
No: eravamo già troppi, in casa. Giorgio è morto. Ma solo dopo averne assicurato l'eternità consegnando una sua costola a un collega che ne sta estraendo pizze su pizze con grande soddisfazione.
Almeno non l'ho abbandonato sull'autostrada.
Trovo più facile scrivere quando non vivo. Ora vivo intensamente, ma scriverne diventa intimo e complesso, dunque mi blocco. La mia trama personale si sta creando dentro di me, ma farla venire fuori richiede uno sforzo talmente grande, quello dell'onestà e dell'ammissione, che il corpo fa in modo di entrare in modalità indolenza. Letterariamente, il girone degli ignavi.
Contemporaneamente, l'urgenza di scrivere è talmente potente che mi aggrappo a piccoli accadimenti futili e divertenti, come se rendessero semplice la complicazione. E mi chiedo se gli scrittori che riescono apparentemente a non parlare mai di sé (il caro Wodehouse ne sembrerebbe l'esempio eccellente) in realtà nascondano sotto lattiere a forma di mucca la loro lettura della vita. Inarrivabili geni.
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