venerdì 27 novembre 2009

Non si trattano così neanche i cavalli


Tutto sembrava normale, l’altra notte.
Babi respirava del suo solito russìo tutt’altro che sommesso, dopo essersi addormentato, come da ultima moda a casa Rincoglini, davanti alla televisione, ascoltandone l’inutile brusio – tra l’altro, unico momento della giornata in cui Babi dimostra di notare quel rumoroso aggeggio chiamato TV, snobbato alla grande per il resto del tempo.

Alle tre e un quarto, un pianto disperato. Che si è calmato con grande fatica, a turni genitoriali, e con l’aiuto di una lampada gommosa che emette luce verde.
Non ricordo niente di più faticoso di morire di sonno davanti alle allegre proposte notturne di un bambino che sfida l’orologio: latte? The? Carte? Xilofono (chiamato da lui Katatonno)?
Siamo rimasti fino alle 6 sul divano, tutta la famiglia riunita, la stanza illuminata a giorno per pretesa del piccolo sultano, Marito vestito da teppista, incappucciato nella felpa, che si appisolava obliquo tra i cuscini; Pantacollant a guardarci distaccata, sempre più incapace di capire perchè tenere in casa una tale fonte di casino; io con gli occhi socchiusi, scomodissima, che osservavo il piccolo delinquente; Babi, artefice della pietosa scenografia, teso a guardare la tv spenta, indaffarato a contrastare la caduta della palpebra con piccole attività manuali, come se temesse il licenziamento se sorpreso a dormire.
Forse è stato assunto da qualcuno come guardiano notturno di qualcosa, a nostra insaputa. Magari ha un conto alle Cayman, in periodo di scudo fiscale.

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