, ed evita figuracce di una certa entità. Cercando un albergo per i genitori di amici, e chiedendo dunque di visitare le camere, può capitare che il concierge divaghi parlando di sfortunata coincidenza con il momento delle pulizie di fondo, e può anche succedere che lo si ritenga in buona fede.

E qui entrano in gioco i siti specializzati. Per quell’albergo, questi erano i commenti:

- Ho girato il mondo intero, ma non ho mai visto niente di più brutto

- credo che sotto il letto l’unico oggetto a non aver trovato posto sia stata una marmitta

- Dover spostare ogni volta il letto matrimoniale per entrare in bagno è francamente esagerato

- il portiere mi ha rubato le valigie

- I gatti di polvere hanno minacciato il mio bull terrier

- Il copriletto è incrostato nelle lenzuola

- la carta igienica non era in quantità necessaria a riempire il buco nella parete

- Il momento più tranquillo è stata l’irruzione della polizia alle quattro del mattino.

Oh, siti impagabili!

venerdì 1 aprile 2011

La moda del cerotto

Ieri, all'asilo, tre mamme perplesse sono arrivate ad accompagnare i pargoli con in mano un cerotto, che i figli le avevano costrette a portare, per indossarli "alla Babi".
Babi, come residuo di una peraltro leggera varicella, ha in mezzo alla fronte, a mo' di bindi indiano, una crosta di ragguardevoli dimensioni causata dal continuo grattarsi. Per evitare che tra le recriminazioni che ci aspettiamo dall'adolescenza prenda forma anche il biasimo a genitori che gli abbiano permesso di far scempio del suo viso, l'abbiamo munito da giorni di un ampio cerotto color carne, confidando che bambini così piccoli non siano ancora predisposti al dileggio dell'amico ferito.
Invece, sconvolgente, il ragazzo ha fatto moda.
Senza saperlo, poichè il cerotto da adulti gli irrita la pelle, oggi ho dotato Babi di un cerotto blu con numerose paperette, un pesce rosso in boccia, una volpe e un gufo. Credo che farà furore, e possiamo lanciare il brand.