martedì 29 gennaio 2013

Ida y vuelta

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Sono tornata nella città in cui ho vissuto prima di trasferirmi a famiglia avvenuta nei lidi natii. Ci sono tornata da sola, in treno, come quando la mia quotidianità era costellata di quei viaggi tra casa e università.
Ne sentivo un bisogno impellente, in questo periodo in cui, forse perché vicina a cambiare decennio, non faccio che interrogarmi sul tempo che fugge, su quanti attimi ho saputo cogliere veramente,  non faccio che contare quanti anni avevo quando è accaduta ogni cosa, quanti ne avrò quando Babi ne avrà venti. Un bisogno che identificavo semplicemente con il voler rivedere tanti amici lontani, con i quali i rapporti sono mantenuti periodicamente grazie all’invenzione chiave della (mia) umanità: l’e-mail, ma mancavano da tempo di sguardi, abbracci e del suono delle risate.
Ho corso tra un affetto e l’altro, tutto il giorno, escluse le tre leggerissime ore di treno mattutine passate a leggere un libro scorrevole con cui ho tradito la fatica che sto facendo con Thomas Mann, e le tre nutrienti ore del ritorno, con il buio fuori dai finestrini, in cui, per la prima volta da quando mi ricordo di vivere, non ho sentito la necessità assoluta di avere un libro tra le mani; mi serviva pensare, ricordare, riflettere e immaginare, come se avessi fatto improvvisamente pace con me stessa, e avessi finalmente voglia di starmi a sentire. 

E allora ho capito: ho capito che questo mio bisogno impellente di andare laggiù nascondeva qualcosa di più di un semplice saluto, qualcosa di collegato a questo mio continuo pensare al tempo e a ciò che ho fatto o mancato. Volevo, anche inconsciamente, toccare un pezzo importante delle mie radici, di quello che sono, e collegarlo con quello che ero. Avevo bisogno di sapere che avevo fatto qualcosa di importante per la mia vita, in quegli anni che sembrano scivolati in uno stato onirico, insieme alla capacità di districarmi nel traffico, di ricordarmi le vie, tutte quelle cose insomma che sono prova che in una città si è vissuto.
Sono stata accolta con talmente tanto affetto che ho fatto il bagno nella gratitudine e nella nostalgia, ma ho capito che è stato anche mio il merito di aver costruito, o seminato amore: scoperta sempre felice, ma particolarmente in momenti della vita in cui ci si interroga incessantemente sul valore del tempo che non torna più.

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