sabato 17 dicembre 2011

Ultima sfilza

Ecco i libri della fine dell’estate: Maj Sjöwall e Per Wahlöö, Roseanna, uno dei gialli ripescati dagli anni ’70 e ripubblicati recentemente da Sellerio su consiglio di Camilleri, famosi per aver voluto portare sulle pagine “uno scalpello per sventrare il sedicente “welfare state” di tipo borghese, ideologico, pauperistico e moralmente discutibile”, per dirla con lo stesso Wahlöö. Ottimi intenti, che dire, ma pochi mesi dopo mi ricordo troppo poco per ritenere che mi abbia scalfita. Forse è dura deprecare la Svezia degli anni ‘60 dall’Italia di oggi.

Serena Dandini, Dai diamanti non nasce niente. Nient’altro che piacevole a tratti, e nemmeno troppo utile alle mie velleità di giardiniera. Troppo fuori dal suo mestiere, e come è giusto deprecare le vallette che si credono attrici, è giusto fare con seri professionisti della TV che si dichiarano scrittori all’improvviso.

Odore di chiuso di Marco Malvaldi. Mi ha fatto pensare che non esiste più il libro giallo; tutti, dagli osannati nordici al nostro Camilleri, hanno virato verso il genere noir. E Malvaldi decide di dedicarsi a un giallo di quelli di una volta, con un morto in un ambiente ristretto, personaggi fortemente caratterizzati, l’ospite che collabora a risolvere il mistero (che è poi l’Artusi, con tanto di ricetta finale che mi toccherà provare)…che piacere!

James Crumley, L’ultimo vero bacio – noir immerso nella Provincia Americana, di un autore che da molti è definito, con assoluto spirito iperbolico, erede di Chandler e degli altri scrittori hard boiled d’annata. La Provincia Americana (che chiamerò PA, visto che i sentimenti sono simili a quelli che mi suscita la Pubblica Amministrazione) mi suscita spesso malessere, non so se si tratti di qualche ombra d’infanzia che imprigioni la memoria inconscia riportandola a qualche antico dolore, o se semplicemente non sia in grado di sopportare i cani alcolizzati, ma, indipendentemente dal valore dello scrittore - benché debba essere sufficientemente arguto da aver compreso e riportato su carta l’odore della PA - ho continuamente in bocca il gusto dell’altrui doposbronza, senza essermi goduta il festino che l’ha preceduta.

Marco Malvaldi, Il gioco delle tre carte. Niente da fare: Malvaldi mi piace. Mi era piaciuto il giallo vecchio stile, mi piace questo giallo ambientato in una provincia in cui alcuni tenaci vecchi riescono a fuggire alla globalizzazione della quotidianità, imprimendo alle giornate una lentezza umana – di cui avrei così bisogno.

Helene Hanff – 84, Charing cross road. Sono entrata nel club dei fans più calorosi di questo mini epistolario, una di quelle piccole meraviglie basate su un intreccio nullo ma su tutte le corde di un’anima di quelle che piacciono proprio a me. Ebbene: ne ho guardato il film qualche tempo fa, e l’ho trovato straordinario, commovente e appassionante, desiderando immensamente di possedere il libro. E ora il libercolo, delle dimensioni giuste per non farmi apparire come una che traina un secchio di pietre fuori dall’orto, mi farà compagnia in borsetta, sperando sempre che anche l’ispirazione avanzi per osmosi.

Musicofilia di Oliver Sachs, sempre interessante, un po’ troppo prolisso e ripetitivo rispetto al solito Sachs.

I peccati di Peyton Place di Grace Metalious, oscura casalinga americana, trovato a 3 euro in una bancarella di piazza della Repubblica. Primo grande bestseller internazionale, da oltre 20 milioni di copie solo negli Stati Uniti, fonte di scandali e sensazione negli anni ’50, ha ispirato film, serie, e quegli strani fenomeni che sono i film TV.
Conserva un suo fascino, direi, ha un suo intreccio più che decente, e parla di sesso come nessuno all’epoca, sottolineando le ipocrisie, i provincialismi, le meschinità che sono le vere depravazioni, poiché costringono persone all’infelicità sulla base di niente.

Una ragazza per la notte di Corrado Augias: ritorno al giallo “politico”, più tipico del nostro tempo e del nostro Paese. Scrive bene, non annoia, e angoscia quanto basta descrivendo nel 1994 quello che i Telegiornali avrebbero trovato nell’Olgettina diciassette anni dopo. Grande visionario, o è il Paese che non fa che ripetersi?

Storia della mia gente di Edoardo Nesi. Trovo altrove solo recensioni magnifiche, forse io ne ho letto, per restare in tema, la versione cinese da bancarella. A me ha dato questa sensazione: fossi un’insegnante, e dovessi correggere un tema di tal fatta, ne sarei molto soddisfatta, perché oltre a descrivere con lucidità il declino dell’industria tessile pratese, gli errori e la cecità degli industriali, dei politici, del Paese nel suo complesso, lascia intravedere l’amore per la letteratura, per il buon cinema, e sintatticamente risulta semplice e corretto. Il ragazzo si farà. E nel frattempo vince il Premio Strega.

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