lunedì 13 settembre 2010

Ultime letture


Dunque, breve riassunto della situazione: ho letto Nell’Harem, di Denise Zintgraff, e Emina Cevro Vukovic. Una copertina da libro Harmony, un titolo da filmetto erotico anni ’70 con evocazioni di odalische velate, monumento alla stupidità delle operazioni di marketing, per un libro in realtà estremamente interessante, che racconta di una donna occidentale assunta da una principessa di Riad per leggere la sera fiabe in francese a suo figlio. Credendo di partire per scoprire un mondo, vedere i mercati, esplorare suk, usi e costumi, parlare con la gente per strada, conoscere citta' antiche, resterà a vivere nell’harem per due anni, in uno spazio modernissimo per sole donne, enorme libertà di riflessione opposta a limiti di movimento, continue presenze e grandissima solitudine, privilegi e agi che trascinano all’inerzia totale, all’incapacità di trovare anche solo la forza di andarsene. L’autrice entra in una voragine di comodità, calore, lusso, abitudini completamente diverse, ricchezze che la stregano in modo sempre diverso, dalla curiosità iniziale all’apatia finale che la fa fuggire da un mondo che tuttavia porterà sempre nel cuore.
Utilissimo a capire una cultura, un mondo, ma anche gli scherzi che può farci il nostro stesso pensiero, se lasciato libero di vagare. Memento alle "casalinghe" agiate.

Ho incominciato per un grave errore L’uccello del sole di Wilbur Smith, autore mai amato ma a volte divertente nell’intreccio avventuroso dei romanzi che mi era capitato di leggere in momenti di astinenza, rubandoli da comodini altrui. In questo caso ho dovuto interromperlo, non potendo esprimere all’autore con azioni dimostrative di inaudita violenza il mio sconcerto su questo libro allucinante nella scarsissima considerazione delle donne, nel razzismo, nell’arroganza, che costellano la storia attraverso imbarazzanti commenti quasi infantili, non certo appropriati per un romanziere da milioni di copie, che sembra non poter fare a meno di trasudare amore di sé.
Speravo quasi che l’autore stesso avrebbe interrotto il filo del racconto per dire ridacchiando: ok, volevo vedere se stavate attenti.
Non è accaduto, e con gioia ho esercitato il diritto di saltare le pagine, dalla 245 alla fine.

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