lunedì 31 maggio 2010

La follia di una donna innamorata, ovvero psicanalisi del lettore


Lo ammetto: ho interrotto per un mese la lenta e gustosa rilettura di Memorie di Adriano, nonostante l’imperatore non lo meritasse; libro sempre sorprendente (con assoluta ripetitività ad ogni pagina , il cervello le membra, le velleità di scrittura si pongono il quesito: ma come cavolo ha fatto, la Yourcenar?). In ogni caso ora l’ho ripreso.
Devo invece recensire il libro reo dell’interruzione, iniziato nel weekend alle terme (non è Memorie di Caracalla) e terminato venerdì scorso, La follia di una donna innamorata di Susan Fromberg.
Seicentosessanta pagine, scritte da una donna, ambientate alla fine dell’800, insomma, tutte caratteristiche che corrispondono alla mia definizione di libro perfetto. La storia di Agnes, che passa 17 anni a imbastire e realizzare la sua follia di donna innamorata (il titolo richiama una sindrome che il direttore del manicomio conia per incasellare il tipo di pazzia della protagonista), e i successivi sessanta a espiarne le conseguenze tra manicomio e vita, è assolutamente originale. Lo straniamento di leggere pensieri comunque novecenteschi in un libro di ambientazione da romanzo classico è per me piacevole, come lo è stato leggendo Il petalo cremisi e il bianco (nel quale ancora più spesso mi dimenticavo della reale età del libro, salvo sobbalzare alla prima descrizione cruda ricordandomi di leggere un contemporaneo); è un gioco nel tempo che ho sempre amato fare, immaginando commistioni tra ora, passato e futuro, vagando come Topolino e il professor Zapotek nella macchina del tempo.
Ma qualcosa non tornava. Ho pensato per molte pagine che non mi convincesse la scrittura, perché sentivo zoppicare un particolare che non riuscivo ad afferrare. Poi, con la descrizione del processo, una volta allentata la tensione dell’innamoramento e della tragedia, mi sono riconciliata anche con lo stile, e ho ripreso a chiedermi cosa mai mi infastidisse (non nel senso di annoiarmi, semplicemente cosa mi impedisse di essere totalmente entusiasta).

E alla fine credo di dover ammettere che, come per la letteratura russa di un precedente post, il problema sia mio, e riguardi l’incapacità di accettare la descrizione di temperamenti così totalmente passionali, irrazionali, folli da rovinare le proprie esistenze e da risultare insopportabili agli altri. Il mio annoso problema ad accettare la frattura tra ragione e sentimento, nella vita e nella letteratura, che sia causata dalla natura, dal gin o da un colpo in testa.
Ovvio, dunque, che ami Dickens.
Ovvio che soffra troppo con Raskolnikov.
Ovvio che devo andare dallo psicanalista per chissà quale trauma infantile.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ho appena inserito un commento nel post Poesia nel cuore. le memorie di Adriano hanni incantato mia moglie. Io ricordo di averlo letto a tratti, tanti anni fa. non è un libro dei soliti presi a prestito. ce l'ho, è tra quelli che potrei rileggere, basta andarlo a cercare negli sacaffali di casa. la parte finale del tuo post meriterebbe ore di riflessione. come ho detto nell'altro post... il tempo è tiranno. Pur nella mia situazione privilegiata, mi sono reso conto che ho accumulato troppe cose sacrificate da una vita e ora che cerco di stabilire le priorità è molto difficile. non ti prometto che ci tornerò su questa tua ennesima sprone alla riflessione... ci terrei però... ma dovrò necessariamente sacrificare tante altre cose... e poi altri imputs esigeranno soddisfazione...
tempi duri per chi non ha provato la libertà....sono sessant'anni che aspettavo e ora ho la sensazione che il tempo stringa.....

Gino

NEF ha detto...

Mi fai venire l'ansia, pensionato!
Sono sempre contenta, quando entri in questo recinto di post e mi lasci qualcosa, ma ti prego, non angosciarti così riguardo al tempo, anche se è vero che stai assaporando una libertà non sentita per così tanti anni (e qui mi angoscio io..)e bisogna imparare a viverci. Divertiti, anche! Te lo devi.