
Non so esattamente quando, ma ho finito Tom Jones di Fielding. Il ‘700 ha una magnifica abitudine di umanità, di non condannare le cattive azioni di poca importanza. Tom è pieno di difetti, assolutamente realistici e piuttosto fastidiosi, ha una straordinaria capacità di mettersi nei guai, ma le sue sono azioni che danneggiano lui e lui solo, benché fortemente condannate dalla gran parte degli ottusi personaggi che lo circondano. Fielding, invece, ne descrive le debolezze, dando però loro un peso molto inferiore a quello delle azioni realmente cattive che vengono compiute nel romanzo, quelle che fanno veramente male agli altri, quelle spinte da avidità, crudeltà, bassezza d’animo.
Ancora oggi sembra universalmente più grave avere una promiscua vita sessuale che far soldi e mantenerli con disonestà. Un po’come arrestare Al Capone per debiti.
Così, è un po’ più chiaro cosa si intenda citando frasi fatte per cui il romanzo descrive l’universale, è senza tempo.
Infine, è sempre chiaro Pennac:
"L’uomo costruisce case perché è vivo ma scrive libri perché si sa mortale…la lettura è per lui una compagnia che non prende il posto di nessun altro, ma che nessun altro potrebbe sostituire. Non gli offre alcuna spiegazione definitiva sul suo destino ma intreccia una fitta rete di connivenze tra la vita e lui. Piccolissime, segrete connivenze che dicono la paradossale felicità di vivere, nel momento stesso in cui illuminano la tragica assurdità della vita. Cosicché le nostre ragioni di leggere sono strane quanto le nostre ragioni di vivere…”
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