martedì 26 giugno 2012

I Vicerè


Mettiamola così: non sarò io a sparare sui Promessi Sposi. Quando, uscita dalle maglie d’acciaio dell’analisi del testo che penetra nelle orecchie come uno stridore che accompagna la lettura di qualsiasi cosa  negli anni della scuola, ho afferrato il romanzo di Manzoni senza pregiudizi, ne ho tratto godimento come per molti dei miei amatissimi romanzi dell’Ottocento europeo a lui contemporanei, anche se, appunto, si trattava sempre di uno contro innumerevoli.
E dove cavolo erano i Vicerè, a scuola? Una riga su un’antologia? Affogati coi lupini nel naufragio dei Malavoglia? Perché nessuno grida al complotto?
O forse è una strategia più sottile: non sottoponiamolo al giogo del Manzoni, che a fatica si libera da farfugliamenti sulla struttura logica della digressione e sulle sequenze narrativo-riflessive, lasciamo che i soli curiosi lo trovino come un fiore appena schiuso tra i tomi delle biblioteche casalinghe, scoprendo un mondo tra la polvere.
Ebbene: nel mio piccolo mi oppongo: leggetelo, gente!

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