martedì 8 settembre 2009

Contemplando la rugiada del mattino



Devo dire che io mi ritenevo una dal risveglio veloce. Se a qualcuno veniva in mente di telefonarmi nel mezzo della notte, alla cornetta risultavo la segretaria perfetta, al lavoro da ore e con la mano sul telefono. Lucida, competente, puntuale. Ciò non escludeva che, chiusa la comunicazione, vomitassi i resti della cena per lo spavento, ma nella solitudine del mio bagno. Nessuno doveva sapere.
Ora, questi 17 mesi di super allenamento nell’arte dei risvegli improvvisi e dell’immediata soddisfazione di bisogni primari altrui, invece di accrescere la mia professionalità, mi stanno rendendo uno di quegli esseri letargici che rotolano dal letto proferendo parole irripetibili, balbettano appena per qualche ora, sollevano completamente le palpebre solo a metà pomeriggio, e non riescono a rispondere nemmeno a quiz di semplici serie numeriche.
Si balza dal letto alle 6.10, qualche volta con il gentile aiuto della sveglia, che si sintonizza da sola su balli lisci stile balera perché li ritiene il massimo dello spasso; più spesso grazie ad urla sovraumane del Castoro di là, il cui umore varia tra aahaharghghueeeue e il più simpatico: mamma? Papà? Nonno? Pappa? Latte? Nonna? Pitta? Cacca? Calla? – insomma, una sorta di ripasso linguistico in vista della dura giornata di lavoro.
Se il risveglio è aiutato dalla sveglia, marito e moglie, muniti di 2 provvidenziali bagni in affitto, godono del lusso di scaraventarsi nelle rispettive docce, sempre a turno, perché il Castoro potrebbe stare in silenzio per organizzare l’esilarante scherzetto di chiamare a gran voce due genitori bagnati e carenti di latte caldo. Se invece il ragazzo anticipa la sveglia, niente da fare. Sarà per domani anche lavarsi seriamente.

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