mercoledì 24 maggio 2023

La canzone di Achille

In questi mesi sento come un bisogno di Achei. Qualche tempo fa ho letto l'Odissea,  proprio durante un viaggio a Ischia, imbattendomi nello scoglio che si dice rappresenti la nave dei Feaci, pietrificata da Poseidone, offeso perché avevano aiutato Ulisse a tornare a casa. Avere il libro in mano e la roccia davanti, per quanto, ne sono consapevole, sia solo uno scoglio, ha il suo impatto emotivo. 

E ora ho letto La canzone di Achille, che ripercorre l'Iliade (utilizzando come fonti anche l'Odissea e poi Virgilio, Ovidio Sofocle, Euripide, Eschilo, tra gli altri) per raccontare, dalla parte di Patroclo, la propria vita e quella del Pelide fino alla morte sotto le mura di Troia. Queste operazioni non sono universalmente condivise: i puristi odiano le commistioni tra capolavori storici e interventi attuali, considerandoli forzature al pari dell'antropomorfizzazione delle bestie nei documentari ammiccanti; una recensione del New York Times al tempo dell'uscita concludeva che questo libro avesse la testa di un romanzo per giovani adulti, il corpo dell'Iliade e i quarti posteriori di un Harmony. Io invece, se ben fatti, questi interventi li apprezzo, anche perché aiutano a sentire come tremendamente umane, e terribilmente personali, vicende che, studiate a scuola in malo modo, risultano addirittura prive di spessore, mentre ne sono colme. E soprattutto invogliano a riprendere l'originale con ben altra consapevolezza.

L’ha scritto Madeline Miller, scrittrice e docente statunitense, impiegandoci molti anni, dopo essere stata folgorata dalla descrizione di Omero del dolore e della rabbia di Achille per la perdita del compagno, che per il resto, nell'ambito dell'opera, rimane un personaggio secondario. Cercando di elaborare una sorta di tessuto connettivo tra le ossa imbastite da Omero, narra l'infanzia, l'adolescenza e la giovinezza dei due protagonisti fino al tragico epilogo. 

Fossero o meno amanti, Omero non lo dice chiaramente. Lo accennano altre fonti (Eschilo, Platone), ma a un certo punto, sticazzi. L'importante è la connessione intima tra i due uomini, la comprensione profonda, i diversi ruoli a cui sono destinati, il protagonismo, il bisogno di immortalità che vanifica l'anelito alla purezza; l'orgoglio cieco e la generosità; il mondo che trascina verso un destino che forse avrebbe potuto essere messo in discussione a favore della felicità, ma appare come ineluttabile. Il dolore, immenso, della perdita, pur attesa come inevitabile. Insomma, la modernità di quegli uomini o la nostra vecchiezza; il fatto che restiamo sempre quelli, immobili nelle nostre meschinità e nei nostri slanci. Lontani tra noi, nel tempo o nello spazio, resta tutto uguale, anche quello che ci fa ridere e piangere. 


 

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