giovedì 20 maggio 2010

Partita di giro

Prendo spunto dal post di Parliamone - pur, lo sottolineo, senza alcun altro riferimento alla sua avventura, di cui non conosco abbastanza da parlarne - per qualche considerazione su una piaga sociale a spettro mondiale, che pare sopravvivere ai secoli e alle crisi economiche con una pervicacia impressionante: il matrimonio.
Ma no, non l'istituto, non la vita matrimoniale: la cerimonia.

Ma no, non gli aspetti religiosi, quelli li lascio a chi ne ha titolo: l'organizzazione della cerimonia.

Sono pochissime le famiglie che lasciano piena libertà ai due maritandi. La mia, addirittura, trovava tutto questo fervere di attività superfluo; se non ci fossimo sposati sarebbe stato assolutamente lo stesso, e se il pranzo fosse consistito in una distribuzione di gavette di sbobba fuori dal Municipio, non avrebbero avuto niente da obiettare; io ho dovuto quasi combattere per ricondurre il mio matrimonio ad una parvenza di ordinarietà, dunque non posso parlare per esperienza personale; parlerò da osservatrice incuriosita da questi fenomeni.
Quello che mi impressiona molto è il concetto di partita di giro a cui spesso queste cerimonie si riducono. Non nel senso, umano, basato sulla considerazione: stai mettendo su famiglia, da parente ti aiuto con quello che ho, e magari tu un giorno aiuterai me o i miei figli nello stesso modo, se potrai.

No, qui si parla di ricavi, spese, e ritorni immediati: mi inviti, mi paghi l'albergo se vegno da lontano, dunque ti farò un regalo adeguato, ma il pranzo deve prevedere almeno dodici portate, altrimenti non ti facevo questo regalo, e poi la bomboniera deve essere il più possibile appariscente, così giustifico anche con chi mi aspetta a casa l'esborso del regalo e il viaggio intrapreso.

Ma la cosa più curiosa, è che tutto questo non si basa sull'avidità, sull'attenzione ai soldi; questo comportamento, che a un extraterrestre apparirebbe un fatto di attenta distribuzione di dividendi tra manager, in realtà ha tutta un'altra lettura.

A nessuno fondamentalmente frega niente di passare la giornata seduto come un deficiente a mangiare dodici portate, in quest'epoca in cui ci si ostina a prevedere pranzi che avevano un senso quando la pancia era vuota il resto dell'anno, e quando nemmeno l'un per cento degli ospiti era in costante lotta con la bilancia.
Nessuno passerà più di due minuti in tutta la sua vita a rimirare la bomboniera costosa che si è procurato, e che si è affrettato a porre in bella mostra nella orrida vetrinetta di famiglia, altra piaga sociale.
Semplicemente, questi comportamenti non riescono a svincolarsi da una lettura distorta della considerazione sociale che una famiglia deve assolutamente assicurarsi, a ogni costo e oltre ogni razionalità, attraverso lo sperpero più ampio possibile, e indipendentemente dalle reali possibilità economiche e dai reali bisogni che la construenda famiglia avrebbe. E con un indotto, che ogni sabato ringrazia, di ristoranti elefantiaci, wedding planner, pasticceri, fioristi, e purtroppo spesso anche ridenti parrocchie poste in punti strategicamente vantaggiosi.

A pensarci, se storicamente la famiglia media perseguiva questa considerazione sociale in tutti i momenti della sua esistenza, attraverso un insieme di comportamenti che venivano, a torto o a ragione, definiti dignitosi, una condotta ritenuta morale dei membri, magari una sobria capacità di cristiana carità (pur senza entrare ora in una valutazione sulla reale consistenza di questi parametri), in questa obnubilata società che ha perso da tempo immemorabile la consapevolezza della sostanza delle cose, ma ora anche qualsiasi residuo di forma che poteva salvaguardare almeno dal ridicolo, questo ossessivo perbenismo nelle cerimonie non risparmia anche le famiglie i cui membri poi non si vergognano di risultare pubblicamente nullatenenti ai fini fiscali, o di esser visti a fare la fila per scippare una pensione di invalidità fingendosi ciechi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

quanta carne al fuoco!
sono d'accordo su tutto.
vivendo nella società dello spettacolo (libro già citato di Guy Debord) questo che è ormai un retaggio, resiste ancora. Io lo abolii ben 34 anni fa. la "società" di oggi comincia a sfuggirmi (per fortuna)ma ho la sensazione che sia fatta di cartapesta. le cerimonie nuziali ne sono l'emblema.
Gino