lunedì 31 gennaio 2011

Il tempo mio e il tempo loro


Ieri sera Javier Marias, da Fazio, ha parlato del suo rapporto col tempo, concetto in genere banalmente trattato, ma che solletica la riflessione su se stessi.
Ha detto che la maggior parte della gente vive il tempo con un senso di panico, cercando di non guardarlo scorrere per non pensare alla sua continua fuga, come se non sentendolo non passasse. Lo scrittore, invece, proprio per ridurre questo panico molto umano, ha bisogno di sentirlo scorrere, il tempo, di guardarlo, anche di perderlo, di viverlo con lentezza; in caso contrario lo sentirebbe fuggire ancora più velocemente.

E ho pensato: ha ragione, dovremmo stare di più a guardarlo, il tempo.

E poi ho pensato che lui probabilmente il suo tempo lo osserva dalla sua scrivania, con la sua penna preferita in mano e una discreta visuale alla finestra, dandosi il tempo di limare una frase fino alla perfezione. Io per troppe ore dovrei guardare il tempo di queste carte che non hanno fine, di decine di fax, di centinaia di mail tra sconosciuti che cercano di risolvere qualcosa di irrilevante.
Eh, no, almeno le mie ore in questo ufficio, continuerò a lasciarle scivolare nel modo meno doloroso possibile, quello del non pensiero. Peccato che contribuiscano anche loro ad invecchiare.

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