venerdì 17 dicembre 2010

Cinecittà


Siamo sopravvissuti.
Siamo reduci dalla visita dei grandi kapi della Premiata Ditta, quelli che vengono da lontano, anticipati da un vento d’angoscia e seguiti da un mare di sussurri.
La paura della bocciatura è uguale a ogni età, e qualunque sia il livello stipendiale raggiunto.

Ho visto il panico negli occhi di diversi dirigenti, godendone con moderazione. Ho visto cambiare sedie rotte da decenni, all’improvviso, da sotto il sedere del rassegnato utilizzatore, mentre si stava accomodando. Ho visto comprare puttanate eccezionali e rifiutare l’acquisto di aggeggi utili, ma poco appariscenti. Ho visto direttori che pulivano ragnatele e se le mostravano l’un l’altro, orgogliosi come bambini; resti di festini d’ufficio sparire dietro ai cartolari; armadi sazi vibrare e promettere frane di carta alla prossima apertura. Gente che schizzava a bere il caffè di nascosto, in un sacchetto di carta come gli americani, per preservare il decoro; merende consumate negli angoli con sguardo diffidente, prati già tristi rasati a zero e sorrisi dimenticati su visi contratti da altri pensieri.

Insomma, ho visto ritinteggiare un villaggio per un film western, fatto di facciate che danno sul deserto.
E soprattutto ho visto la soddisfazione negli occhi dei grandi kapi, che non hanno avuto interesse o voglia di grattare la vernice con una monetina, preferendo godersi il catering al rinfresco.

Poi sono andata a casa, e ho visto in TV tre nomi: Polidori, Catone, Siliquini.
E il cerchio si chiude.

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