martedì 31 agosto 2010

I libri delle vacanze


Mi è di grande utilità lasciar traccia dei libri che leggo, e voglio ricordare quelli che mi hanno accompagnata in questa pausa vacanziera.
L’Ipnotista di Lars Kepler. Improvvisare una recensione mi sarebbe stato più facile a libro caldo. Questi thriller nordici con cui mi cimento spesso, ultimamente, lasciano prima di tutto dietro di sé un senso di buio che non capisco se derivi da un mio pregiudizio sulla brevità delle giornate in quei Paesi, oppure dal fatto che gli autori imprimano, volontariamente o per istinto, questa atmosfera da sobborgo notturno ad ogni loro parola, servisse pure a descrivere una mattina estiva. Forse mi ci dovrò recare di persona, per convincermi della capacità di luce del popolo svedese. Non so bene cosa mi abbia lasciato: un’inquietudine diffusa, ma, toccando figli e violazioni di domicilio, non ci vuole molto a spaventare una come me. Una sensazione, come per Anne Holt, che non sia proprio il mio ideale di scrittura; troppo facile, accattivante, il modo in cui potrei scrivere io se possedessi una trama. Niente di eccezionale.
La fine è nota, di Geoffrey Holiday Hall, scrittore fantasma che dopo aver destato l’interesse, tra gli altri, di Leonardo Sciascia, che l’aveva acquistato come lettura da treno, è svanito nel nulla. Ecco, quello ha una trama. Non si arriva da soli al finale dopo solo due pagine; ci si incuriosisce, e non si capisce dove voglia andare a parare mentre si perde tra personaggi strani e testimonianze che paiono inutili. Non lo metto nel mio scaffale, ma mi sono divertita.
Il tuo orto per negati, di Charlie Nardozzi. Comprato dopo molte riflessioni tra i libri di orticoltura disponibili nelle librerie, appartiene alla collana “for dummies”, tradotta in “per negati” in Italia, dove, si sa, va bene “disonesti”, “furbi”, anche “stronzi”, ma “stupidi” non vende. Ho imparato molto sull’orto in astratto, dopo aver capito sgomenta di avere un pezzo di terreno grande più del primo appartamento che Marito ed io abbiamo condiviso con Pantacollant e un centinaio di scarafaggi (28 mq allora, 40 ora per le mie melanzane). Ora è l’applicazione della teoria, che mi preoccupa non poco, lo scenario tipico in cui le farfalline bianche non mollano, e gli afidi mangiano il resto, e non sai quanto bagnare, e Babi ruba i pomodori ancora verdi, e le erbacce crescono anche sul cemento. Solo allora potrò recensire questo libro con cognizione di causa, come capro espiatorio per evitare di recensire me stessa.

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