mercoledì 29 giugno 2016

Le luci nelle case degli altri


Niente da fare, Chiara Gamberale ci sa fare alla grande. 
Nulla del puerile e dello scontato che spesso sento nella nuova letteratura italiana, che stridono come una forchetta sul piatto, e che sospetto anche nella narrativa straniera, magari calmierato da qualche bravo traduttore, come quando il doppiatore al cinema salva gli attori cani. Quel qualcosa che mi imbarazza da sempre, come fossi io a scrivere, ed altri a commentare abbassando gli occhi per non dirmi in faccia "ma per piacere".
Su ogni pagina posso piacevolmente soffermarmi. A ogni riga posso immaginare, ovunque riconoscermi. O riconoscere qualcosa che nella vita mi ha toccata. Cosa posso desiderare di più?

Ed ecco, letto, subito dopo, un esempio imbarazzante della narrativa di cui sopra, quella della forchetta sul piatto: Sante Roperto, la notte in cui gli animali parlano. 
Bah.

lunedì 27 giugno 2016

L'hotel, questo sconosciuto

- mamma, ma perché tu e papà dicevate "mezza pensione"? State ancora lavorando del tutto!

martedì 21 giugno 2016

Felici i felici

E già il titolo dice tutto quello che ho pensato del libro. Un titolo bello, ma che non comprendo fino in fondo.
Leggendo, normalmente, o mi sento a casa o mi sento sperduta. Ecco, in questo libro non ho mai cessato di sentirmi contemporaneamente in entrambi i modi. Parlano diverse persone, una per capitolo. E ogni tanto ti riesce di fare un collegamento (ma questa è la figlia di quell'altro e la moglie di quello che ha appena parlato). Ma poi il collegamento lo perdi. E fino alla fine non riesci a creare un bell'albero genealogico, come quello che devi appendere alla parete mentre leggi Cent'anni di solitudine. Semplicemente te ne freghi. Perché ogni soliloquio dei protagonisti contiene qualcosa di tuo, che hai provato, che potresti vivere o che avresti sempre voluto dire. Credo possa bastare.

venerdì 17 giugno 2016

Valutazioni di opportunità

Con il mio gruppo, i Decanters, finalmente sembriamo iniziare a carburare, e sto accarezzando l'idea di riuscire a mettere su un piccolo repertorio per il matrimonio di una carissima amica. L'altra sera, a prove, volevo proporre ai musicisti la possibilità di questa gita fuoriporta a ottobre, ma poi mi sono resa conto dei pezzi che stavamo provando (seguono citazioni e traduzioni personali):

Prendila così: lasciami giù qui, è la solita prudenza, loro senza me, hai detto, è un problema di coscienza (...) cerca di evitare tutti i posti che frequento e che frequenti anche tu, nasce l'esigenza di fuggirsi per non ferirsi di più

Why don't you do right:  perché non fai come gli altri uomini, hai perso tutto, vattene e portami un po' di soldi

Don't explain: tirati via quella macchia di rossetto, e non spiegarmi niente

Anche un uomo: Anche un uomo può sempre avere un'anima, ma non credere che l'userà per capire te

Darn that dream: maledetta la mia mente che non riesce a capire che a te non interesso, per cambiare questa sensazione accoglierei volentieri un bell'incubo.

Estate: l'estate che ha creato il nostro amore per farmi poi morire di dolor

E tutto all'improvviso inizio a chiedermi se intendiamo precluderci la partecipazione a matrimoni vita natural durante, e soprattutto cosa stiamo tentando di dire al mondo...

 

mercoledì 15 giugno 2016

Uncertainty fair

Bisogna premettere una cosa:
alcuni anni fa sono stata abbonata per credo sei mesi ad una delle riviste femminili che circolano nelle spiagge estive, vuoi per l'abbrutimento della maternità, quando il dono d'amore è appena giunto in famiglia e non lascia dormire, leggere, riposare, vivere, vuoi perché francamente la ritengo la migliore rivista del genere, e infatti ci scrive più di un autore che io personalmente e sobriamente idolatro.
L'abbonamento però non sopravvisse oltre quel periodo, perché il tempo con l'età stringe sempre di più, e in qualsiasi ambito siamo costretti a fare delle scelte: o leggo riviste o leggo libri, e francamente non ho avuto dubbi. Le riviste femminili le riservo a limitatissimi periodi di abbronzatura sul lettino, quando il prezioso Kindle potrebbe ferirsi con il sole o la sabbia. 
In questi anni sono stata oggetto di ripetute ma non fastidiose richieste da parte dell'editore del settimanale, che non si capacitava del mio recesso, non conoscendo i recessi della mia anima.

Qualche tempo fa mi è stato offerto un buono per ritirare la stessa rivista gratuitamente.

Ho pensato che forse, essendo gratuita, avrei potuto mantenere nei limiti la mia ossessione di lettrice compulsiva, leggere da cima a fondo qualsiasi oggetto abbia l'aspetto di scrittura, sia aramaico o cuneiforme (in contrasto, lo ammetto, con il nome di questo blog). 
Ho quindi accettato. 
La prima settimana abbiamo ritirato il giornale, l'abbiamo letto con piacere. Poi è arrivato il secondo buono. E il terzo. Ho pensato che la promozione durasse un mese. 
Poco dopo il quinto è arrivato un sondaggio a cui partecipare: dovevo pur sdebitarmi, ma sono stata chiara.
- E' stata contenta della promozione?
- molto
- Quante copie della rivista comprava prima della promozione?
- due all'anno
- E quante ne acquisterà ora?
- due all'anno.
Ho pensato: ecco. Finita. Nel mio caso, fallita. 
Ed è arrivato un altro buono. Poi un altro e un altro ancora. 
Le riviste si accumulano sul mio comodino, sempre meno interessanti. E io mi interrogo
Caso uno:  Si è inceppato il loro sistema operativo. Da oggetto di promozione sono diventata lettrice onoraria a vita, e alla mia morte mio figlio erediterà il 51% delle azioni dell'editore.
Caso due: sotto la luce soffusa di uno dei peggiori bar di Caracas, dopo numerose Caipirine, io ho firmato un contratto in base al quale, a meno di disdetta da inviare con raccomandata entro la settimana scorsa, mi troverò a fine anno a pagare una quantità di copie del giornale tale da costringermi a vendere la casa.
Caso tre: è una geniale idea di marketing, così geniale che solo le persone intelligenti ne capiscono le finalità, e nessuno, presso l'editore, ha il coraggio di passare per stupido chiedendo chiarimenti.

Cose che si ribellano

Vogliamo parlarne apertamente una volta per tutte?
Vogliamo cercare di chiarire alcuni misteri incomprensibili unendo le nostre forze in un tentativo razionale, senza lasciare spazio alle forze del male? Vogliamo arginare la rivoluzione delle cose?

 UNO
Quando sono al telefono, alla scrivania, il mio braccio compie il movimento di prendere la cornetta e rimetterla in sede; il corpo del telefono normalmente non si comporta come una trottola, rimane al suo posto a fare il suo lavoro. La mia persona nel complesso tende ad evitare di giocare con la sedia con le rotelle girando su se stessa più e più volte: forse farebbe bene all'umore, ma ci perderei in sobrietà amministrativa.
Dunque mi chiedo: perché diavolo il cavo del telefono in ufficio si avvoltola su se stesso?

 DUE
La premiata ditta ha sostituito, con una maestosa alzata di ingegno, un metodo vecchio 40 anni come il fax con un metodo vecchio 20 come il fax server. Piano piano arriveremo alla mail, me lo sento. Comunque, dicevo, questa modernissma procedura prevede il salvataggio di decine di pdf al giorno, passati allo scanner, dentro cartelline colorate sul desktop, e qui si pone il misterioso problema.
Perché qualche rara volta il percorso per arrivare alla cartellina che mi interessa devo farlo solo con il primo file, e per gli altri basta aprire il pdf, cliccare salva col nome,e si apre già il percorso selezionato per il file precedente, e invece la maggior parte dei giorni devo ripetere il percorso per ogni singolo pdf?

TRE
Io non uso la borsa come uno shaker. E le mie tasche non vengono usate abitualmente per estrarre i numeri del lotto mescolando palline. 
Perché allora quando gli auricolari del telefono vengono lasciati soli con se stessi intrecciano danze agli Dei fino ad annodarsi irrimediabilmente, in una sorta di macramè assurdo che deve essere districato col balsamo come i miei capelli dopo un giorno in una cava di carbonato di calcio?


QUATTRO
Perchè il mio telefono decide quotidianamente di propria iniziativa di eliminare i suggerimenti predittivi dalla chat, impedendomi così di comporre quelle frasi irrazionali che la tastiera propone, tanto utili quando non c'è null'altro da dire ("la prima volta che mi sono svegliata alle ore piccole, per il momento in cui si parla del futuro del nostro tempo è stato bello conoscerti")?

CINQUE
Perché, quando un gruppo jazz decide di eseguire un nuovo brano, la prima esecuzione in assoluto, rigorosamente durante le prove, è sempre la migliore, e l'atmosfera che si determina durante quella esecuzione resterà assolutamente irripetibile e inavvicinabile in tutte le esecuzioni successive, comprese quelle in pubblico?

E mi fermo solo per decenza.

martedì 14 giugno 2016

Funny girl

Funny girl di Nick Hornby. Quando penso a un reale professionista della scrittura contemporanea, di quelli che se gli chiedono "ma cosa fai nella vita?" possono rispondere a testa alta e nella piena convinzione di aver fatto bene "lo scrittore", quello è Nick Hornby.
Ebbene, Funny girl non mi ha fatta piangere, o ridere a crepapelle, battere il cuore, e anche la nostalgia per i personaggi che mi permea quando termino certi libri
non mi sta consumando, ma diavolo, quell'uomo mi ha trasportata negli anni Sessanta della radio britannica in modo così leggero, convincente, totalizzante, che non solo fa pensare che tutto questo l'abbia vissuto lui, ma anche che debba per forza averlo vissuto io. In ogni pagina ammiro la competenza e l'abilità. Come guardare un artigiano talentuoso far apparire un baldacchino da un tronco d'olivo.

mercoledì 8 giugno 2016

Il mondo alla rovescia

La visione del film "Pelé" ha scatenato in Babi le consuete velleità emulative, e questa volta devo dire che si prefigge mete decisamente più elevate delle volte precedenti (una città in Lego, riprodurre una rullata di batteria dei Bon Jovi, acrobazie sullo waveboard, disegnare lo scudetto del Real Madrid, fischiare, scoregge ascellari). L'importante è che non si faccia cogliere dall'inadeguatezza, e si diverta. 
E che non faccia fuori le finanze familiari.
Infatti il campione brasiliano, nei suoi pazienti esercizi per il controllo del pallone, merce rara nelle favelas del Brasile anni Cinquanta, si serviva di un numero spropositato di manghi, presi dall'enorme albero che sovrastava l'ospedale dove faceva l'inserviente col padre.
Dunque Babi, molto attento da sempre alla precisione del contesto da cui trarre ispirazione, desidera avere una ampia disponibilità di manghi da colpire ripetutamente con testa, petto e piedi, per acquisire il controllo di Pelé.
Pur sorvolando sui problemi di lavaggio degli abiti messi a dura prova da schizzi di frutta esotica, non è stato facile spiegargli che con i soldi di un mango, attualmente, da Decathlon si possono acquistare tre palloni da calcio a prezzo minimo.
Fossero almeno sugli alberi anche i palloni, la natura avrebbe trovato il modo di renderli biodegradabili.

venerdì 3 giugno 2016

Life is life

Mi rendo conto che quella che sto per scrivere è una di quelle verità che le famiglie dovrebbero mettere in lavatrice a casa loro, senza inopportune condivisioni, ma forse la sincerità potrebbe aiutarmi a superare il trauma. 
I colleghi, molto tempo fa, invitati a cena per il mio compleanno, mi portarono un regalo e un biglietto musicale. Aprendolo, una battuta di spirito non eccezionale veniva accompagnata dal ritornello di "life is life" degli Opus. Ebbene, terminata la cena ho fatto una cosa imperdonabile: ho appoggiato il biglietto sulla cassettiera all'entrata, un mobile talmente pieno di roba che a suo confronto la borsa di Mary Poppins non è che una pochette. Da quel momento il biglietto è scomparso, semplicemente non appare più alla vista di nessun membro della famiglia. È introvabile. Ma questo non significa che non si faccia vivo con una frequenza e una scelta dei tempi comici invidiabile. 
- Babi! Prendi la sciarpa, se no prendi l'ennesimo raffreddore! 
"Life is life...na na na na na",
recita la cassettiera.
- ora basta, Marito! Non puoi di nuovo rompere, ne abbiamo già parlato! 
"Life is life...na na na na na", rendendo inutile qualsiasi replica.
Da un po' di tempo taceva, rendendoci speranzosi circa l'esaurimento della batteria, e la fine di questo rapporto malato e impari. Ma a quanto pare il diabolico ingranaggio ha trovato il modo di funzionare ad acari, perché oggi, mentre marito, stremato sul divano in preda a un gravissimo raffreddore cercava sollievo nell'affetto di Pastaconlesarde, il nostro cane, chiedendosi con quale farmaco di nuova sperimentazione uscire da questo stato comatoso, e se mai avrebbe potuto rialzarsi, la cassettiera ha ripreso indomita: life is life, na na na na na.
Grazie.

mercoledì 1 giugno 2016

L'amore imperfetto

Ecco che ricomincio a lasciare traccia dei libri che leggo, con l'Amore imperfetto di Grazia Attili, che ha creato un saggio godibile e documentato sulle derivazioni biologico-storico-evoluzionistiche dell'amore materno e dell'amore paterno, ovvero di come si siano differenziati, ma contemporaneamente rafforzati a vicenda, fondamentalmente al solo fine di perseguire la spinta che ancora surclassa ogni altra, nel determinare i nostri comportamenti: il successo riproduttivo, il far sì che i nostri geni ci sopravvivano.
Spogliati di ogni velleità, restiamo scimmie nude alla ricerca di un'istintiva immortalità.

A chi non è mai capitato?

Un amico, il cui nome sarà da me celato fino alla tomba perché ancora teme rigurgiti istituzionali a distanza di una quarantina d'anni, mi ha raccontato di essere stato arrestato ad Amsterdam, per aver rubato una grammatica inglese, a 19 anni, ovvero ai tempi in cui i sistemi sonori antitaccheggio erano già ben noti nelle perfide città nordiche, ma non ancora nelle raffazzonate italiche cittadine come la nostra.
Orbene l'amico infila la porta con la sua grammatica nella giacchetta, quasi spavaldo, come se la impellente necessità del ripasso del present continuous escludesse ogni connotazione giuridica e morale all'atto, e il mondo prende a suonare. Egli si interroga: è la grammatica inglese, che suona? E' un cortese addio agli avventori della libreria? Ho calpestato un mangiadischi (tanto per inserire il lettore in un'epoca ben precisa, ndr)?
Ma i suoi pensieri non vanno lontano, e soprattutto non lo aiutano a imprimere un vorticare alle gambe utile a conquistare la salvezza, perchè un signore in giacca e cravatta, con una fisicità non distante da un hooligan nell'esercizio delle sue tifose funzioni, lo agguanta e lo trascina in un piccolo ufficio. Ove viene immediatamente convocata la Pubblica Sicurezza, nei panni del poliziotto buono e di quello cattivo, il quale, senza alcuna considerazione per la curiosa tipologia del furto, lo ammanetta, trascinandolo per le strade del centro fino alla questura. Forse sarebbe stato diverso, se si fosse trattato di una grammatica di olandese settentrionale.
Fatto sta che, dopo interventi psicologicamente discutibili in una lingua sconosciuta (insisto: rubate sempre la grammatica corretta, gente, ndr) da parte del poliziotto cattivo, l'amico è stato lasciato solo con quell'altro. Che gli ha detto, senza inutili parafrasi: io ti lascio andare, ma tu mi procuri un cappello da carabiniere italiano.
E qui potremmo attardarci in numerose speculazioni sulla corruzione dilagante, che non limita i propri influssi alla nostra sfortunata Europa meridionale, ma io preferisco di gran lunga soffermarmi sul fatto che un mona ruba una grammatica inglese a Amsterdam, ed un altro trova sensato riscattarne la libertà per un cappello da carabiniere.
A onor del vero, il nostro amico è tornato in Italia, e subito si è dato da fare a procurare (commettendo altro reato) il desiato cappello, come se il poliziotto buono facesse parte di una STASI sovranazionale capace di verificarne il mantenimento delle promesse. L'ha prontamente inviato, e mai ha ricevuto risposta.

Da allora si tiene lontano da reati, grammatiche, Olanda e carabinieri. Niente male, quanto a collezione di fobie.

La rivoluzione delle categorie - e i loro limiti

Da anni mi trascino dietro una nebulosa teoria che concerne la catalogazione degli uomini in quattro categorie.
Solo che è una teoria fatta di sensazioni, e di continui cambiamenti, dato che spesso non ricordo a quale tipologia corrisponda quale comportamento. Accenno qualcosa al mio interlocutore del momento, e pare anche interessato, ma subito mi spengo, conscia di non essere in grado di sostenere riscontri scientifici e peer review necessari alla pubblicazione su Nature.
Dunque, mi son detta, perché non fissare in questo luogo le poche evidenze che ho incontrato sulla via?
Magari così io per prima riesco a ricucire i capi della questione, dandole una forma atta ad essere esposta almeno su un tazebao.
Doverosa premessa: mi riferisco esclusivamente agli uomini eterosessuali, dato che la teoria intende rifarsi ad esperienze che tipicamente una donna vive con questi ultimi.

Gli uomini sono assoggettabili a 4 categorie:

1. uomo - uomo - uomo
2. uomo - donna - uomo
3. uomo - uomo - donna
4. uomo - donna - donna

Possiamo notare che la prima specifica "uomo" riguarda tutte e 4 le categorie. Essa infatti si riferisce al solo dato anatomico  e strutturale che determina la differenza biologica del maschio dalla femmina. Potrei dunque eliminare il primo termine, direte, essendo esso comune a tutti i soggetti interessati. No, rispondo, perché la piacevolezza dell'enunciazione, in senso sonoro, surclassa ogni necessità scientifica, dato che io fondamentalmente sono un cartone animato. Va da sè, mi disegnano così.

L'uomo - uomo - uomo trasuda testosterone. Lo fa quando corre, quando si siede a gambe larghe perfino nel caso indossi un kilt scozzese (cosa per cui dovrebbero pagarlo profumatamente). Lo fa quando risponde a monosillabi dovesse descrivere la sua vita intera, o quando cammina lanciando in avanti gli stinchi come se le ginocchia fossero programmate per ruotare di 180 gradi. Egli esprime i suoi bisogni mugugnando. Se costretto a fare shopping, si accascia all'entrata dei negozi tenendosi la testa tra le mani, sperando in cuor suo di aprire gli occhi e non trovar più davanti a sè quello scenario catastrofico. Non ha il minimo contatto con le sue emozioni: ha dentro di sé un po'di roba che non sa classificare, quindi semplicemente se ne frega, lasciando ad altri(e) la soluzione del mistero di cosa mai pensi o voglia, a meno che non si tratti di una birra. Se ci prova con una donna sussurra una quantità di cose che sarebbe stato meglio tacere, ritenendoli complimenti, qualche mezza volgarità che gli ha suggerito un amico spiritoso, e confida che lei si accontenti dei feromoni grossi come monadi di Spinoza (o meglio, come io le immagino, mi rendo conto) che le percuotono il capo ripetutamente mentre lui l'abbraccia.
Il suo ambiente ideale è l'attesa notturna di un agguato al passo del coyote, con una bottiglia di rum e un compagno possibilmente altrettanto laconico. Fare un regalo all'uomo-uomo-uomo è assolutamente impossibile. Rinunciate in partenza.

L'uomo-donna-donna è solo biologicamente uomo. Per il resto, si siede accavallando le gambe, parla quanto nessuna donna sarebbe in grado di fare, sia quanto alle parole al minuto che quanto all'argomento, dato che  parla esclusivamente di sé stesso, e lascia all'interlocutore uno spazio così minimo da rendere vano ogni intervento. Adora girare a negozi, nota gli orecchini nuovi di un'amica, ed esprime perfino un parere sull'abbinamento con la borsa. Se vuole provarci con una donna tenta di stordirla a chiacchiere per deprimerne ogni istinto difensivo. Al passo del coyote dovrebbero sparargli per evitare di essere scoperti. Fare un regalo a un uomo-donna-donna è come bere un bicchiere d'acqua, e se ne trae soddisfazione infinita, per l'entusiasmo con cui lo accetta, e ne parla per gli anni a venire.

L'uomo-donna-uomo contiene generosamente in sè tutte le fragilità di un uomo e tutte quelle di una donna. E' contemporaneamente laconico e inconsciamente logorroico, prepara le valigie in diciotto ore di insicurezza, e non gli sembra mai di aver partorito il bagaglio perfetto, terrorizzato che l'unica Polo che non ha con sè sia quella necessaria in quella occasione, senza accorgersi che i vestiti che porta sono tutti uguali come quelli dell'armadio di Paperino. Prova un insieme infinito di emozioni accavallate che semplicemente lo possiedono, lo sovrastano, e non applica la minima energia nel tentare di domarle. Cucina pensando di raggiungere vette inarrivabili, ma ritiene che ognuno abbia diritto ad uno sguattero personale per raschiare i pentoloni incrostati di risotto. Fa le pulizie a casa, ma così nel particolare, togliendo con le unghie lo sporco dalle fughe delle piastrelle, da risultarne nauseato e non toccare più uno straccio per i mesi seguenti. Al passo del coyote si ucciderebbe da solo pulendo il Winchester. Trova le donne superficiali e non abbastanza concentrate sulla natura del problema, senza rendersi conto che il problema è lui. Fargli un regalo non ha senso, tanto non è mai contento di nulla, nemmeno di quello che si regala da solo.

L'uomo-uomo-donna ha in sè il germe di tutto quanto c'è di meglio nell'uomo e nella donna. Sussurra parole che da tutta la vita stiamo aspettando, ti fa sentire il centro di ogni pensiero, mostra di apprezzare ogni difetto, sceglie di accompagnarti al cinema al posto di accompagnare il divano in un pisolo, ride coi tuoi amici e li entusiasma, apprezza qualsiasi cosa tu riesca a produrre con una padella antiaderente. Sa alla perfezione
quando hai bisogno di protezione e quando vuoi dimostrare qualcosa al mondo. Al passo del coyote starebbe con te a insegnarti a sparare ridacchiando e sfiorandoti nel buio. Fargli un regalo è sempre entusiasmante, perché l'adora semplicemente in quanto viene da te.
E più scrivo più mi rendo conto del bug del mio gioco delle categorie: il quarto tipo è l'amore.