venerdì 4 settembre 2009

Routine


“Venga da me, devo parlarle”, dice il Kapo al telefono. Poi mette giù, come fanno nelle soap opera, senza salutare e senza dirmi caritatevolmente su che cavolo di pratica intenda disquisire.
Do’h.
Questo suono rappresenta l’apoteosi del terrore, la scalata dell’angoscia, la concretizzazione dell’incubo. La sensazione nelle viscere ricorda quella che si prova all’università, dopo aver sentito chiamare il proprio nome, mentre si scosta la sedia dalla scrivania e ci si siede su un mucchietto di spine, e si attende la prima domanda, dalla quale pare che dipenda l’intera propria esistenza. Poi, è la solita scena. Chiede il perché di questo e di quello con fare minaccioso, non attende risposta, urla, finalmente capisce le spiegazioni sempre più balbettate, però non intende recedere dalla sua posizione, cerca, frugando con gli occhi tra i bruttissimi quadri appesi alle pareti, qualche cavillo che giustifichi l’esplosione, e trova il modo di far riscrivere il documento, decreto, lettera, di cui si parlava, incurante delle decine di alberi sacrificati ai suoi sfoghi. Immagino la scena, nella foresta amazzonica: ”il Kapo ha parlato, vai di sega”.
Dovrei sapere che va sempre così, tanto più quando il Kapo è stato ripreso dai kapi suoi, e deve sfogarsi con il rodato sistema “debole coi forti e forte coi deboli”. Eppure spreco numerosi neuroni e diffuse connessioni neurologiche per disperarmi prima, e sentirmi umiliata dopo. I colleghi hanno trovato un proprio modo di vivere tutto questo: chi minacciando di ricorrere ad avvocati, e viene di conseguenza lasciato in pace, chi spostando il cervello dall’abituale posizione tra le orecchie (per metterlo dove, non è dato sapere), per permettere alle urla di entrare di qua ed uscire di là senza ostacoli, chi passando la gran parte del suo tempo a blandire il kapo, ridacchiare col kapo, soffrire con la testa del kapo sulla spalla. Devo scoprire quale modalità mi assomigli di più.
Forse skappare.

2 commenti:

Unknown ha detto...

Il kapo va preso per il naso... dopo un po' non respira, e per farlo smette di parlare. Salvo che poi gli restano le mani libere!
Provare a diventare kapo? Forse non è proprio necessario prostituirsi, ma serve molta pazienza, e comunque un ottimo stomaco, capace di digerire i sassi, e la necessità di vendere un po' se stessi... ah, no! Questo è prostituirsi! Uff!
Forse la soluzione è proprio lamentarsi su un blog e riderne! :-)
Ricorda comunque che un kapo ha i suoi kapi... ;-)

Anonimo ha detto...

Infatti i kapi del kapo sono la nemesi, ma solo in teoria, perchè non ci sono giorni con più mazzate di quelli in cui il kapo le ha sentite dai kapi. Forse per questo Riina era il kapo dei kapi...
NEF